Ho deciso di affrontare subito il tema della straordinaria sovrana di Spagna, sposa di Ferdinando, che finanziò il viaggio di Cristoforo Colombo, ma non solo. Ho riletto (in biblioteca ne ho tanti altri NON letti) il testo, “La regina diffamata. La verità su Isabella la Cattolica”, di Jean Dumont, SEI (Società Editrice Internazionale), del 2003. Il testo è introdotto da un invito alla lettura di Vittorio Messori.
E’ un lungo e accanito lavoro su una regina che ha veramente fatto la storia non solo della Spagna, ma di tutta la Cristianità occidentale. E’ una sfida quella lanciata da Dumont, che, utilizzando una grande massa di documenti spesso inediti si propone di smontare la “leggenda nera”, provando la falsità delle accuse e dimostrando che è ben fondata la fama di santità di Isabella. Una figura che è stata infangata dai più svariati accusatori a partire dagli ebrei, islamisti, massoni, liberal di ogni tipo, ma anche da secessionisti catalani, baschi, galiziani, antifranchisti. L’obiettivo di tutti questi è impedire che la Chiesa beatifichi Isabella che qualche avversario ha definito, “un diavolo in forma di donna”.
Isabella nasce il 22 aprile 1451 in un villaggio dell’altopiano della Vecchia Castiglia, Madrigal de las Altas Torres. I suoi genitori sono il re Giovanni II di Castiglia e la sua seconda moglie, Isabella di Portogallo. Dumont cerca di capire e descrivere l’ambiente di Madrigal, in cui “è sbocciato questo fiore della storia”. Un ambiente che lasciato un segno profondo in Isabel, sia dal punto di vista religioso, artistico, sociale e politico. C’è un ritratto che la ritrae giovane, con la carnagione molto chiara, bionda, sguardo gradevole e schietto, il viso molto bello e ridente. Dumont è convinto che per scrivere la storia di Isabella, “sia preferibile andarla a scoprire anche nel suo sicuro microcosmo d’epoca, anziché fare assoluto affidamento al macrocosmo delle ‘scienze umane'[…]”. Pertanto, per Dumont, “Isabella è prima di tutto Madrigal, villaggio dal passato di straordinaria ricchezza cristiana, sua culla profetica”. Naturalmente non mi soffermo sulle interminabili vicende, sulle contestazioni dei partiti nobiliari, su come sia arrivata a diventare regina di Castiglia. Lo hanno fatto gli autorevoli storici come Tarsicio de Azcona o Joseph Perez, per nominare quelli più celebri.
Tuttavia il testo ci racconta anche come arrivarono al matrimonio i due giovani re, Isabella e Ferdinando, entrambi giovani coetanei affascinanti, che si sono scelti da soli. Un matrimonio frutto non di soli calcoli politici e finanziari (come si evince dal Concordato), che c’erano, ma c’era anche l’amore, la passione, al contrario di quello che sostengono Perez e Azcona. Isabella regina di Castiglia, Ferdinando re d’Aragona, si incontrano a Valladolid, dopo un viaggio da leggenda. Il matrimonio si svolge il 18 ottobre, celebrato dall’arcivescovo Carrillo. I giovani sposi all’inizio hanno avuto grosse difficoltà, a causa di principi e nobili, ma anche di Enrico IV, che non accettavano questo matrimonio, ma a poco a poco riescono a moltiplicare le alleanze a loro favore, come quella dei Mendoza, in particolare del marchese di Santillana. I futuri Re Cattolici, con il “Concordato” del 1475, prefigurano l’unità della Spagna attraverso l’unione dei due Regni. Dumont descrive la prima guerra che i due sovrani hanno affrontato contro il re del Portogallo, Alfonso V che pretendeva la corona di Castiglia. Quest’ultimo intanto si era alleato con Luigi XI,
Creazione dello Stato moderno.
