La Chiesa indietro non può più tornare: tutto deve essere riportato alle dimissioni di Papa Benedetto XVI e all’elezione del pontefice argentino portatore quest’ultimo di una sensibilità e cultura diversa da quella del papa tedesco.
Andrea Filloramo, la lotta all’interno della Chiesa a papa Francesco, in questi ultimi tempi, si fa sempre più evidente, presentandosi come una lotta tra Ratzingeriani e Bergogliani. Che ne pensi?
Tutto deve essere riportato alle dimissioni di Papa Benedetto XVI e all’elezione del pontefice argentino portatore quest’ultimo di una sensibilità e cultura diversa da quella del papa tedesco. Per cultura intendo l’insieme delle cognizioni intellettuali, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente rielaborate in modo soggettivo e autonomo che diventano gli elementi costitutivi della personalità. Ciò è una chiave di lettura interessante, ma occorre tener conto anche della crisi profonda che la Chiesa sta attraversando, che ambedue i papi affrontano concordemente senza far alcuna discontinuità fra di loro. Potrebbe anche trattarsi (uso il condizionale) di una “concordia discors”, ma ambedue amano talmente la Chiesa da evitare che nascano dei malintesi interpretativi che possano mettere in pericolo l’unità della fede. Del resto i vaticanisti, pur essendo inedito il fatto della compresenza di due papi, di cui uno che ha scelto di essere emerito, prevedevano uno scenario molto simile a questo ancor prima dell’elezione di Bergoglio chiunque fosse stato eletto come papa. Su questo tema, interviene ad Huffpost padre Antonio Spadaro, gesuita, e direttore della Civiltà Cattolica, uno degli uomini più vicini a Bergoglio, che afferma che “Benedetto sottolinea la continuità interiore con il suo successore, pur nelle differenze di stile e di temperamento (…), smarcandosi completamente da quelli che lo stanno usando contro Francesco. Vuole opporsi e reagire a questa strumentalizzazione che in realtà descrive in modo falso anche Benedetto e ne danneggia l’immagine”.
Nessun vaticanista, pronosticava, da quel che sappiamo, che dopo le dimissioni di Benedetto XVI, i cardinali riuniti in Conclave, eleggessero il cardinale “preso dalla fine del mondo”, cioè dall’Argentina che ha voluto chiamarsi Francesco, Anche per quanto concerne la scelta di questo nome che richiama il “poverello di Assisi” nessuno l’avrebbe immaginato.
Proprio così! alla vigilia del conclave, Il Cardinale Bergoglio era ignorato dalla maggioranza dei vaticanisti, che per la successione del dimissionario Benedetto XVI avevano pronosticato il nome dell’arcivescovo di Milano, il cardinale di Cl Angelo Scola e nessuno riteneva che l’elezione del papa avvenisse al quinto scrutinio, con quasi cento voti a fronte dei settantasette sufficienti, né tanto meno che volesse emulare S. Francesco di Assisi.
Inedito è apparso anche il primo saluto che il nuovo papa fece dalla loggia di San Pietro.
Quel saluto rimarrà ben saldo nella memoria di tutti. Affacciatosi dalla loggia di San Pietro per il primo saluto, l’arcivescovo di Buenos Aires ha rotto il ghiaccio con un semplice e spontaneo “buonasera”… Poi si presentò non come Pontefice, ma più modestamente come vescovo di Roma e il popolo, dopo qualche minuto di silenzio, l’ha acclamato.
Fin da allora, quindi è apparso chiaro il suo stile nuovo, diverso da quello dei suoi immediati predecessori… Questo stile non l’ha mai abbandonato.
Il suo è uno stile sobrio e informale. Per questo Bergoglio è più amato all’esterno e meno all’interno, dove spesso conta di più l’apparenza che lo stile. Il Pontefice ‘preso dalla fine del mondo’ sta anche cambiando il volto della chiesa, alla quale cerca di restituire quei valori che col tempo hanno rischiato di perdersi, come il tema della misericordia, l’urgenza della missione nell’annuncio del Vangelo, la sinodalità come criterio di discernimento delle sfide pastorali, dalla famiglia ai giovani.
Qualcuno ha detto, però, che quella di Papa Francesco è un’operazione di cosmesi talvolta anche intrinsecamente caotica, e, quindi un’operazione solo apparente…
Ritengo che l’’azione di Francesco sia profonda, strutturale, anche se sembra talvolta, come hai detto, caotica, o almeno disordinata, perchè in divenire e spesso spontanea. Egli ha messo mano a riforme che hanno bisogno del tempo per implementarsi perchè in situazioni ecclesiali, tali che hanno indotto il suo predecessore a dimettersi. Curia romana, dialogo ecumenico, ministeri, clero uxorato, razionalizzazione di alcuni dicasteri. Ricordiamo che con una decisione inaspettata, Francesco istituisce un consiglio di cardinali (il C9) che lo supporti nella riforma della Curia romana e, più in generale, nel governo della Chiesa universale.
