di ANDREA FILLORAMO
Sembra che gli esseri umani cerchino sempre di cautelarsi per evitare fraintendimenti e malintesi del loro modus vivendi e spesso invocano il silenzio a eventuali comportamenti giudicati riprovevoli che cercano di nascondere e di non far venire alla luce.
Questa considerazione indubbiamente provocatoria ci aiuta a leggere ed interpretare un’email pervenutami da un prete che si firma “clericus” (che sto cercando di identificare ), che, dopo avermi fatto gli elogi per i miei scritti, facendo riferimento agli ultimi articoli sugli abusi sessuali dei preti, è venuto fuori con la seguente strana affermazione, che prego di prendere attentamente in esame in ogni sua parte e che dimostra un modo di approcciarsi di una certa parte del clero alla “ vergogna” degli abusi sessuali.
Egli, infatti mi ha scritto: “Gli scandali della pedofilia e degli abusi sessuali dei preti, in cui può incappare qualunque sacerdote, sono senz’altro, una presenza invadente ma solo nei giornali e nelle televisioni, ma non fra i sacerdoti che si sentono in ogni caso immuni dalle accuse di pedofilia(…………), tant’è che Il nostro arcivescovo non è affatto preoccupato e quindi non fa sforzi significativi per difendere, in ogni caso, i suoi preti da quelli che possono essere delle leggerezze che si fanno diventare crimini. Egli capisce, oltretutto, che la misericordia vale più della condanna. Quello che è chiamato insabbiamento è possibile che sia espressione di un atto di misericordia nei confronti di chi sbaglia e forse non sa di sbagliare o non riesce a non sbagliare per quello che tu hai chiamato un falso concetto di sessualità, che io condivido”.
Osservo con grande imbarazzo: quel prete, con questa email, ha cercato di costruire una cittadella facilmente oppugnabile dove pensa di potere far riparare i molti preti pedofili che sono nel mondo e dove, egli stesso forse cerca di rifugiarsi per occultare (oso spingermi troppo) la sua natura.
Egli sa che la guerra ingaggiata da Papa Francesco contro gli abusi sessuali dei preti è una guerra totale che va a colpire anche la pratica diffusa per decenni dell’insabbiamento dei casi di abuso, cioè di quel sistema di protezione dei sacerdoti colpevoli reso possibile da un ruolo attivo dei vescovi, che al massimo trasferivano i colpevoli e occultavano le prove.
Assurdo mi appare, perciò, il suo richiamo e l’invito alla misericordia al suo arcivescovo, persona saggia, pastore attento e scrupoloso, pienamente consapevole che la responsabilità in vigilando non è uno slogan vuoto.
Il suo arcivescovo – ne sono certo – sa prendersi cura del clero, ascoltare l’eventuale segnalazione degli abusi, applica il diritto canonico ritenendolo parte della sua missione, possiede sicuramente la virtù della prudenza, che non significa “reticenza o timidezza”, ma equilibrio tra azione e riflessione nell’esercizio di una responsabilità che richiede molto impegno e coraggio e mai considererà leggerezze gli abusi sessuali dei preti, come afferma Papa Francesco, di “mostruosità assoluta, di un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna”.