Un aforisma attribuito a Gilbert Keith Chesterton, recita: da quando gli uomini non credono più in Dio non è vero che non credono più in nulla:credono in tutto.
Era una fotografia dell’uomo post-illuminista dell’inizio Novecento. Qualche anno fa il papa emerito Benedetto XVI con la sua consueta profondità teologica così si espresse: «Dove scompare Dio, l’uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato, nel nostro tempo, i regimi totalitari e come mostrano anche diverse forme del nischilismo, che rendono l’uomo dipendente da idoli, da idolatrie; lo schiavizzano».
Tra questi idoli, ricordiamo certamente: la Razza, la Classe, lo Stato, la Natura. Cosimo Galasso e Maurizio Brunetti, sull’ultimo numero di Cristianità, ( “Una ‘profetessa’ per il terzo millennio: Greta Thumberg”, n. 403, maggio-giugno 2020) trattano il tema della natura, facendo riferimento al “fenomeno Greta Thumberg”, l’adolescente svedese che da due anni è diventata icona del movimento ambientalista mondiale. Pertanto secondo gli studiosi cattolici la Thumberg è considerata una sorta di profetessa di quel “dio verde”. Gli studiosi precisano di non voler negare la rilevanza del problema ecologico, ma denunciare il carattere quasi sempre ascientifico di un accostamento ideologico al tema ecologico. Si vuole denunciare quell’ubriacatura collettiva per tutto ciò che è “verde”.
Il primo quesito affrontato dai due studiosi è quello se ha senso scioperare contro i cambiamenti climatici. E subito si mette in chiaro che gli studiosi di ambiente negli ultimi cinquant’anni sono stati abbastanza contraddittori. Negli anni del 1970 non pochi scienziati si dicevano preoccupati di un “raffreddamento globale” in atto. «A minacciare l’umanità sarebbe stata l’imminente estensione dei ghiacci artici che, in poco tempo, avrebbe comportato l’estinzione di molte specie viventi». La situazione ora si capovolge, stavolta si paventa l’esistenza di un non meno minaccioso “riscaldamento globale”.
«Il clima della terra è sempre cambiato», lo afferma il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. Mentre il professore Ernesto Pedrocchi, docente emerito di Energetica al Politecnico di Milano, dal canto suo nega una correlazione fra il global warming (“riscaldamento globale”) e l’aumento di CO2 o, in altri termini, l’azione diretta dell’uomo.
Ritorniamo al fenomeno Thumberg, iniziato il venerdì’ del 20 agosto 2018, da allora ogni venerdì, c’è lo “sciopero scolastico per il clima”. E’ evidente che il fenomeno è stato creato a tavolino, anche perchè la giovane viene invitata in tutti i più importanti forum internazionali che riguardano i cambiamenti climatici. Infatti scrivono Galasso e Brunetti, «La portata dei risultati mediatici ottenuti da Greta rende lecito sollevare qualche perplessità circa la genuinità e la spontaneità del fenomeno da lei generato. Chi, a soli quindici anni, potrebbe anche lontanamente immaginare di essere ascoltato e riverito nei massimi consessi internazionali in assenza di una macchina propagandistica di supporto programmata, efficiente e collaudata?».
Peraltro ci tengono a sottolineare i redattori di Cristianità che, «La giovane attivista svedese ha la pretesa – cosa di per sé impossibile – di viaggiare a ‘emissioni zero’».
Il professore Carlo Lottieri non ha dubbi, «è chiaro che c’è un enorme elemento di artificiosità nella costruzione di questo personaggio […]». L’ecologismo secondo il professore è pericoloso, mira a controllarci tutti. «E’ una specie di superpotere, abilitato, lui solo, a discernere bene e male. Politicamente il rischio è da brividi».
Secondo il giornalista Roberto Vivaldelli, ha provato a identificare chi c’è dietro il fenomeno Greta Thumberg, «è il PR professionista Ingmar Rentzhog [“PR” sta per esperto in pubbliche relazioni]». (R. Vivaldelli, Greta Thumberg, chi è e chi c’è dietro, in Il Giornale del 13.10.2019)
Tuttavia sui problemi sollevati da Greta, «la lunghissima storia geologica del pianeta Terra ci ricorda che scioperare contro i cambiamenti climatici è surreale e donchisciottesco: solo nell’ultimo mezzo milione di anni le nostre calotte polari si sono ricostituite e sciolte almeno cinque volte».