Cardinali e vescovi ultraconservatori si muovono, però compatti contro Francesco…
Si, è vero! Ma il papa imperterrito va avanti, forte della convinzione di mettere in atto senza strappi quanto deciso dal Concilio Vaticano II, come un pastore che non vuole smarrire il gregge, nell’ottica di un papato votato alla pace e a favore di “una Chiesa povera e per i poveri”. Egli è convinto che le riforme anche solo quelle pastorali, si fanno il più possibile insieme. Il popolo di Dio non può subirle, deve essere pronto a recepirle, anche a costo di deludere le voci più aperte del nostro tempo.
Come tu giudichi la politica papale dell’apertura “senza mura” verso gli immigrati?
Il Papa – lo sappiamo – non è un politico. La sua ottica è quella di chi per tutta la vita, quindi da prete, da vescovo, da arcivescovo di Buenos Aires, ha cercato di vivere e far vivere le opere di misericordia corporale, spesso dai cattolici dimenticate e cioè: – Dar da mangiare agli affamati- Dar da bere agli assetati – Vestire gli ignudi – Alloggiare i pellegrini – Visitare gli infermi- Visitare i carcerati – Seppellire i morti. Questo è il protocollo del papa, che spera che diventi il protocollo di ogni cristiano e anche di ogni politico che vuole essere cristiano. Se sarà così diventerà inaccettabile ogni politica dei muri e quando si parla dei muri ci riferiamo sia a quelli materiali sia a quelli psicologici che è più difficile abbatterli. Ricordiamo che la prima tappa dei viaggi apostolici di papa Francesco è stata Lampedusa per accendere i riflettori sul dramma dei migranti. Nell’isola approdo di migliaia di disperati, in fuga dalle guerre e dalla fame, il Pontefice ha tuonato contro “la globalizzazione dell’indifferenza”.
Come giudichi la lotta alla pedofilia clericale di papa Bergoglio?
Da rammentare che la Pontificia Commissione per la tutela dei minori venne costituita dal Papa col compito di proporre azioni specifiche per arginare la piaga degli abusi sessuali sui bambini nella Chiesa. In questo modo Bergoglio ha dato dimostrazione di voler rafforzare la linea della tolleranza zero inaugurata da papa Ratzinger. Prima della Commissione, Bergoglio aveva messo mano alla riforma del Codice penale vaticano, introducendo tra l’altro i ‘delitti contro i minori’ (vendita, prostituzione, arruolamento e violenza sessuale) e rendendo applicabili le nuove norme anche al personale della Santa sede operativo fuori dai confini vaticani.
Papa Francesco, a somiglianza di S. Francesco d’Assisi, è anche un ambientalista.
L’enciclica “Laudato si’”, che segue la ‘Lumen fidei’, dedicata alla virtù teologale della fede, uscita nel 2013 e scritta di fatto a quattro mani con Benedetto XVI che aveva già iniziato i lavori di stesura prima della sua uscita di scena, è la prima enciclica sull’ambiente nella storia della Chiesa, uno dei documenti di papa Francesco più apprezzati anche dai laici.
Che cosa succederà dopo questo papa?
Nessuno può dirlo. È certo che chiunque succederà a papa Francesco dovrà continuare, come lui, a stupirci per la forza dirompente dei suoi gesti e delle sue parole, capaci di scardinare schemi consolidati e di spingere ogni giorno tantissimi, credenti e non credenti, semplici e intellettuali, poveri e potenti, a confrontarsi con una proposta di Chiesa e una visione del mondo cariche di speranza, di passione per l’umanità e di desiderio di incontro e dialogo con tutti. Non dimenticherà – ne sono certo – che nelle sue mani ci sono quelle stesse redini che furono nelle mani di un papa in un momento di grande prostrazione, di dolore, tali da spingere Benedetto XVI al gesto profetico delle dimissioni, per mancanza di forze. Da allora, Francesco ha mostrato ogni giorno il volto di una Chiesa che ancora si è dimostrata capace di suscitare attese, stima e riconoscenza da parte degli uomini e delle donne che vivono dentro e fuori di essa. Il futuro Papa rammenterà che il suo predecessore ha inventato un nuovo linguaggio fatto di contatti con i fedeli, di selfie, di carezze e abbracci a chi soffre, di parole semplici ma efficaci e non ha avuto paura di denunciare le esclusioni sociali e le iniquità dell’attuale sistema economico mondiale. Egli è stato, anzi è un Papa che non ha temuto di chiamare carnefici quanti alimentano traffici di morte e lucrano sulla disperazione dei migranti. Sono sicuro: la Chiesa indietro non può più tornare.