I re cattolici dopo aver sconfitto la minaccia franco-portoghese, hanno iniziato a ristabilire la piena autorità dello Stato in Castiglia e riorganizzato il paese. Ben presto crearono un nuovo Stato, con caratteristiche moderne. Ma per ottenere questo risultato hanno dovuto combattere le pretese dei vari nobili locali. Poi c’era la situazione religiosa molto grave degli ebrei e dei conversos, che si sono convertiti al cristianesimo. Lo storico Diego Hurtado de Mendoza, figlio di uno degli uomini di fiducia di Isabella, potrà scrivere: “I Re Cattolici misero il governo della giustizia e delle altre cose pubbliche nelle mani di uomini di classe media, né grandi né piccoli, senza offesa per gli uni o per gli altri, la cui professione era la legge, la cortesia, il segreto, la verità, la vita retta e i costumi non corrotti, persone che non sollecitano e non ricevono regali […] Essi, invece, con dolcezza e umanità, si riuniscono nell’ora prevista per ascoltare le cause e giudicarle, e discutere il bene pubblico”. Isabella ha soddisfatto le aspirazioni popolari di difesa locale contro le oligarchie dei vari nobili. Rivolte di contadini e abitanti di città sollecitarono l’appoggio reale. “Fu allora che si rafforzò l’immagine della monarchia di Isabella e Ferdinando, attenta ai desideri del popolo e preoccupata a garantire loro protezione”. Lope de Vega di questa condotta, ne fece un’opera teatrale.
A questo punto Dumont si pone una domanda che ci fa riflettere molto: “Ci si chiede perché gli storici, anche migliori, abbiano omesso di rivelare che Isabella e Ferdinando hanno risposto istituzionalmente all’attesa popolare creando rappresentanze elettive nelle municipalità”. Un’importante conquista, presente in molte città spagnole più importanti dell’epoca. “I rappresentanti agivano in collegamento diretto con i Consigli reali”. Dumont ha consultato gli archivi e sa cosa scrive.: “la rappresentanza popolare voluta da Isabella è così efficace e generalizzata che la troviamo in America nel 1530 […]”. E’ un “grande passo democratico”, scrive Dumont. “La monarchia di Isabella fu dunque una ‘monarchia popolare’, modello di modernità, come la memoria popolare non cessa di ricordare, e di celebrarla, fino ai nostri giorni”. Una lezione per chi non conosce la Monarchia spagnola. “I Re Cattolici vennero quindi in soccorso del popolo delle campagne, come erano giunti in soccorso del popolo delle città creando la rappresentanza popolare […]”.
Interessante la descrizione della riorganizzazione di Isabella dello Stato dal punto di vista economico, in particolare del sostegno e della promozione del grande allevamento delle pecore, basato sula transumanza. Era la principale ricchezza propriamente castigliana. La lana di alta qualità delle pecore merinos, era ricercata sui mercati europei. La Spagna garantiva, mediante la transumanza, la migliore alimentazione degli ovini in ogni stagione.
L’Inquisizione vista come ripristino dell’ordine.