I due studiosi cattolici non possono fare a meno di collocare il fenomeno Thumberg nella crisi del nostro Occidente. E’ qui che trova «il suo naturale brodo di coltura nella crisi dell’identità dell’Europa e di tutto l’Occidente». Nel 2004, l’aalora cardinale Joseph Ratzinger in un discorso era abbastanza duro nei confronti del nostro Occidente: «C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo […]». Da Papa rincarò la dose, individuando nell’Europa una «singolare forma di ‘apostasia’ da se stessa, prima ancora che da Dio[…]».
Anche il politologo francese Alexandre Del Valle ha svolto delle riflessioni interessanti. L’Occidente è afflitto da una «paurosa malattia già rilevata da pontefici: il senso di colpa, secondo il quale la nostra sarebbe la peggiore civiltà della storia, quella che, a ogni latitudine, ha causato più danni di tutte». Questo “senso di colpevolezza”, non ci permetterebbe più di difenderci dagli attacchi esterni.
Nel frattempo altre forze come l‘islamismo radicale, la sinistra liberal o vetero-marxista, cooperano a smantellare ciò che rimane della cultura giudeo-cristiana. Inoltre all’interno del mondo occidentale ci pensa a snaturarlo anche la dittatura del “politicamente corretto”.
Nei discorsi di Greta in questi due anni per del Valle, ritroviamo tutti questi elementi- Pertanto, «[…] la popolarità che assumono i discorsi di certi ideologi libertari-ecologisti, che arrivano persino a esaltare la decrescita economica e la denatalità dei Paesi occidentali, che meriterebbero di sparire per ‘aver distrutto il pianeta […]». Tuttavia questo radicalismo ecologico misantropo dimentica di precisare che i più grandi inquinatori sono i Paesi emergenti. Ha ragione il filosofo Pierluigi Pavone quando sostiene che l’ecologismo nasconde pratiche contro l’essere umano. Per il radicalismo ecologico, «[…] l’uomo è quell’essere vivente che deturpa il Pianeta, si evince che tale essere vivente non è una parte innocua, bensì una parte malata,anzi la malattia stessa del pianeta. Il cancro».
I due studiosi cattolici fanno riferimento a due esponenti di primo piano dell’ecologismo radicale, il principe Filippo di Edimburgo, marito della regina Elisabetta d’Inghilterra, socio fondatore del WWF, affermava: “se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale, per contribuire a risolvere il problema dell’eccesso di popolazione». E poi il noto ambientalista, Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia, che anni fa, formulava la proposta: «si potrebbero adoperare i carnai, gli appositi terreni recintati e sorvegliati, impiegati dalle associazioni naturalistiche come il WWF e la LIPU per alimentare i rapaci […]».
In questo Occidente depresso, dall’identità debole e scristianizzata, si è incistato il radicalismo ecologico, così, «l’ambientalismo è la religione degli atei urbanizzati [e]il cibo biologico è la sua comunione». In questo contesto, osserva Giulio Meotti, Greta diventa «la giovanissima santona di questa religione».
Galasso e Brunetti nello studio in sintesi elencano gli antesignani dei catastrofismi ecologici e demografici. In testa il pastore anglicano ed economista Thomas Robert Malthus (1776-1834) che teorizza la crescita della popolazione a danno dei mezzi di sussistenza. Una teoria sconfessata dalla realtà, come ha ben dimostrato l’economista australiano, Colin Clark, nel suo impareggiabile studio, “Il mito dell’esplosione demografica”, (trad. it. Ares, Milano 1974), tuttavia, ha convinto scienziati, filosofi e politici delle generazioni successive, a cominciare da Charles Robert Darwin (1809-1882) fino ai tecnocrati mondialisti del Club di Roma, dell’urgenza, anzi dell’”obbligo morale” di attuare politiche eugenetiche e di controllo delle nascite su vasta scala.
