La medicina di genere si sta affermando come importate tema di sanità e ricerca partendo dal principio che l’attenzione alla salute delle donne sia pari a quella rivolta agli uomini.
L’osservazione che non si tenessero in sufficiente considerazione le differenze biologiche legate al sesso e quelle socio economiche e culturali legate al genere ha nel tempo spinto l’attenzione su linee di ricerca e di trattamento più mirate. Tutto ciò ha portato ad introdurre nella legge 3/2018 un articolo ad hoc per un piano per l’applicazione e la diffusione della medicina digenere.
In questo panorama il Ministero della salute, l’Istituto Superiore di Sanità e un tavolo tecnico dei referenti degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) hanno cominciato a lavorare per apportare concreti e significativi cambiamenti.
L’emergenza COVID ha chiaramente interessato il gruppo di lavoro emergendo via via dati di prevalenza, severità e mortalità legati al genere. A fine luglio il gruppo ha prodotto un documento aggiornato alle conoscenze scientifiche di buona qualità fino a quel momento disponibili. Nel documento sono ripresi anche aspetti specifici a soggetti con malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche, immunologiche, neurologiche e oncologiche.
Come riportato nelle conclusioni esistono tanti elementi di interesse per prospettive di ricerca e per orientare al meglio le terapie:
“Globalmente, le donne, rispetto agli uomini, presentano meno complicanze e hanno una minore mortalità, come testimoniato dal dato della mortalità degli uomini con meno di 65 anni che è doppia rispetto alle donne della medesima fascia di età, anche in assenza di complicanze. Tali differenze possono essere spiegate dal fatto che, dal punto di vista biologico, il virus entra all’interno della cellula mediante il legame della proteina Spike con la proteina ACE2 e il successivo utilizzo di una proteasi della cellula ospite,TMPRSS2. I livelli di entrambe le proteine, ACE2 e TMPRSS2, sono più elevati nel sesso maschile, dal momento che la loro espressione è modificata dagli ormoni sessuali. Inoltre, il sesso è un determinante della risposta immunitaria in generale: gli individui di sesso maschile mostrano maggiore prevalenza e gravità di infezioni batteriche, virali e parassitarie rispetto al genere femminile.”
Nell’ambito del documento è interessante inoltre segnalare anche l’attenzione posta sulla categoria degli operatori sanitari colpiti da COVID, in particolare tra questi il 69% è di sesso femminile (dati a maggio 2020); tra le donne le operatrici sanitarie sono risultate chiaramente la classe lavorativa più colpita.
E’ chiaro che questo documento è un “lavoro in corso” che mano mano si consoliderà sulla base delle evidenze disponibili dalla letteratura scientifica, con la disponibilità di dati disaggregati per sesso [all’inizio della pandemia non tutti questi dati erano resi disponibili ], nonché dalle analisi genere specifiche programmate negli studi clinici su nuovifarmaci e vaccini.
Il contributo del Mario Negri
L’Istituto Mario Negri ha avviato diverse ricerche, alcune di queste saranno oggetto di analisi di genere:
- Dipartimento di Salute Pubblica: una indagine di popolazione via web cui hanno partecipato 30.000 persone sull’impatto psicologico-emotivo del lockdown;
- Dipartimento di Medicina Cardiovascolare: uno studio retrospettivo nella medicina generale sull’associazione tra alcune classi di farmaci assunti cronicamente (ACE-Inibitori/Sartani, antiinfiammatori non steroidei, cortisonici e anticoagulanti orali) e la severità (ricovero e decesso) della malattia COVID-19 nei pazienti con sintomatologia altamente suggestiva di infezione da SARS-CoV-2.
- Dipartimento di Biochimica e Neuroscienze: per valutare specificità e predittività di PPIA (cyclophilin A una proteina necessariaper la replicazione di svariati virus, inclusi i Coronavirus, espressa in maniera più marcata nei maschi rispetto alle femmine) come biomarcatore per COVID-19 e la sua relazione con il genere si misurerà:
- l’associazione dei livelli plasmatici di PPIA con la presenza/assenza di COVID-19, in uomini e donne
- la correlazione tra i livelli plasmatici di PPIA di soggetti COVID-19 e la gravità del quadro clinico.
- Dipartimento di Ambiente e salute: uno studio collaborativo con Doxa su un campione rappresentativo di Italiani (6.000 adulti: 3.041 donne e 2.962) per investigare i cambiamenti in varie di abitudini, stili di vita, dipendenze e fattori psicologici in seguito al lockdown.