Realizzata progressivamente dal 1477 al 1490, “non è da parte di Isabella l’effetto di una pulsione aberrante e divergente, ma una delle numerose istituzioni attraverso le quali ella ha condotto a buon fine la ricostruzione dello Stato castigliano e la protezione del popolo: un’impresa compiuta a difesa del popolo castigliano inteso come ‘popolo di Dio’, il Dio cristiano”. Certo il tema è complicato, come ho scritto altre volte, c’è da fare la solita raccomandazione: per comprendere appieno bisogna calarsi in quell’epoca in cui è vissuta la regina di Spagna. Inquisizione rivolta principalmente nei confronti degli ebrei e dei conversos. Secondo gli studi di Dumont, “nell’inquisizione non vi è antisemitismo, nel senso moderno dell’odio biologico, razziale”. Non solo, avverte Dumont, Ferdinando stesso era, “di lignaggio in parte ebreo, per eredità materna”, peraltro elencando i vari consiglieri e collaboratori diretti, intimi della regina sono di origine ebrea o conversa. Perfino Thomas de Torquemada, era nota l’origine conversa. Inoltre Dumont chiarisce che, la repressione antigiudaizzante, era già stata rivendicata dagli ebrei conversi. “Questi nuovi cristiani sono generalmente convinti, e perfettamente avvertiti, del pericolo della giudaizzazione […]”. Uno di questi è Salomon Ha-Levi, un tempo rabbino, in seguito vescovo di Burgos con il nome di Pablo de Santa Maria, autore di un “Dialogus contra Judaeos”. Ma ce ne sono tanti altri, ex rabbini come principali inquisitori e grandi polemisti. Dumont fa cenno dell’intolleranza ebrea, maggiore di quella cristiana, come confermano altri storici come Fernand Braudel. Addirittura il liberale Salvador Madariaga, afferma che “L’inquisizione spagnola per molti fu un’idea ebrea”. Tuttavia, Dumont sostiene che l’Inquisizione in Spagna non ha mai raggiunto il carattere inquisitorio conosciuto in Francia, con i roghi dei Catari, quelli dei Templari o quello di Giovanna d’Arco. “In Castiglia non vi è d’altronde alcuna tradizione di roghi religiosi[…]”. E se poi si è giunti a una sistematica repressione, è perché era in gioco l’esistenza stessa della Spagna cristiana, osserva Ludwig von Pastor, autore dell’immensa “Storia dei Papi”.
“La supremazia degli ebrei spagnoli si fece intollerabile per le masse”, masse che volevano restare cristiane”.
Dumont fa riferimento a una serie di esempi di rivolte popolari contro l’ebraismo e i conversos (non convertiti) che cercano di riprendere il potere politico ed economico. Il rischio per la Spagna è grande e Isabella e Ferdinando lo hanno avvertito dopo la sanguinosa battaglia di Siviglia. Il problema dei converso è il nodo gordiano da risolvere senza esitare, in modo drastico, definitivo. Ecco il progetto dei sovrani spagnoli: un nuovo e rigoroso battesimo per tutti. Un certificato rilasciato dal Tribunale della fede, che “significava qualificare definitivamente i conversos come cristiani e spagnoli con pieni diritti”.
Nonostante questa situazione, Dumont titola un paragrafo: “Una primavera di carità”, tuttavia la misericordia non era assente nei due sovrani, ricevendo la bolla papale, lanciarono a Siviglia, “una vasta campagna di catechizzazione dei conversos, per convincerli a rinunciare da soli alla loro infedeltà. Una campagna – precisa Dumont – che faceva ricorso, in primo luogo, alle ‘dolci ragioni e ai teneri ammonimenti’ invocati dal segretario reale converso Pulgar”. Mendoza redige un vero e proprio catechismo per i conversos. Lo scrittore francese ci invita a soffermarsi su questa primavera di carità, e soprattutto a sfatare alcuni luoghi comuni, ripresi da molti nostri media e dai manuali scolastici. Durante tutto il Medioevo a sud dei Pirenei è successo un fatto unico in Europa: “la fusione biologica fra cristiani ed ebrei: ciò permise, fenomeno inesistente altrove, l’ascesa delle discendenze ebree in cima alla gerarchia sociale cristiana. Questo riavvicinamento biologico fu dovuto alle donne ebree divenute cristiane”. Grazie a tutta questa tolleranza e fraternità, faceva della Castiglia il “regno delle tre religioni” (cristiana, musulmana ed ebrea). I cristiani sposavano le ebree perché particolarmente belle. Infatti, c’è una incredibile presenza maggioritaria conversa nell’alta nobiltà spagnola, fra gli alti funzionari, i consiglieri e collaboratori del re, era presente anche nell’alto clero.