Il catastrofismo demografico ha avuto una clamorosa impennata, quando nel 1954un filantropo americano Hugh Everett Moore (1887-1972) finanziò la pubblicazione di un libro che ebbe successo in tutto il mondo, “The Population Bomb”, “La bomba demografica”. Moore era il fondatore di una associazione avente come ragione sociale il controllo delle nascite e poi la sterilizzazione volontaria. Fu una trovata comunicativa molto efficace che influenzò tutto il mondo: nel suo libro si equiparavano i pericoli di una crescita incontrollata della popolazione a quelli dello scoppio di una bomba all’idrogeno. Ben presto “La bomba demografica” divenne un punto di riferimento di tutta la galassia del movimentismo radicale, sia quello di orientamento pacifista, sia quello femminista, sia quello ambientalista. Nel 1970, Moore coniò il fortunato slogan: “la gente inquina”.
Il lavoro viene continuato da Lester Brown, che continuerà a battere la strada del catastrofismo apocalittico: «l’annuncio di catastrofi prossime venture (peraltro sempre smentite dalla storia) diventa la strada maestra per giustificare ogni decisione mirante a limitare l’attività e la stessa presenza dell’uomo: dalla condanna dello sviluppo senza limiti alla promozione di aborto ed eutanasia, un unico filo rosso lega le principali politiche globali».
Sugli annunci apocalittici sono eclatanti quelli dell’imminente glaciazione del pianeta, lo sostenevano gli scienziati nel 1973 riuniti a Chamonix sul Monte Bianco. E’ significativo che nel giro di pochissimi anni, sempre gli stessi scienziati, sono riusciti a riciclarsi, senza che l’immagine pubblica ne patisse minimamente, proponendo il global warming.
Un altro cavallo di battaglia degli ambientalisti radicali, è quello dell’esaurimento delle risorse alimentari del pianeta. Anche qui sono state fatti degli annunci apocalittici come quello di Paul Erlich che ha detto nel 1967 che la stagione delle carestie è alle porte e raggiungerà il suo culmine entro il 1975. Naturalmente occorreva sterilizzare le popolazioni e cercare di convincere la Chiesa cattolica romana a smetterla di lottare contro chi vuole controllare la popolazione. Naturalmente si possono intuire le forti pressioni sulla Chiesa, quando san Paolo VI promulgò l’enciclica “Humanae Vitae”. Il 1975 è passato e le risorse del pianeta non si sono esaurite, così come è passato il 2014 senza che si siano sciolte le calotte polari, come aveva auspicato nel 2009 la conferenza sul clima a Copenaghen, il profeta di turno, “Al” Gore. Come avviene spesso «i fatti hanno smentito i profeti di sventura e i loro pregiudizi ideologici».
A conclusione dello studio i due studiosi cattolici si chiedono se «dinanzi a catastrofi annunciate e non verificatesi, è lecito chiedersi se da parte dell’ambientalismo radicale vi sia stato negli anni un uso truffaldino della scienza, sistematico e non solo occasionale».
Sono interessanti le ultime considerazioni sulle teorie apocalittiche del movimento ecologista radicale che sta intorno a Greta. La demonizzazione industriale che fanno questi paladini della crescita zero, «avrebbe tra i suoi effetti immediati il peggioramento della qualità della vita di chiunque non sia ultra-ricco. Il rapporto armonioso con la natura non si recupera abolendo il traffico aereo e le medicine sintetiche».
E’ sotto gli occhi di tutti che in Occidente abbiamo avuto un aumento di benessere e l’allungamento della vita media, mai raggiunti prima da nessuna epoca e civiltà. Questo sta a dimostrare che «la strada giusta non è quella della “decrescita felice”, bensì quella dello sviluppo che sia rispettoso innanzitutto dell’uomo e poi dell’intero creato». Lo sviluppo tecnologico non ha sempre significato “più inquinamento”: le lampade elettriche in uso oggi in Occidente inquinano cinquanta volte meno di quelle a petrolio ancora utilizzate nei Paesi in via di sviluppo.
DOMENICO BONVEGNA
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