La stagione delle Stragi: Io c’ero! Mi chiamo Giacomo Sereni e questa è la mia storia

Ultimo di trentamila by elledilibro. La storia di Giacomo Sereni

In Sicilia Cosa Nostra può contare su un “esercito” di oltre 20 mila uomini. I “regolari” sono più di cinquemila ma possono contare su almeno 15 mila fiancheggiatori. Questo spietatissimo “esercito”, che si concentra nelle province di Agrigento, Palermo, Trapani e Caltanissetta, viene affrontato da magistrati, poliziotti e carabinieri, scoraggiati, che hanno mezzi inadeguati per fronteggiare l’ offensiva. Proprio nelle province più calde gli “avamposti” dello Stato sono allo sbando. Gli uffici giudiziari delle città a più alta densità mafiosa non riescono a svolgere neanche la “normale amministrazione”.

Sono Giacomo Sereni, professione carabiniere, per la precisione maresciallo. All’età dei principi e del massimo sentimento dei valori, ero impegnato in un servizio di appostamento per catturare Salvatore Riina, latitante boss fra i più sanguinari della mafia…

Da Agrigento a Trapani, gli avamposti dello Stato sono allo sbando. Pochi giudici, a volte discussi, fronteggiano l’esercito della mafia che può contare su 20 mila soldati. “L’ uomo d’onore – ha, anni dopo, spiegato Buscetta al giudice Giovanni Falcone – non chiede mai nulla, non fa mai domande. Ma se gli viene riferito qualcosa da un altro uomo d’onore sarà la verità. Se l’obbligo di dire la verità in presenza di un uomo d’onore non è più rispettato dai mafiosi, è segno inequivocabile che o sarà lui a morire o sarà il suo interlocutore a essere soppresso”. 

Non è facile spiegare la storia della mafia siciliana e delle altre mafie, che sono penetrate così a fondo nel tessuto della società italiana e minacciano da vicino valori imprescindibili a cominciare da quello della legalità e dei diritti uguali per tutti.

E un giorno decido di entrare a far parte dell’esercito invisibile, quello dei 30000 uomini-fantasma che popolano le vie di ogni città: sono il numero 30001. Inizio a vivere come un barbone, con tutto quello che comporta. Perché quando il dolore ti assale davvero, l’aggressione avviene da dentro. Prima esplode, poi rosicchia ciò che rimane e dopo lo strazio, di cui si è assolutamente incoscienti, giunge, sorda e cieca, l’infinita quotidiana assenza. Urlare non serve. Piangere non serve. Arriva un momento in cui bisogna agire, fare qualcosa, qualsiasi cosa…