Premessa
Quanto dico qui di seguito vuole essere una testimonianza personale, magari imprecisa e manchevole, e una protesta da mettere insieme alle molte che in Italia si sono levate a proposito della negata apertura delle chiese per la celebrazione della Santa Messa; sono sicuro di averne diritto in quanto battezzato e cittadino italiano. A ciò aggiungo – al solito – di essere nato nella “prima metà del secolo scorso” e, quindi, trovandomi a percorrere la “terza” parte della esistenza, voglio esprimere la mia opinione mentre ancora me ne è lasciata la libertà.
Parto dall’episodio ormai famoso accaduto il 24-4-2020: il carabiniere che sale i gradini di un altare per interrompere la celebrazione della Santa Messa. Volgarità inaudita che ha fatto ridere mezzo mondo e che, forse, mai si era verificata dall’epoca dei Turchi assalitori delle nostre contrade (“All’armi! All’armi! La campana sona li Turchi su’ rruàti a la marina!” si cantava nel nostro Sud), neanche con le persecuzioni di Napoleone che pure aveva arrestato e deportato due papi o quelle dei governi massonico-liberali dopo l’unità d’Italia (1861) e la “liberazione” di Roma (1870) e nemmeno nel periodo della “barbarie nazi-fascista”. L’azione maldestra compiuta da un povero carabiniere mandato sull’altare è stata percepita da molti come emblema di una mentalità contraria e ormai diffusa nei riguardi non solo della Chiesa ma anche della Religione Cattolica; una percezione vieppiù rafforzata dopo le “aperture” concesse dal Governo a tante categorie e negate alle chiese per la celebrazione delle Sante Messe.
Che dire e che pensare oltre lo sbalordimento? Sicuramente quello manifestato dai “legislatori improvvisati” che siedono in Parlamento non è odio – ne sono convinto – ché questo è un sentimento terribile dell’animo umano ma, a suo modo, “intelligente” e i suddetti non credo siano capaci di averne. Forse hanno ascoltato suggerimenti occulti dai “superiori” che siedono sulla Piramide? Ma anche questa ipotesi non tiene perché i “superiori-suggeritori”, questi sì, sanno odiare la Religione ma con “intelligenza” e mai avrebbero commesso uno strafalcione di simile plateale portata. Quasi certamente si è trattato di una “dimenticanza” e in tal caso l’ “errore” a me pare ancora più interessante e, quindi, da meditare.
E infatti: se la “dimenticanza” è sortita d’improvviso (in latino si potrebbe dire “ex abundantia cordis”), cioè gli è sgorgata spontanea dal cuore senza che lor signori se ne siano neanche avveduti, essa dimostra la irrilevanza in cui nella vita pubblica italiana sono ormai tenuti i cattolici e la Chiesa e la stessa Religione. Ciò sbalordisce di più se pensiamo che in Italia ci sono chiese in tutti i quartieri di città e paesi e nelle campagne, segni secolari di quella che fu una grande civiltà e in parte lo è ancora, e, soprattutto, che esistono comunità di fedeli con tanti preti e religiosi – anch’essi cittadini italiani – che svolgono nelle “periferie” senza nulla chiedere e pretendere, un’opera materiale e spirituale indispensabile di aiuto ai “poveri” che il Mondo Moderno, più di prima, produce a milioni e rottama non sapendo cosa fare e come loro provvedere. Strano, poi, che questa “dimenticanza” sia partita da una compagine di Governo definita “buona” perché di Sinistra, a cui diversi chierici e frequentatori di oratori e sagrestie guardano con simpatia e concedono voti.
Tutto ciò non contando, poi, gli ossequi e i salamelecchi al “santopadre” e gli inchini e i baciamano e i sorrisi e le foto insieme a Papa Francesco e la visibilità che Gli danno i “padroni” delle tv in tutti i telegiornali di mattino, mezzogiorno e sera, riportandone le espressioni che più loro convengono; così – ma è solo un esempio – della citatissima “Laudato si’” (2015) viene regolarmente taciuto il paragrafo 120 che fra l’altro recita: “non è compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto”. Come è noto a tutti, la maggior parte degli adoratori/difensori della natura sono favorevoli all’aborto perfino “post-natale” (una volta si chiamava “infanticidio”!) e lo proclamano apertamente; appartengono alla stessa “famiglia” politica dei “legislatori” di cui sopra e quando questi confezionano “leggi” contro il Diritto Naturale e la Dottrina della Chiesa, applaudono frenetici per primi e, teleguidati, riempiono le piazze con bandiere e trombette per sostenerle.
