James Carroll: necessario abolire il sacerdozio cattolico come lo conosciamo oggi

Di fronte ai molti scandali sessuali che hanno come protagonisti i preti cattolici, James Carroll,  noto giornalista americano, saggista, vaticanista – e soprattutto per 5 anni sacerdote, adesso  sposato, in un articolo di Atlantic, ben conosciuta rivista statunitense in cui cerca di analizzare i motivi di cosi gravi situazioni che si trova a vivere la Chiesa, giunge a una conclusione drastica, indubbiamente provocatoria…

 

di ANDREA FILLORAMO

Di fronte ai molti scandali sessuali che hanno come protagonisti i preti cattolici, James Carroll,  noto giornalista americano, saggista, vaticanista – e soprattutto per 5 anni sacerdote, adesso  sposato, in un articolo di Atlantic, ben conosciuta rivista statunitense in cui cerca di analizzare i motivi di cosi gravi situazioni che si trova a vivere la Chiesa, giunge a una conclusione drastica, indubbiamente provocatoria.

Egli, perciò, scrive: “Sarebbe necessario abolire il sacerdozio cattolico come lo conosciamo oggi, cioè una condizione riservata ai maschi che devono teoricamente astenersi dai rapporti familiari e sessuali “.

La tesi di fondo di Carroll è che sia  il clericalismo a mettere in discussione ruoli e strutture della Chiesa, che erano nate secoli fa, in un mondo completamente diverso. Del clericalismo che sia all’origine di tutti i mali nella Chiesa lo dice anche Papa Francesco quando sostiene che esso: “In generale è una perversione della vita della Chiesa e per questo bisogna porre molta attenzione a tale aspetto nella vita consacrata e nella formazione dei seminaristi nelle diocesi (…..) Essa è una perversione in quanto perverte quella che è la natura della Chiesa, del santo popolo fedele di Dio”. Carroll, per dare forza e veridicità al suo ragionamento, racconta di sé e del periodo in cui esercitava il ministero cioè degli anni 70, in cui  la Chiesa coraggiosamente faceva il più grande tentativo di modernizzazione.

Si riferiva al  Concilio Vaticano II e scrive :“A quei tempi ero un adolescente e vivevo coi miei genitori in una base militare in Germania, ma prestai molta attenzione al discorso portato avanti da Papa Giovanni XXIII a Roma. Una volta fermò la sua automobile mentre passava davanti alla sinagoga principale della città per salutare i fedeli ebrei che stavano bighellonando dopo la funzione. In precedenza aveva ordinato che da una popolare preghiera fosse rimosso l’aggettivo “perfido” riferito agli ebrei. In un campo dopo l’altro, il Concilio si occupò di problemi di fondo che riguardavano l’etica, l’onestà e la giustizia sociale, avviando un profondo esame di coscienza della Chiesa come istituzione. Mi sentivo parte della generazione del Concilio.

A tempo debito sarei diventato un sacerdote, fra l’altro di un ordine religioso che assorbì la visione di Papa Giovanni (quello dei paolisti ) e così io stesso diventai un sostenitore di quella visione. (……..) Come ricordano molti studiosi della Chiesa, al Concilio Vaticano II fece seguito una reazione da parte degli ambienti conservatori, forse spaventati dalla portata del cambiamento.

Diverse riforme auspicate dal Concilio non vennero attuate e di lì a pochi anni, nel 1978, fu eletto Papa uno dei leader della fazione dei conservatori, cioè Giovanni Paolo II. Il sacerdozio e più in generale il funzionamento del clero non furono interessati da alcuna riforma”.  Il giornalista continua  ancora scrivendo: “ I miei cinque anni da sacerdote, che pure passai nell’ala più liberale della Chiesa, mi fecero assaggiare il fetido gusto della casta. Il clericalismo, con il suo culto della segretezza, la misoginia teorizzata dalla dottrina, la repressione sessuale che pratica e il suo potere gerarchico giustificato dalle minacce di finire all’inferno, sono alla base delle storture della Chiesa cattolica. L’ossessione dei membri del clero per il proprio status cancella anche i meriti dei sacerdoti “buoni”, e distorce il messaggio di amore disinteressato verso il prossimo che la Chiesa aveva avuto il compito di diffondere”.

