LA MINISTRA ROCCELLA “AGGREDITA” E “SILENZIATA” A TORINO

Alcuni manifestanti protestano contro il ministro della famiglia Eugenia Roccella al salone internazionale del libro di Torino, 20 maggio 2023. ANSA/TINO ROMANO

La becera e violenta contestazione-aggressione del branco di esagitate “No una di meno” di “Exrinction Rebellion” ( la sinistra radicale si cela dietro queste sigle di copertura) nei confronti del ministra della famiglia Eugenia Roccella al Salone del Libro di Torino si potrebbe come hanno fatto in tanti, classificare come un grave gesto non democratico, vogliamo definirlo, fascista, comunista, del resto come scrive il professore Capozzi, i due termini, sono “fratelli-coltelli”, “nemici tra loro ma convergenti nel negare legittimità e cittadinanza a quanti non accettavano il loro dominio assoluto”.

 

Tuttavia, non basta perché non esprime la vera portata del gravissimo gesto. In ultima analisi, la contestazione significa che Eugenia Roccella e tutti quelli come lei, cioè io, non hanno diritto di parola. In pratica loro sono convinti che hanno fatto bene a far saltare l’incontro al Salone del Libro di Torino perchè certe persone in un luogo così non dovrebbero entrare manco per la porta di servizio. Certo i sinistri non lo diranno mai esplicitamente, diranno: “se la sono andata a cercare”, “hanno un problema col dissenso” e “la conflittualità è necessaria”, dietro a queste frasi, “si nascondono (neanche troppo bene) l’antipatia, la repulsione e finanche l’odio per quella destra che dalla scorso 25 settembre devono sopportare al governo e che in questi giorni si sono trovati nei loro salotti. L’hanno vissuta come una inaccettabile invasione di campo. Tanto che glielo hanno fatto capire in tutti i modi che lì non erano bene accetti” (Andrea Indini, E adesso pretendono pure le scuse da chi è stato aggredito, 22.5.23, Il Giornale)

Tuttavia la gravità di questo episodio increscioso sono le dichiarazioni dei politici e intellettuali a cominciare dal direttore della Kermesse piemontese Nicola Lagioia (cognome interessante), che ha evitato di prendere le difese del ministro, considerando la Roccella divisiva, quindi, le contestazioni, “vanno messe in conto”. Non solo. Dopo aver detto di essere stato “quasi cacciato dal palco”, cosa peraltro non vera e smentita da diversi filmati, se l’è presa con la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli. “È stata un’aggressione molto violenta”, ha detto ieri in un’intervista alla Stampa. Ancora Lagioia intervistato dice: “Questo governo può avere una virata autoritaria”. Può avere, cioè: non ce l’ha ma è sulla strada buona. E, infatti, poi specifica: “Il mio metodo è quello del dialogo, non del manganello”. Che, sotto sotto, richiama il concetto del Roberto Saviano,la Meloni parla “la lingua del picchiatore”. Sempre per Saviano, la colpa è tutta dei ministri e dei politici che “sono venuti al Salone a provocare”.  Purtroppo, però, non è l’unico a vederla in questo modo. Luca Sofri, direttore del Post, se ne è uscito così su Twitter: “Roccella poteva benissimo parlare. Ha preferito il vittimismo, l’arma di questi tempi, ma nessuno le ha ‘impedito’ niente”.

Ma la numero uno in assoluto in questo gioco al massacro è senza alcun dubbio Elly Schlein che a caldo ha subito accusato il governo di avere problemi con il dissenso. “Noi siamo per il confronto duro”, ha detto. E poi: “È surreale che ministri e deputati si siano messi ad attaccare Lagioia. Non so – ha, quindi, concluso – come si chiama la forma di un governo che attacca le opposizioni e gli intellettuali ma quantomeno mi sembra autoritaria”. E arriviamo così al ribaltamento totale della realtà. Con gli aggrediti che finiscono sul banco degli imputati, quasi a dover chiedere scusa ai propri aggressori. Posso assicurarvi dalle mie letture che è il metodo che utilizzavano i vari funzionari comunisti, dell’Urss o dei loro Paesi satelliti. Ma anche della Cina odierna.