Alla fine consultando le fonti si può scrivere che per certi versi Isabella diventa “Protettrice degli ebrei”. Nel 1477 Isabella prende sotto la sua protezione gli ebrei, in particolare i loro beni, soltanto quando percepisce il pericolo dei giudaizzanti entra in azione l’Inquisizione, che deve essere considerata nelle sue giuste proporzioni. Certamente NON sono le cifre enormi fornite certi storici. In ventiquattro anni di governo di Isabella le vittime dell’inquisizione non furono superiore ai quattrocento. Certo, ammette Dumont, “un bilancio pesante, ma non paragonabile all’orgia di massacri con il fuoco che la cultura scolastica ha radicato nello spirito popolare”. Un numero relativamente limitato scrive Braudel. Sicuramente infinitamente più limitato rispetto alle centinaia e migliaia di ghigliottinati, delle fucilazioni di massa, delle deportazioni delle “colonne infernali” nei soli sei anni di Terrore (1793-1799) della Rivoluzione francese, “in nome della quale si giudica l’inquisizione spagnola senza nemmeno aver studiato la storia”. Ben presto i conversos si dimostrarono, “malvagi” e non dolci e povere pecorelle oppresse come ci vengono dipinte. Ormai erano diventati un pericolo sociale, organizzavano complotti, assassinii. Attenzione però ci tiene a precisare Dumont: la battaglia del governo spagnolo era contro i cristiani, “perchè l’inquisizione, bisogna ricordarlo, ha potere soltanto sui battezzati, e non sugli ebrei, che non subiranno mai repressione, salvo per crimini particolari, e che potranno continuare a professare liberamente la fede ebraica”. Dumont accenna alle prigioni che non erano l’”anticamera dell’inferno”, come è stato scritto. Poi c’erano le tante garanzie degli inquisitori per l’accusato. Gli accusati vengono giudicati tutti allo stesso modo, nobili o popolani, ricchi o poveri.
Il V° capitolo si occupa dell’espulsione degli ebrei.
Anche qui ci sono tante leggende da smascherare. L’espulsione ridusse certamente la repressione nei confronti dei conversos ed è stata decisiva per il ritorno alla pace religiosa. In merito all’espulsione degli ebrei, Dumont si sforza di trattare l’argomento e di dare delle risposte con giustizia sia per i cristiani che per gli ebrei. Lo fa in quattordici punti che non sto qui ad esporli. Accenno a qualche risposta. Intanto gli ebrei aiutarono i musulmani a conquistare i territori spagnoli. Per quanto riguarda l’accoglienza si possono accettare singole persone, non a titolo perpetuo un popolo intero. In quanto il popolo ospitante ha diritto alla propria identità, alla quale lo straniero non può attentare e gli ebrei erano considerati stranieri. Agli ebrei sono stati dati quattro mesi di tempo per lasciare il territorio spagnolo, non hanno subito molestie durante l’uscita dal territorio. Tuttavia la sorte peggiore toccò agli ebrei che si diressero nel Maghreb, in Marocco, numerosi trovarono la morte o la schiavitù nei battelli dei Mori. I beni degli ebrei sono stati donati alle chiese o ai signori che li avevano ospitati. Dumont precisa che soltanto un numero ridotto di ebrei ha lasciato la Spagna. Lo scrittore francese ha cercato di dimostrare che l’espulsione degli ebrei non è stata una macchia da non perdonare a Isabella. Peraltro l’assemblea dei dottori dell’Università di Parigi si è congratulata con i re cattolici. Quanto alla Chiesa, Alessandro VI accolse a Roma con generosità molti ebrei spagnoli espulsi.
