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Selena Cravotto si affaccia sul panorama editoriale con il romanzo La grande corsa, in uscita il 10 febbraio con la casa editrice Affiori.
A essere narrata è una storia che parte da Torino e arriva fino al Monte Bianco, attraversando la Francia. È una riflessione sull’ambizione e sui sogni attraverso gli occhi di Sveva, una giovane donna che un tempo odiava correre, e su ciò che la separa dal compiere un’impresa quasi impossibile: partecipare all’iconica gara Mont Blanc Sky Run. Centocinquanta chilometri e ottomila metri di dislivello, tutto a piedi, senza mai fermarsi, nemmeno di notte.
Nel mezzo si svolge la sua trasformazione fisica, mentale e personale, un percorso che si sviluppa chilometro dopo chilometro, come in un memoire. Ma questo viaggio non è solo una sfida sportiva. È anche l’inaspettata ricostruzione del rapporto con il padre, che forse, senza rendersene conto, la stava allenando per sfidare il suo stesso divieto di partecipare a una gara tanto estrema.
Quando un grave incidente mette in discussione il senso dell’intera impresa, Sveva dovrà confrontarsi con le sue motivazioni più profonde.
“Avevo aperto un blog sulla corsa, ma non ero del tutto soddisfatta. Mancavano l’intreccio, le relazioni, la trasformazione dei personaggi. Il legante. Ho pensato che il romanzo fosse una forma più adatta a questa storia – ha spiegato l’autrice.
Ho iniziato durante un corso alla Scuola Holden. Molto dopo, a stesura praticamente completata, il mio editor mi ha fatto una domanda: perché Sveva decide di affrontare un’impresa così grande? Perché proprio lei e non un’altra, la sorella a esempio? Nella seconda stesura ho fermato la scrittura per interrogarmi sulle motivazioni più profonde dei personaggi. E per trovare le risposte che stanno spesso celate nelle loro crepe.
Scriverlo è stato come aprire una finestra su uno spettacolo in pieno svolgimento. Ad un certo punto si richiude, sei all’ultima pagina. Lasci andare i tuoi personaggi. Ma sai che quel mondo, là fuori, continua a fluire anche dopo che hai smesso di guardarlo”.
“La grande corsa è una fotografia, ma non una di quelle nitide e patinate, è più come una vecchia Polaroid che comincia a svilupparsi davanti ai tuoi occhi, lenta, parola dopo parola ti accorgi che la sfida non è la corsa in sé ma il perché corri – ha commentato il curatore della prefazione Maurizio Amendola. È una storia che intreccia un padre e una figlia, quell’eredità quasi accidentale dell’amore per la corsa, una passione così umana da farsi meravigliosa. Corri, inciampi, ti rialzi, e a ogni passo, come su una salita infinita, inizi a credere che forse la cima non è un punto, ma un modo di guardare”.
Una storia di avventura, legami e crescita, in cui vita e corsa si condizionano reciprocamente: un movimento anche metaforico da cui emerge la ricerca di un obiettivo che, forse, sottende a una forma di felicità.