Carissimi, la ripartenza delle varie attività di questo anno pastorale è contrassegnata soprattutto dalle sollecitazioni che l’arcivescovo ha tratteggiato nella Lettera “Veramente santo sei tu, o Padre”, presentata in cattedrale la sera di giorno 8 Ottobre. Il documento è scandito in due sezioni: la prima poggia sulla paternità di Dio e sulla filiazione spirituale dei battezzati, chiamati a imitare il Figlio amato; la seconda descrive brevemente alcune figure della nostra diocesi, che con la loro vita hanno testimoniato la Santità di Dio, in simbiosi perfetta con questo periodo dell’anno liturgico, durante il quale la Chiesa ci fa protendere verso la Solennità di Tutti i Santi del prossimo 1 Novembre.
Tale celebrazione rimanda a una folla immensa che nessuno può contare e ricorda come l’umanità sia costituita da tutti quegli uomini e quelle donne che ci fanno trarre beneficio dal loro impegno, dal loro talento, dal loro coraggio, dalla loro fiducia o dalla loro fede in Cristo.
La festa di Tutti i Santi è come un cielo stellato che si ammira in una notte d’estate, stando lontani dalle luci artificiali. Alcune stelle brillano più di altre, ma tutte continuano a donare la loro luce.
Che cosa resta della vita quando non resta più niente? Resta l’amore del prossimo.
Avevo fame, avevo sete, ero forestiero, nudo, malato, in carcere e tu mi hai aiutato.
Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore.
L’intento di questa lettera si traduce in una breve provocazione che ciascuno dovrebbe cogliere, ovvero prendere coscienza del rapporto di filiazione con il Padre e, nella missiva del prossimo mese, la conseguente pratica di fraternità che ne deriva.
La cosa più evidente, che bisogna tuttavia ribadire, consiste nell’affermare che “essere figli” è innanzitutto un dono. San Paolo lo dichiara apertamente sia nella Lettera ai Romani (8,14-17) sia nella Lettera ai Galati (4,1-7): i cristiani partecipano alla filiazione del Figlio nello Spirito e in ciascuno di essi vi è la compresenza con le persone trinitarie.
Questo mistero della filiazione è stato riassunto dal Concilio mediante una formula esortativa che fa prendere coscienza della nostra condizione di figli di Dio:
Figli nel Figlio, esclamiamo nello Spirito: Abbà, Padre! (GS 22).
Su questa base sicura, certa e concreta poggia la consapevolezza spirituale nei confronti di un Dio Uno e Trino, che diventa esperienza dell’amore del Padre, provvidenza misericordiosa che sull’esempio di Gesù abbraccia anche i momenti del dolore (Cfr. Mc 13, 32-36), dell’agonia e della morte (Cfr. Lc 23,46).
In questo momento di particolare coinvolgimento dei cristiani per il Giubileo ordinario del 2025, non posso non soffermarmi sull’esperienza di “misericordia” che tutti viviamo nella relazione con il Padre. Sarebbe opportuno riprendere in mano il testo pubblicato dal Comitato per il Giubileo del 2000: “Dio Padre misericordioso”. Mi sembra più che mai urgente recuperare tale prospettiva per quanto concerne la pastorale, la spiritualità e la morale.
Per cogliere in profondità la portata di tale svolta sarebbe opportuno farsi qualche domanda e tirare le conclusioni. Su che cosa è impostata la pastorale della Chiesa universale e delle chiese particolari? Su progetti, programmi e piani ben articolati!
È intrisa dell’immagine di Dio-Amore con tutte le conseguenze che ciò comporta?
Per toccare con mano l’importanza di tale cambiamento rivoluzionario, vi propongo l’esperienza di Thérèse de Lisieux, colei che ha svolto la sua missione personale come recupero definitivo del volto misericordioso di Dio contro l’immagine del giudice.
Dall’esperienza di Dio come Padre scaturisce in Thérèse la coscienza della propria “missione” per la Chiesa e per il mondo: comunicare il cammino della fiducia, senza limiti, in un Dio che è misericordia infinita. La misericordia è una categoria chiave nella proposta spirituale della giovane fanciulla di Lisieux. Prova ne sia che il manoscritto “A” si apre appunto con la descrizione delle “misericordie di Dio”.
Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica “Divini amoris scientia” (19-X-1997) in cui la proclamava “dottore della Chiesa” così si è espresso: «Teresa ha contemplato e adorato nella misericordia di Dio “tutte le perfezioni divine”, perché “perfino la Giustizia (e forse anche più di ogni altra) mi sembra rivestiva di amore” (MS A 83 v.). È diventata così un’icona vivente di quel Dio che, secondo la preghiera della Chiesa, rivela la sua onnipotenza “con la misericordia e il perdono” (Cfr. Messale romano, Colletta della XXVII dom. per annum)».
Se parlo di Thérèse de Lisieux è soprattutto perché la sua esperienza spirituale ha fatto riscoprire a tutti la bellezza di Dio misericordioso, di Dio Padre-Madre, come scrivono i Superiori maggiori degli Ordini Carmelitani nella Lettera Circolare (1 ott.1997) in occasione del dottorato della Santa: “La riscoperta del volto paterno-materno di Dio fu il punto di forza del cammino nuovo verso la santità”.
L’immagine definitiva di Dio Padre per noi non può essere che quella di Dio-Amore e a questa immagine segue quella della carità fraterna, che ci sollecita a camminare nell’amore del Padre per trasformare il mondo. L’argomento del Giudizio, pertanto, non è il peccato, ma il bene: questa è la grandezza della nostra fede, la magnificenza del cuore di Dio.
Auguro a tutti i battezzati di percorrere la vita nuova tracciata dal Figlio amato, fedele a Dio e agli uomini. Il Signore ci renda realtà santa, realtà paziente, realtà sicura per essere carità che duri oltre la morte.
Ettore Sentimentale