A Palazzo Montecitorio, il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha illustrato il “Rapporto annuale 2022. La situazione del Paese”.
Dopo una crescita record nel 2021 (+6,6%), a inizio anno il Pil dell’Italia è tornato sui livelli di fine 2019, anche se con progressi non uniformi tra i settori. Dalla seconda metà dello scorso anno lo scenario internazionale si è gradualmente deteriorato per effetto di strozzature dal lato dell’offerta e di consistenti spinte inflazionistiche, esacerbate dall’invasione russa dell’Ucraina. Quest’ultima ha anche peggiorato le attese, così come il cambio di intonazione della politica monetaria. Coerentemente, le prospettive di crescita mondiali per il 2022 e il 2023 sono peggiorate e quelle per l’Italia, pur restando positive, sono in decelerazione.
“Ad aprile 2020, in pieno lockdown, più del 50 per cento delle persone dichiarava di avere dedicato più tempo agli hobbies rispetto a un giorno analogo del periodo pre-COVID, impegnandosi ad esempio in attività culinarie (53 per cento), nel giardinaggio (32,7 per cento), praticando attività artistiche come il canto (24,6 per cento), oppure giocando a carte (27,9 per cento). Nelle fasi successive della pandemia, si dimezza la quota di chi ha dedicato più tempo agli hobbies, segno di un graduale ritorno ai tempi di vita pre-pandemici”, si legge nel Rapporto.
“Focalizzando l’attenzione sugli utenti regolari di Internet, nei due anni di pandemia si è registrato un aumento nell’uso della rete per varie finalità: scaricare e/o leggere libri, quotidiani, riviste, giocare in rete o scaricare giochi. La crescita si è osservata anche nella fascia degli adulti di 25-64 anni (dal 24 al 31,5 per cento)”, ha aggiunto.
“La progressiva diffusione di forme non standard di occupazione ha richiamato l’attenzione sull’importanza dell’individuazione delle componenti che determinano i proli retributivi18. La retribuzione annuale di un individuo è infatti il risultato della combinazione di retribuzione oraria, intensità di lavoro e durata del contratto. Tutte e tre queste componenti agiscono nel determinare le disuguaglianze retributive, sia per effetto della loro variabilità interna, sia per il diverso modo di combinarsi a seconda della natura della posizione lavorativa. Disuguaglianze retributive, come evidenziato nei successivi paragrafi, caratterizzano specifici sottogruppi di popolazione (in prevalenza donne, giovani, residenti nel Mezzogiorno, stranieri, con bassi titoli di studio) e particolari settori produttivi (servizi di alloggio e ristorazione, quelli di supporto alle imprese e quelli di intrattenimento); una retribuzione oraria contenuta può associarsi a contratti di lavoro di breve durata e intensità sfociando in livelli retributivi annuali decisamente ridotti”, continua.
“I lavoratori a bassa retribuzione oraria sono più spesso giovani, donne, stranieri (in particolare extra-UE), con basso titolo di studio e residenti nel Sud. Se in molti casi si tratta di giovani ancora nella famiglia di origine, non è infrequente il fatto che siano genitori soli o in coppia. Sono più spesso occupati nel settore degli altri servizi (come ad esempio, organizzazioni associative, attività di servizi per la persona, riparazione di beni per uso personale e per la casa), in quelli di supporto alle imprese e di intrattenimento, alloggio e ristorazione, istruzione privata”, aggiunge.
“L’associazione tra occupazioni standard e livello della retribuzione oraria notata in precedenza comporta inevitabilmente che le imprese che assicurano le condizioni retributive migliori siano anche quelle dove prevalgono nettamente le posizioni lavorative a tempo pieno e indeterminato: si tratta di un numero, nel complesso, esiguo di imprese sebbene di dimensioni elevate tanto da rappresentare circa un sesto delle posizioni, dove prevale la parte pregiata delle attività dei servizi e dell’industria in senso stretto e dove le retribuzioni orarie superano in media i 15 euro. Man mano che ci si allontana da questi livelli retributivi, la bassa retribuzione oraria si associa al ricorso a rapporti di lavoro a tempo parziale e determinato. Le soluzioni contrattuali che le imprese private offrono ai loro dipendenti sono piuttosto differenziate per settore (Tavola 4.5). L’occupazione standard e la retribuzione media annuale più elevata (superiore a 20 mila euro) si rileva nell’industria in senso stretto, nei servizi di informazione e comunicazione e nei servizi professionali: i comparti manifatturieri più critici sono quello alimentare e il tessile-abbigliamento, che sono anche quelli dove sono diffuse le posizioni a tempo parziale. Nei servizi di alloggio e ristorazione, in quelli di supporto alle imprese e in quelli di intrattenimento, che occupano insieme oltre un quarto degli individui con rapporti di lavoro dipendente, la retribuzione annuale non supera i 10 mila euro. A determinare l’esiguità delle retribuzioni annuali è la bassa intensità lavorativa e la breve durata dei rapporti di lavoro, piuttosto che la bassa retribuzione oraria: i lavoratori coinvolti hanno contratti che, in media, superano appena le sei mensilità e il numero medio di ore mensilmente lavorabili è circa due terzi quello dei settori dove prevale il tempo pieno e indeterminato. Oltre la metà delle posizioni è a bassa retribuzione annuale, con punte del 70 per cento nei comparti dell’alloggio e della ristorazione, mentre nei servizi di supporto alle imprese e nell’intrattenimento più di un individuo su cinque è a bassa retribuzione oraria”, aggiunge.
“Nelle imprese a medio-bassa retribuzione con posizioni a tempo determinato (gruppo D.1, 8,1 per cento delle imprese e 12,5 per cento delle posizioni), si trovano soprattutto posizioni a tempo pieno (oltre il 60 per cento) ma anche part-time (un ulteriore 10 per cento). A distinguere queste imprese è la scarsa durata dell’occupazione (5 mesi in media), un salario orario di poco superiore ai 10 euro e un’intensità mensile pari a circa i due terzi quella delle imprese più “virtuose”. Oltre il 65 per cento degli individui risulta sotto soglia annuale e più di uno su cinque sotto la soglia della retribuzione oraria.
Molto concentrate in questo cluster sono le imprese attive nei servizi di alloggio, nei trasporti marittimi, nella filiera dell’intrattenimento e delle attività artistiche, e nelle agenzie interinali. Le imprese piccole a bassa retribuzione con posizioni part-time a tempo determinato (gruppo D.2, 7,3 per cento delle imprese e 3,8 per cento delle posizioni) sono caratterizzate dalla prevalenza di posizioni a termine e a tempo parziale (quasi il 70 per cento) e le posizioni lavorative standard non arrivano al 6 per cento del totale. Si tratta di imprese molto piccole, che uniscono una bassa intensità mensile dell’occupazione a un’altrettanta bassa retribuzione oraria (in media 9,3 euro) e annuale (di poco inferiore a 3 mila e 700 euro).
La durata media dei contratti anche in questo caso non va oltre i cinque mesi. Nove dipendenti su dieci di queste imprese sono sotto la soglia della retribuzione annuale e quasi uno su quattro sotto la soglia della retribuzione oraria. È un cluster dove si concentrano le imprese attive nei servizi di alloggio e ristorazione, dell’intrattenimento, nell’assistenza sociale non residenziale, nei servizi di pulizia”, conclude.
AGIMEG