Ho ancora presente il ricordo del Convegno e Mostra fotografica dal titolo “Per non dimenticare il Gulag”, che ho organizzato nella Sala Consiliare del Comune di S. Teresa, nel lontano 8 novembre 2004, per ricordare le vittime del comunismo e la caduta del Muro. Tra l’altro era la mia ultima manifestazione politica nel messinese jonico, prima del mio ritorno al Nord.
Soltanto un anno dopo nel 2005 è stata istituita la Legge n.61 del 15 aprile 2005 del “Giorno della Libertà”, per ricordare l’abbattimento del Muro. Anche quest’anno dovrebbe essere ricordato, leggo in internet che il ministro Valditara per la ricorrenza ha inviato una nota ai dirigenti scolastici, invitandoli a promuovere iniziative per l’occasione, così come prevede la legge n. 61/2005. Le iniziative avvieranno, scrive il ministro: “riflessioni sulla caduta del Muro dal punto di vista storico e storiografico, letterario, artistico e filosofico, diffondano tra gli studenti e le studentesse l’importanza del ruolo della memoria di quell’evento che portò il 9 novembre 1989 a diventare simbolo in Europa dei valori di democrazia, libertà e incontro di culture diverse, anche nell’ottica di una lettura consapevole del presente e degli avvenimenti mondiali che lo caratterizzano”. Sempre da internet ricavo che il parlamentare europeo di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza ha organizzato un Convegno a Milano per ricordare il 9 novembre 1989. E gli altri? Intanto apprendo da Fb che l’amico Marco Respinti ha svolto una relazione a Pisa, “Gulag: storia e immagini dei lager di Stalin”.
Spulciando nella rete, non ho trovato un granché, riprendo un interessante fondo dall’agenzia di stampa nazionale, Dire (“Muro di Berlino: a 35 anni dalla caduta, le curiosità sull’evento che cambiò il mondo”, 9.11.24)
Il 9 novembre del 1989 la storia del mondo voltò drasticamente pagina con la caduta del Muro di Berlino. Trentacinque anni dopo, l’evento ha ancora un peso a livello globale, non solo per la sua importanza storica, ma per l’interpretazione, la memoria e i miti a cui è legato. Molti ricordano centinaia di berlinesi ballare e festeggiare in cima del muro a Porta di Brandeburgo quella sera, ma quello che è realmente accaduto, e ciò che realmente significava, sono fatti meno chiari. Scopriamo qualche curiosità su questo evento della Guerra Fredda, che divise in due la città di Berlino per 28 anni, dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989. Il giornale online ricorda che “quello che noi oggi identifichiamo come muro di Berlino, in realtà, era composto da due mura, separate da uno spazio variabile la cui estensione massima era di 150 metri. Quest’area era conosciuta come “striscia della morte”: al suo interno cani, torri di guardia, proiettori, fossato anticarro e guardie armate con ordine di sparare per uccidere. Questo sistema di fortificazioni di 155 km circondava Berlino Ovest, separandola dalla comunista Berlino Est e dalla campagna circostante della Germania Est. Un’altra barriera, con più di 1 milione di mine, fossati e filo spinato, fu eretta per 1370 km lungo il confine tra Germania Est e Ovest. Tutto questo fu fatto per non fare uscire i tedeschi della Germania Est, non per tenere fuori gli altri.
In realtà il Muro non è caduto il 9 novembre. E’ una data simbolica. Quella notte, come nelle settimane successive, le autorità della Germania Est rimossero pezzi del muro per creare più punti di passaggio tra Est e Ovest, e innumerevoli persone armate di martelli e scalpelli presero a picconate il muro. Ma la maggior parte ancora era in piedi. La demolizione ufficiale del muro iniziò un anno dopo, nell’estate del 1990. Ci sono voluti quasi due anni per rimuovere tutte le fortificazioni di confine intorno a Berlino e quattro anni per smantellarle lungo l’ex confine tra Est e Ovest tedesco. Il servizio di Dire termina con i numeri che riguardano la FUGA DAL MURO durante i 28 anni.
Più di 5.000 persone riuscirono a fuggire: nascondendosi in compartimenti segreti di auto guidate da persone provenienti da Occidente, volando oltre il muro in mongolfiere, viaggiando attraverso un tunnel scavato sotto il muro, nuotando attraverso canali o corsi d’acqua di Berlino, o semplicemente correndo. Centinaia, forse migliaia, di persone invece, sono state uccise mentre cercavano di fuggire; altre sono state catturate e imprigionate. Ricercatori tedeschi stanno ancora indagando su quante persone esattamente sono morte alla frontiera.
