LA FURIA ICONOCLASTA DEI “NUOVI BARBARI” DELL’ANTIRAZZISMO

Quello che sta accadendo nelle strade e nelle piazze degli Usa e degli altri Paesi occidentali, è una storia che si ripete. Mi riferisco all’abbattimento, alla decapitazione o alla vandalizzazione delle statue di uomini importanti che più o meno rappresentano sentimenti razzisti. Tra i monumenti presi di mira dai manifestanti antirazzisti di questi giorni c’è quello di Cristoforo Colombo, di Jefferson Davis, del generale Lee e poi quello di Churchill in Inghilterra, ma ce ne sono altri. Sono anni che gli attivisti di Black Lives Matter chiedono il loro abbattimento e ora dopo la morte di Floyd è arrivato il momento di eliminarli. In Italia si sta tentando di rimuovere quello del giornalista Indro Montanelli come pericoloso razzista e stupratore.

 

Ritornando agli Usa, la speaker della Camera Nancy Pelosi, ha chiesto la rimozione di tutte le statue dei confederali che si trovano a Capitol Hill, sede del Congresso americano. «Se da una parte ritengo un imperativo non dimenticare la nostra storia affinchè non si ripeta, credo anche che non ci sia spazio per celebrare la violenza bigotta di alcuni uomini nei venerati saloni del Congresso».

E sui nuovi talebani, sul Il Giornale, è intervenuto Vivaldelli: «E ora che i “barbari” che sfregiano e rovesciano statue e monumenti sono i crociati del politicamente corretto, la sinistra liberal americana e occidentale, non solo non li condanna, ma li celebra. Come scrive Gurminder K Bhambra sul New York Times a proposito della statua di Edward Colston buttata in acqua nei giorni scorsi a Bristol, Regno Unito: “Il rovesciamento della statua di Colston ha reso possibile un dibattito pubblico sul nostro passato coloniale. Coloro che condannano le azioni dirompenti che scatenano il cambiamento dovrebbero riconoscere la violenza intrinseca del passato». (Roberto Vivaldelli, I crociati del politicamente corretto che vogliono cancellare la storia, 14.6.2020)

Il punto è che ora i “barbari” la sinistra Usa li ha coltivati in patria. Li difende e li coccola, in nome di una lotta ideologica folle. Anche «Pierluigi Battista sul Corriere della Sera inquadra perfettamente i nuovi (pericolosi) fanatici della correttezza politica.“Tra i nuovi fanatici della censura, dell’iconoclastia, del rogo di libri e di film, il passato dell’arte, della cultura e del pensiero non va studiato, rappresentato, esaminato, criticato, va superato, cioè distrutto, cancellato, epurato, ricontestualizzato che è l’esatto opposto della doverosa contestualizzazione di un testo, di un’opera, di un’idea, di una parola: cioè quello che si fa normalmente senza bisogno di abbattere le statue come i talebani con quelle di Buddha o dell’Isis a Palmira”».

Ci sarebbe un dato storico da chiarire per Vivaldelli, che gli «attivisti fissati con gli “schiavisti bianchi” dimenticano – o forse non conoscono – ed è riportato nel capolavoro di Robert Huges La cultura del piagnisteo (Adelphi): “Il commercio degli schiavi africani, la tratta dei neri, fu un’invenzione musulmana, sviluppata dai mercanti arabi con l’entusiastica collaborazione dei loro colleghi neri, e istituzionalizzata con la più spietata brutalità secoli prima che l’uomo bianco mettesse piede sul continente africano; continuò poi a lungo dopo che nel Nordamerica il mercato degli schiavi era stato finalmente soppresso”. Ma è questa è storia, quella che gli iconoclasti vorrebbero eliminare, soprattutto quella “scomoda” alle loro tesi distruttive».

Infatti è d’obbligo il riferimento alla Storia, lo ha fatto, Atlanticoquotidiano,

«Oggi le scene di statue abbattute e quell’odore di censura e di tribunale dell’inquisizione per la morte ingiusta di un cittadino afroamericano non presagiscono nulla di buono se non un nuovo “terrore”, una nuova damnatio memoriae, un’operazione totalitaria». (Marco Cesario, Historia magistra vitae: come nel passato, la furia iconoclasta di oggi lascia presagire solo un nuovo “terrore”, 11.6.2020, atlanticoquotidiano)

Cesario fa riferimenti al passato, ricordando l’incendio della biblioteca di Alessandria da parte dei cristiani che dopo essere stati a lungo oppressi e martirizzati, al momento opportuno si vendicano delle angherie subite. La stessa cosa accadde in Francia con la Rivoluzione francese. «Pur di soppiantare e cancellare i privilegi dell’ancien régime e del cattolicesimo, i rivoluzionari giacobini distrussero e saccheggiarono chiese (centinaia), decapitarono statue (quelle dei profeti di Nôtre-Dame poi restaurate da Viollet-Le-Duc), distrussero persino le tombe della più antica monarchia d’Europa gettando le ossa di sovrani merovingi e franchi ed i loro tesori, di inestimabile valore, in squallide fosse comuni».

Lo stesso faranno i bolscevichi nella rivoluzione del 1917, distruggono tutto ciò che appartiene al passato zarista, abbattendo statue, saccheggiando preziose chiese ortodosse, fondendo oggetti liturgici e cancellando per sempre dalla memoria dei russi una parte importante della storia della propria nazione.