Carroll sostiene il fatto che nei Vangeli non sia prescritto né il celibato né l’obbedienza cieca alla gerarchia, Molte delle cariche e dei ruoli che oggi diamo per scontati sono stati costruiti soltanto più tardi, secoli dopo la nascita delle prime comunità cristiane, che invece erano sostanzialmente egalitarie. Il celibato divenne la norma soltanto nel Medioevo dopo che fu assorbito il pensiero di  Agostino d’Ippona. Il giornalista scrive  infine: “La repressione del desiderio ha trasformato il normale impulso erotico [di un sacerdote] in un inferno sociale e psicologico”.

E’ cosa ormai risaputa: molti preti sono vittime di una carenza profonda nella vita emotiva; da qui, nasce una serie di nevrosi che incidono sulla capacità di annunciare con gioia e con amore il Vangelo di Cristo, e di vivere con efficacia il loro ministero. Non si può dire che tutti i preti con problemi psicologici non siano sufficientemente affermati e riusciti nella loro missione religiosa, ma la loro scarsa salute emotiva e la presenza di nevrosi repressive possono comunque portare questi preti ad un elevato grado di insoddisfazione.

L’incapacità di vivere la vita emotiva può essere legata all’educazione ricevuta, in cui questi preti non si permettono di esprimere le emozioni e ne reprimono la manifestazione, con il risultato di non essere progressivamente più in grado di avvertirle. Per questo  sviluppano nel tempo segni clinici di nevrosi repressive che coinvolgono il corpo, la mente e la vita spirituale.

Il giornalista continua scrivendo: “A un certo punto il tratto esclusivamente maschile della Chiesa e la sua misoginia diventarono inseparabili dalla sua struttura. Carroll torna, quindi, a riflettere sul clericalismo e afferma che “ la colonna portante del clericalismo è semplice: le donne sono subalterne agli uomini. I fedeli comuni sono subalterni ai sacerdoti, che sono “ontologicamente” superiori perché appartengono alla Chiesa. Dato che il celibato rimuove eventuali legami familiari o altre obbligazioni, i sacerdoti sono stati incastrati in una gerarchia che replica il sistema feudale in uso nel Medioevo”.

Una struttura così verticale ed elitaria finisce inevitabilmente per tendere all’autoconservazione del proprio status e del potere acquisito: motivo per cui diventa impermeabile agli stimoli esterni: «Dovremmo sorprenderci del fatto che uomini abituati a considerarsi tanto potenti – quasi come alter Christus, un altro Gesù Cristo – possano smarrirsi nell’egocentrismo? O che abbiano difficoltà a distanziarsi da un sistema feudale che garantisce loro una comunità e le eventuali promozioni, per non parlare poi di uno status a cui i fedeli laici non potranno mai accedere? Oppure, ancora, che la Chiesa preveda la scomunica per ogni donna che celebri una Messa, e nessuna punizione del genere per un sacerdote pedofilo? Il clericalismo si autoalimenta e si sostiene da solo: fiorisce nella segretezza, e pensa solo a se stesso”.

La prassi dell’autoconservazione diventa evidente, per esempio, quando la Chiesa deve occuparsi delle conseguenze della repressione sessuale che impone ai membri del clero. Il futuro arriverà senza farsi notare, passo dopo passo, come fa sempre […] Ma arriverà. Fra un secolo la Chiesa cattolica esisterà ancora, contateci. Se in passato fu appropriato, per la Chiesa, adottare strutture politiche del tempo – la Roma imperiale, l’Europa feudale – perché non dovrebbe assorbire i valori e la forma della democrazia liberale?”