di ANDREA FILLORAMO
L’ultimo dei cinque sensi che l’uomo sviluppa è la vista. Il bambino appena nato grida, ascolta la voce della mamma, sente il suo odore e con le manine cerca di esplorare il mondo che lo circonda, ma ancora non sa vedere bene. Un velo leggero caduto davanti ai suoi occhi offusca la visione della realtà e non gli permette di assaporarne ancora le sfumature.
Ecco, dunque, com’è strano il mondo: appena nati, vediamo poco o niente e, crescendo, viviamo per vedere.
La nostra vita, ormai, è fatta di immagini e profeta delle immagini è, senza dubbio, la televisione.
Dentro quella scatola nera avviene ogni giorno un bombardamento visivo: un’immagine dietro l’altra ipnotizza chi guarda e lo spinge a raggiungere la maratona di un acquisto o a giustificare le proprie idee o le proprie azioni o a condannare, senza dimostrare spesso le ragioni, quelle degli altri.
La legge che domina il mondo dell’immagine è quella dell’inganno, dell’imbroglio e per essere più benevoli, quella della persuasione che per lo più, però, è occulta.
Le immagini attraverso cui viene veicolata gran parte delle informazioni televisive, a causa dell’impatto immediato e prevalentemente emozionale, tipico del messaggio visivo, prendono, quindi, il sopravvento su ogni riflessione critica, fatta spesso, in televisione, da gente “prezzolata”, che passa da una televisione all’altra, sia pubblica sia privata (sempre le stesse facce, sempre le stesse voci ) e con faciloneria vende prodotti e idee, ben sapendo di annoiare se non alza il volume della voce per essere ascoltata.
Questo vale anche per gli avvenimenti di cronaca, di politica e persino per la guerra, sia che si svolga lontano da noi, sia nel cuore stesso dell’Europa che per essere vinta ha bisogno della propaganda.
Basta fermarci a quel che sta avvenendo in Ucraina dove si entra sempre di più nel vivo dei combattimenti, dei morti, delle macerie, dove sembra tornare alla Seconda Guerra mondiale ma è una triste attualità che riguarda tutti noi da vicino, per cui c’è chi decide quali immagini della guerra dare alla visione, purché esse siano dure e creino shock.
Basta, perciò, accendere la televisione in ogni ora del giorno e della notte e vedere fumo, incendi, macerie, sentire sirene, vedere ancora edifici completamente incendiati, ormai senza finestre, gente fuggire, correre, disperarsi, donne che urlano, non si sa se per paura, disperazione o per la morte di una persona cara, bambini morti, fosse comuni, corpi in mezzo alla strada, sangue, macchine incendiate, devastate come fossero scoppiate, saltate in aria e ancora: gente che cammina allibita, spaesata, guardando i corpi senza vita che cerca di mettersi al riparo.
Diciamo la verità: non sono realmente le immagini in sé, che ci feriscono profondamente, alle quali purtroppo, però, ci si può anche abituare e non arrecano, quindi, molti danni psicologici agli adulti ma per bambini, ai quali consegniamo un mondo dell’orrore – e di questo dovremmo con loro scusarci – dominato dalla morte, i danni sono sicuramente irreparabili.
Il problema è dato dall’uso anche sadico, che si fa di tali immagini: è la stoltezza dell’uomo che associa il messaggio a questioni politiche, territoriali, di possesso, che, in ultima analisi, sono sempre problemi economici e, quindi, cerca di sfruttare al massimo le loro potenzialità.
Forse sarebbe meglio se quel velo leggero davanti agli occhi di un neonato non si dissolvesse mai, così che potremo assaporare davvero il gusto della realtà, che non può essere quella della guerra, ma quello della pace, sentire meglio i suoi odori, ascoltare più forte la sua voce ed essere più portati a voler toccare con mano la sua essenza.