Tuttavia ritengo necessario ancora oggi fare qualche riflessione in merito alla questione del comunismo come ideologia che è diventata politica in atto in diversi Paesi del mondo. Pertanto, il Muro è caduto, ma la questione del comunismo è ancora aperta, la sua ferita è ancora sanguinante. E’ una questione che non si è affrontata seriamente in tutte le profondità. A 35 anni dalla caduta del Muro di Berlino è mancata una profonda analisi circa la vera natura della catastrofe ideologica che per lunghi tristi anni ha interessato metà del mondo.
Nonostante la pubblicazione del Libro Nero del comunismo. Che cosa conosciamo di questa ideologia perversa che ha causato complessivamente circa 200 milioni di morti? Sappiamo tutto sull’olocausto degli ebrei ad opera del nazionalsocialismo hitleriano, ma sappiamo poco dell’altro olocausto dei cristiani uccisi a causa della fede in tutto il Novecento, che è stato il secolo del martirio, del più grande macello dei cristiani, un vero olocausto che per lungo tempo abbiamo dimenticato, letteralmente strappato via dalla nostra memoria, “[…] come è potuto e può ancor oggi accadere – si chiede Ernesto Galli della Loggia – che dell’esistenza di questo fiume di sangue la nostra cultura abbia così scarse memoria e consapevolezza?”.
Infatti, l’Occidente è stato finora cieco e muto, si è rifiutato di vedere e di parlare, c’è stata una sottile ipocrisia della nostra cultura (dai mass media all’Università, alle varie associazioni politiche). Invece di denunciare coraggiosamente questi massacri si è preferito un comodo conformismo “buonista” condiviso pure da molti ambienti religiosi. Dunque, si continua a fare lo stesso errore: discriminare i morti. Si ricorda l’olocausto, ma si dimenticano gli oltre 200 milioni di morti dei sistemi comunisti.
Ci voleva una “Norimberga” ? Come ci fu per i crimini del Nazionalsocialismo? Ormai mi sembra impossibile, basterebbe una “Norimberga culturale”, questo sì.
Qualche giorno dopo la caduta di Berlino, il vescovo di Fulda, monsignor Johannes Dyba, affermava: “I crimini commessi in tutto il mondo in nome del socialismo devono proprio essere gli unici a non poter essere assolutamente denunciati? Nel nostro Stato di diritto perfino i sofisticatori di vino vengono messi in carcere preventivo per il pericolo di inquinamento delle prove, ma dove sono i vertici responsabili della Stasi?” (Cristianità, n. 182-183/1990)
Sempre nel marzo del 1990 in uno straordinario studio del professore brasiliano Plinio Correa de Oliveira dal titolo: “Comunismo e Anticomunismo sulla soglia dell’ultimo decennio di questo millennio”, si chiedeva un grande atto di giustizia nei confronti del comunismo chiamato a rispondere di fronte al tribunale della storia.
Il pensatore brasiliano formula delle accuse a tutti i responsabili diretti della immensa sciagura comunista; ai dirigenti supremi della Russia sovietica e delle nazioni prigioniere che imposero la schiavitù; agli ingenui, ai pusillanimi, ai collaborazionisti (volontari e non) dell’Occidente, che invece di intraprendere una crociata per liberare le vittime dell’oppressione comunista, tacquero, collaborarono, prolungarono con le loro sovvenzioni l’azione dei carnefici. Come non pensare ai poveri operai, studenti magiari ungherese che nel 1956 per tredici giorni assaporarono la libertà e poi sono stati schiacciati dai carri armati sovietici.
E poi, ai dirigenti dei vari partiti comunisti sparsi nel mondo che pur conoscendo il tragico fallimento del comunismo, cercarono in tutti i modi di realizzarlo nei loro paesi; a coloro che combatterono implacabilmente gli anticomunisti, che resistevano contro la penetrazione sovietica nei loro paesi; alle quinte colonne del servizio del nemico e “utili idioti”, borghesi, politici ed ecclesiastici, che, lungi dall’attaccare il comunismo, appoggiarono un incessante diluvio di diffamazioni contro le organizzazioni anticomuniste. Domande o quesiti posti che oggi restano ancora validi e che peraltro nessuno ha risposto adeguatamente.
DOMENICO BONVEGNA
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