Cesario conclude: «Qualunque soppressione infatti, anche se di un simbolo considerato ingiusto, è essa stessa un’operazione totalitaria. Historia magistra vitae, diceva il nostro Cicerone, la storia si studia e si approfondisce non si cancella. Solo le epoche buie cancellano la storia».

Sulle riflessioni storiche è intervenuto Francesco Agnoli su La Verità del 12 giugno. In riferimento ai roghi di solito si fa riferimento al Medioevo o all’Italia fascista o alla Germania nazista. Anche se il Medioevo è stato tutt’altra cosa. «I Paesi dove davvero furono bruciati e distrutti con una metodicità e sistematicità inaudita furono quelli comunisti».

I bolscevichi di Lenin andarono al potere promettendo che non avrebbero mai bruciato libri, ma poi cambiarono idea. Controllarono tutto, aboliremo la libertà di stampa e vietato tutto ciò che non era comunista. In un solo giorno nella biblioteca a Leningrado furono bruciati 20.000 libri. In pratica i comunisti russi distrussero milioni di libri. La stessa cosa accade nella Cina di Mao Tze Tung. Tra l’altro Pol Pot, il capo dei comunisti cambogiani intimò alle bande dei suoi adolescenti assassini di denunciare i genitori che avessero commesso il crimine borghese di possedere una biblioteca. Per rimanere alle eroiche gesta dei comunisti, come non ricordare le profanazioni delle bande anarco-comuniste durante la Guerra civile spagnola e le fucilazioni “rituali” delle immagini sacre e delle reliquie, oltre che quelle “reali” di migliaia di sacerdoti e suore.

Dopo le statue non si salvano i film, ma anche i cioccolatini i “moretti”, messi al bando dalla catena di supermercati svizzeri Migros. Dolci tradizionali di colpo considerati offensivi nei confronti dei neri. Lo scrive Francesco Borgonovo, su La Verità del 12 giugno. «Sotto i colpi del nuovo pensiero unico ‘antirazzista’, cadono monumenti, film ‘Via col Vento’ e persino i cioccolatini ‘moretti’. Viene da ridere, ma la posta in gioco è seria: riscrivono la Storia a suon di censure. Vogliono cancellare la storia per imporre con il terrore il nuovo totalitarismo liberal»,

Un primo effetto delle manifestazioni e delle statue abbattute negli Usa è stato quello di ingaggiare nelle varie aziende dei consulenti antirazzisti, lo spiega la rivista “Forbes”, ne parla Borgonovo. Infatti varie corporation americane cercano esperti di “equità razziale”. In Italia, intanto operano già organizzazioni che forniscono bollini rosa e arcobaleno, e chissà forse a breve uscirà il bollino nero dei Black Lives Matter. «Si tratta di “Parks” di Ivan Scalafarotto. Le imprese vi si rivolgono per dimostrarsi sensibili ai temi della comunità Lgbt» Pertanto chi non si omologa al pensiero unico è tagliato fuori.

In pratica, «si è immediatamente sviluppato un business. Le rivendicazioni dei Black Lives Matter e simili hanno consentito di spalmare un nuovo mercato: consulenti (si suppone molto ben pagati) offrono alle aziende pacchetti che comprendono ‘webinar, coaching, workshop’ e altre amenità utili a ‘educare’ i dipendenti al rispetto dell’equità razziale». (Francesco Borgonovo, Consulenti antirazzisti per le aziende. Le rivolte sono diventate un business, 14.6.2020, La Verità).

Non è la prima volta che viene innescato questo meccanismo, secondo Borgonovo è  è stato attuato per i temi ambientali e la “rivoluzione green”, ma anche con il “Me too” e la psicosi delle molestie, adesso tocca al razzismo.

E’ interessante seguire le spiegazioni del vice direttore de La Verità: «Le modalità sono ogni volta le stesse. Gli attivisti scendono in piazza, gridano, strepitano e talvolta sono violenti. I media mainstream li seguono a ruota, osannando i dimostranti e linciando i cattivi di turno (gli inquinatori, gli uomini portatori di ‘maschilità tossica’, i presunti razzisti). Poi entrano in gioco le aziende. Per fare bella figura e mostrarsi sensibili ai dibattiti politico-sociali in corso, le multinazionali (e, a cascata, tutti gli altri) decidono di mostrare ai clienti di essere al passo con i tempi. Quindi contattano esperti del settore che possono, apporre il marchio di qualità morale».

In conclusione, tutto questo potrebbe, secondo Borgonovo, essere liquidato come una “follia buonista”, ma non è il caso di sottovalutare queste tendenze. Perchè, «se un’azienda, per ottenere il bollino etico, deve ‘rieducare’ i suoi dipendenti, significa che chiunque non si uniformi al pensiero dominante può perdere il posto di lavoro». Se vengo etichettato dal “consulente per la diversità” come razzista, perchè io non supporto i Black Lives Matter, il mio datore di lavoro potrebbe avere motivo di licenziarmi.

Siamo in regime democratico, ma passa questo messaggio estremamente totalitario. Chi non si adegua è fuori. «Chi invece si sottomette, di fatto viene tramutato in una sorta di robottino obbediente e manipolabile». Ecco perchè le grandi multinazionali scelgano di finanziare i gay pride e persino i bellicosi “antirazzisti”.

DOMENICO BONVEGNA

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