Su Culturelite.com, il magazine culturale del professore Tommaso Romano, questo contrattacco degli intellettuali sinistri, viene definito come tecnica di depistaggio, ultima spiaggia di una sinistra politica, culturale e giornalistica sul viale del tramonto. (Misdirection: l’aggressione contro Eugenia Roccella e la “tecnica del depistaggio”, 22.5.23, culturelite.com)

Leggendo i commenti e le interviste sul caso Roccella, “pare di essere proprio su una sorta di palcoscenico dell’illusionismo mass mediatico, dove a dettare i commenti è la “tecnica del depistaggio” piuttosto che la realtà di quanto accaduto: l’avere impedito al ministro della Famiglia e delle Pari opportunità di parlare al Salone del libro di Torino, tempio del pluralismo culturale, del dibattito e del confronto”. In pratica per questi signori, c’è un governo destra-destra che sui diritti civili tende – testuale – a “medioevalizzare” il Paese. E pertanto come degna ciliegina sulla torta avvelenata del depistaggio (misdirection) mass mediatico la dichiarazione della Segretaria del Pd, Elly Schlein, traducendola significa, “l’aggressione nei confronti della Roccella è un segno di democrazia; noi siamo i paladini della democrazia; al contrario il Governo di centrodestra è antidemocratico perché non accetta la censura nei confronti di chi vuole presentare il proprio libro”.

Di grave violenza ha parlato anche l’intervento di Marco Invernizzi (“Se a un ministro viene impedito di parlare…”, 22.5.23, alleanzacattolica.org)

Il fatto che è stato impedito a un ministro della Repubblica di presentare un suo libro, che tratta della sua famiglia è grave. Di fronte a questa violenza, il ministro decide di non fare sgomberare la sala dalla polizia perché non vuole usare questi metodi. E così la libertà di parola viene negata a una autorità dello Stato”. In futuro però bisogna attrezzarsi perché questa gente non possa nuocere. Per Invernizzi merita una attenta riflessione su che cosa rappresenta la Roccella e la sua militanza radicale.

“Per tutte le forze contrarie alla vita e alla famiglia la Roccella rappresenta una sconfitta perché, figlia di un fondatore del partito radicale di Marco Pannella, è diventata un punto di riferimento del mondo pro-life e pro-family, partecipando come portavoce al primo Family day nel 2007 e oggi diventando addirittura ministro della famiglia di un governo conservatore. La ministra racconta la sua conversione nel suo libro che avrebbe dovuto presentare, “Storia di una famiglia radicale”, edito da Rubbettino. Pertanto per Invernizzi, la Roccella è “la dimostrazione che si può cambiare, che si può uscire dal mondo triste e disperato voluto dalla rivoluzione antropologica che porta il nome di Sessantotto, che si può approdare a tutt’altra visione della vita”.

Inoltre Invernizzi evidenzia un altro fondamentale principio: la Roccella ha deciso di privilegiare nell’attività del suo ministero il tema della maternità, cioè di toccare il cuore della deriva antropologica in atto. Infatti, “è sulla generazione di bambini attraverso il rapporto di amore fra un uomo e una donna che si gioca oggi la battaglia più importante e profonda, di fronte a una rivoluzione culturale che vuole utilizzare la tecnica non come supporto alle persone, ma come strumento di sostituzione dell’umano”.

Pertanto, un ministro della famiglia come Eugenia Roccella rappresenta un ostacolo. Ecco perché viene attaccata così violentemente. Ma c’è un aspetto positivo. “Le forze politiche progressiste, che in qualche modo hanno giustificato la violenza contro il ministro, sembrano in grave difficoltà. Quando Elly Schlein dice che il governo non vuole il confronto, sembra veramente essere fuori dal mondo e credo se ne siano accorti anche i suoi stessi compagni di partito”

E allora sosteniamo il lavoro di Eugenia Roccella e manifestiamole tutta la solidarietà possibile perché la sua battaglia per la verità sull’uomo, è anche la nostra.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com