di Andrea Filloramo
“La Chiesa è bloccata, parcheggiata dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita”.
Queste sono le parole chiare, semplici, lapidarie di Papa Francesco con cui si oppone a quanti si dicono cattolici tradizionalisti, a quanti, cioè, professano la dottrina e la prassi della Chiesa cattolica nella forma in uso prima del Concilio Vaticano II (1962-1965), deplorando gli aggiornamenti e le aperture successive fatte dagli ultimi Papi e auspicando o temendo che, come richiesto da più parti, ce ne siano ancora altre.
Essi aderiscono alla dottrina cattolica come è esposta nel Catechismo di Pio X e praticano determinate devozioni pubbliche e private, che – come afferma Papa Francesco, non cambiano assolutamente la vita.
Essi non pensano e molti di loro forse non sanno che il devozionismo, è cosa ben diversa dall’essere devoti e in effetti è – diciamolo con estrema chiarezza – un frutto della crisi della fede.
Ai vescovi conservatori statunitensi, che imputano al Papa di aver impresso una svolta radicalmente progressista alla Chiesa cattolica, lo stesso Pontefice, nel corso di una intervista all’emittente televisiva “Cbs News, ” dice “E’ questo, un atteggiamento suicida, perché un conto è tenere in considerazione la tradizione, considerare le situazioni del passato, ma un altro è rinchiudersi in una scatola dogmatica” e ha precisato di riferirsi con l’epiteto di “conservatore” a quanti “si aggrappano a qualcosa e non vogliono vedere altro al di là di essa”
Sicuramente nessuno può negare che il cambiamento e l’innovazione, in ogni campo e in tutti, non sono di facile attuazione, non avvengono dall’oggi al domani, creano sempre ansia, mettono in stato di allerta, richiedono la capacità di fare scommesse audaci senza dare alcuna garanzia e la volontà di perseverare di fronte agli ostacoli, ma una certa parte della Chiesa Cattolica, quella clericale. sacerdotale, confessionale, chiamiamola pure sanfedista è fortemente incagliata in un dogmatismo astratto, che pietrifica la rivelazione, soffoca ogni istanza di novità, fa sempre arretrare e rifugiare nelle categorie della filosofia tomistica, considerata e rimasta ancora – qualunque cosa si pensi o si dica – la “philosofia perennis Ecclesiae”, cioè la filosofia imperitura della Chiesa.
Non sono poche, quindi, le critiche, le osservazioni all’interno della stessa Chiesa, provenienti dallo stesso mondo clericale nel corso dei secoli, che – se osserviamo bene – si ripetono e sono sempre le stesse.
Una cosa è certa: oggi non è più il tempo in cui a queste critiche, a questi giudizi e osservazioni, possa rispondere l’apologetica, che abbonda nelle omelie di molto preti, ossia il pensiero di teologi e scrittori di varie epoche, che si proponevano di difendere la dottrina e l’autorità della Chiesa cattolica.
Nella Chiesa il tema del rapporto tra passato e presente, rimane, come sempre è stato, uno dei più dibattuti e, probabilmente, fin’ora irrisolti della nostra epoca.
Interessante quanto il professore Marco Marzano osserva: “La Chiesa Cattolica trae la sua forza dalla sua formidabile continuità istituzionale, dal suo legame con un passato che essa cerca di rendere ogni giorno presente. Le fratture, le svolte, le discontinuità, gli strappi non le appartengono. Così come fondamentalmente ad essa estranee sono l’umanesimo laico e la cultura dei diritti e delle libertà. Questa è la sua forza e questo è il suo limite. Chi si è illuso del contrario, di poter , dall’interno, trasformarla e stravolgerla o di farne, dall’esterno, una protagonista dei processi di liberazione ed emancipazione dell’umanità ha preso una solenne cantonata».
Un semplice commento: “Se il vangelo è davvero «buona notizia», allora la fede cristiana non c’entra nulla con il pessimismo. Ciò non significa che la realtà non sia troppo spesso dura e dolorosa. Rimane il gravoso impegno e il coraggio di vedere come affrontarla”.