Conclusione
Certo, appena possibile aggiusteranno le cose: contrapporsi, infatti, non giova a nessuno, né alla Chiesa né ai politici laicisti che mirano ai voti dei cattolici; non è bello scontrarsi in un mondo in cui tutti parlano di pace e il mieloso “volemosebbène” è il verbo più coniugato e sulla bocca di tutti; sicuramente un monsignore firmerà il “protocollo”, magari immaginandosi plenipotenziario di un “nuovo concordato” come quello del 1929, concederanno libertà e finalmente apriranno le chiese etc. etc. Ma, dopo tutto ciò che è accaduto, è opportuno che i cattolici tengano a mente qualche lezione per il futuro: intanto sappiano di essere minoranza in una società ormai per lo più indifferente a qualsiasi religione.
La “scoperta” di essere minoranza non è recente, essa è calata “improvvisa” col referendum sul divorzio, nel 1974, dopo decenni di sonno tranquillo sotto le ali della Democrazia Cristiana, per antonomasia detto “partito cattolico” o “dei cattolici”; poi ci fu la conferma nel 1978 con la “legge” 194 che legalizzò l’aborto, cioè l’eliminazione di una vita umana prima di nascere, e il successivo referendum del 1981 a cui i cattolici giunsero frastornati, divisi e a ranghi ridotti e – ovviamente – persero in modo ancora più rovinoso rispetto al 1974: del resto cosa potevano fare se non perdere, visto che al processo di quella “legge” avevano collaborato, e come, i democristiani stessi e – ironia della sorte! – erano stati costretti (Governo monocolore e Presidente della Repubblica) a firmarla e promulgarla?
Da allora l’assalto alla Famiglia naturale, pietra angolare di ogni società, non s’è più fermato fino al risultato attuale in cui, in teoria, essa non esiste più; infatti ne esistono altre, contraffazioni di quella vera; tutto ciò è avvenuto nonostante qualche “miracolosa” battuta di arresto come il referendum del 12/13 giugno 2005, quando, finita la Democrazia Cristiana, una forte maggioranza di elettori finalmente liberi, consigliati dal cardinale Ruini, non siamo andati a votare e clamorosamente abbiamo bloccato il progetto dei Radicali e della Sinistra unita che volevano fare un passo avanti cancellando la legge 40 (di passaggio, ricordo che i post-comunisti del Partito Democratico, a Rozzano, raccolsero le firme contro quella legge, da loro detta “intollerabilmente ingiusta”, “una brutta legge” perché metteva “a rischio la salute delle donne”, “un mostro partorito dal centro-destra” (v. VIVIROZZANO, ottobre 2004, pag. 4).
Ma il processo di demolizione è continuato col neopaganesimo montante e lo vediamo: “unioni” dette “civili”, “utero in affitto” con produzione dell’uomo in serie come le automobili, compravendita di corpi di donne e di bambini, padri e madri sconosciuti e figli orfani per legge, “matrimonio” omosessuale, diritti dei pedofili “non violenti” etc. etc.
Le bellissime chiese, costruite dalla fede dei nostri Padri, saranno sicuramente riaperte ma in un futuro e nel migliore dei casi rischiano di essere declassate a musei per turisti cino-giapponesi come molte nel Nord-Europa, da dove, è utile ricordare anche questo, nel 1517 è partita la “prima” Rivoluzione. Ecco perché, conoscendo bene tutto ciò, i nostri “bravi” legislatori si sono potuti permettere la “dimenticanza” di cui dicevo all’inizio: i cattolici “non compariscono”, hanno detto e pensato con Machiavelli, e noi non li calcoliamo.
Occorre prenderne atto per non farsi illusioni: la cultura di lorsignori si chiama “relativismo”, cioè assenza di principi a cui afferrarsi e da cui partire, una sorta di “nullismo” progressivo e in divenire dove tutto e il suo contrario devono avere diritto di eguale legittimazione e se qualcuno (a scuola, in piazza, al bar, con amici, sui giornali, in tv…) si permette di dissentire, diventa un reprobo e, peggio, un poveretto da compatire e irridere; essa è ormai una “dittatura” come la disse il cardinale Ratzinger nel 2005, quasi un avviso, alla vigilia della sua elezione a Pontefice, e molti dei giovinotti, “bocche-parlanti”, che fortunosamente sono finiti in Parlamento ne sono seguaci entusiasti, la propagandano e la impongono; si tratta di “figli” di quelli che fecero la Rivoluzione culturale del “Sessantotto”: a quell’epoca – sebbene dall’altra parte della barricata, io fui protagonista e quindi testimone oculare – sono state poste le basi di questa “dittatura” che di anno in anno diventa sempre più stringente.
Forse è il caso che i cattolici approfondiscano l’argomento e riflettano bene sulla “dimenticanza” e, magari, reagiscano per evitare che altre ne accadano in futuro!
Carmelo Bonvegna