Da quando hanno preso il potere in Afghanistan, i talebani hanno hanno gettato il paese in una gravissima crisi dei diritti.
Era il 15 agosto del 2021 e da quel giorno la vita di donne, voci libere, minoranze etniche e religiose, persone della comunità Lgbtqia+ è diventata sempre più difficile.
Attraverso il nostro lavoro di ricerca, abbiamo documentato la repressione violenta delle proteste pacifiche, esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, la sistematica persecuzione contro le donne e le ragazze.
Dal 15 agosto 2021, quando hanno preso il potere in Afghanistan, i talebani hanno avviato una nuova era di violenze e violazioni dei diritti umani. Oggi, due anni dopo, il paese è sull’orlo di una rovina irreversibile.
I talebani, che sono le autorità di fatto del paese, hanno commesso un’infinità di violenze e violazioni dei diritti umani in totale impunità.
In due anni, hanno sistematicamente smantellato le istituzioni chiave per la protezione dei diritti umani e represso la libertà di espressione, associazione, il diritto a un processo equo e altri diritti umani.
I diritti fondamentali delle donne e delle ragazze sono stati soppressi. Migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate, torturate, rapite e persino uccise: esponenti del giornalismo, dello sport e dell’arte, attiviste, difensori dei diritti umani, accademici e accademiche, minoranze religiose ed etniche restano particolarmente a rischio.
I diritti umani sono sotto attacco su tutti i fronti. Mentre la popolazione afgana continua a sfidare questa tempesta, noi dobbiamo essere al suo fianco e difendere il suo diritto a vivere in libertà, dignità e uguaglianza.
Nel 2023, l’Afghanistan è stato classificato al 156° posto su 180 paesi nell’Indice mondiale della libertà di stampa di Reporter senza frontiere.
Molti giornalisti sono stati arrestati, picchiati e torturati, solo per aver cercato di raccontare quello che stava succedendo nel paese.
“Sono stato trattenuto per diversi giorni. Sono stato picchiato e frustato così forte sulle gambe che non riuscivo a stare in piedi. La mia famiglia aveva sentito da passanti che ero stato rapito dai talebani ma non avevano idea di dove fossi.” – Yunis (pseudonimo), giornalista e attivista della società civile.
Uno dei primi casi di violenza contro i media si è verificato contro due giornalisti del quotidiano Etilaat Roz che stavano coprendo le proteste delle donne a Kabul il 9 settembre 2021. Nonostante lo scandalo internazionale che ne è derivato, le violenze non si sono fermate e fare giornalismo nel paese è più pericoloso che mai.
“I media erano la voce della democrazia e della libertà di parola in Afghanistan, ma questa voce è stata spezzata sotto la legge dei talebani”, Khatera Nejat, giornalista in esilio.