Infine Dumont espone un particolare che riguarda il nostro tempo. Durante la persecuzione nazista di Hitler, è proprio uno spagnolo tradizionalista, la cui famiglia ha origini in quei “battesimi affrettati” degli ebrei a venire in loro soccorso. “Quest’uomo aveva una doppia linea di discendenza conversa, paterna e materna: si chiamava Francisco Franco Bahamonde, due nomi di famiglie converse”. Dumont precisa che Franco era un “capo di uno Stato spagnolo cristiano e autoritario, aveva ristabilito, come prima decorazione ufficiale, l’Ordine di Isabella la Cattolica e dato allo Stato per emblema il simbolo dei Re Cattolici, il gioco e le frecce: quest’uomo si gettò in soccorso degli ebrei in pericolo”. Del resto Hitler e il suo Istituto della razza, sapevano delle origini ebraiche di Franco, ecco perché lo chiamavano “ufficialetto ebreo”. Peraltro Franco, discepolo di Isabella, fece una cosa inaudita nel pieno del trionfo di Hitler, diede la nazionalità spagnola ai discendenti degli ebrei espulsi dalla Spagna, ponendoli sotto la protezione di uno Stato neutrale, strappandoli così a sicura deportazione. “Si calcola che Franco abbia salvato così 400.000 ebrei […]”. Ogni anno il 20 novembre, anniversario della morte di Franco, gli ebrei svolgono una celebrazione di riconoscenza per la sua memoria.
L’ultima crociata dell’Occidente europeo.
Nel VI° capitolo, Dumont descrive la riconquista di Granada occupata dai Moriscos, l’ultimo regno musulmano della penisola, che aveva cancellato ogni vestigia del cristianesimo. E qui lo studioso francese smonta, l’immagine amabile, colta e tollerante che ci hanno lasciato i romanzieri e gli scrittori romantici. Ci vengono raccontati alcuni particolari come il gigantesco rogo della biblioteca del califfato di Cordova. Certo c’è l’Alhambra di Granada, testimone di una civiltà raffinata, nelle sue alte sfere, costruzione – ricorda Dumont – fornita dall’oro proveniente dal Sudan, dagli schiavi neri e dai prigionieri cristiani addetti al trasporto. Pertanto, “la riconquista del regno islamico di Granada non può quindi essere descritta come la vittoria dell’oppressione cristiana sulla giusta pace, né come quella delle tenebre castigliane sulla luce”. Come sostengono i terzomondisti del cancel culture. La Reconquista, “fu in realtà il frutto dell’ideale di un popolo, desideroso di recuperare le sue terre, e di riportarvi la fede che era stata strappata con la forza”. La riconquista di Granada fu anche un obiettivo non solo nazionale, ma un ideale internazionale, europeo. E questo particolare mi era sconosciuto.
Il Papa Sisto IV nel 1482 aveva istituita il contributo alla Crociata (Cruzada), destinato in primo luogo a finanziare la lotta contro l’islam in Spagna. Tutti contribuirono, fino a raggiungere la somma di 500 milioni di maravedì. In tutta Europa gruppi consistenti di cavalieri e soldati si preparavano a venire in aiuto, volontariamente ai soldati e cavalieri di Isabella e Ferdinando. Di fronte a Granada si organizzava così l’ultima crociata dell’Occidente europeo. Gli archivi attestano la presenza di combattenti tedeschi, svizzeri, francesi, borgognoni e inglesi. In questo contesto, Dumont sottolinea il genio politico e militare del futuro Re Cattolico e quello della moglie. Non mi soffermo, ma vi lascio alla lettura del testo. Il 2 gennaio 1492 si compie la reconquista con la prima messa nel palazzo musulmano dell’Alhambra. Il potere dell’islam in Spagna è finito, le campane suonano fino a Londra e prima di tutto a Roma.
Cristoforo Colombo e l’America.
Probabilmente è l’impresa più conosciuta che riguarda la regina di Spagna. L’enorme storiografia colombina ha costruito romanzi inesauribili e contraddittori, non confermati da nessun documento d’archivio. Intanto i monarchi hanno deciso da soli, erano capaci di farlo. Il ritorno e l’incontro con i sovrani di Colombo in Spagna secondo Dumont non ha il carattere di apoteosi, come è stato scritto ovunque. Per il secondo viaggio di Colombo in America, i monarchi spagnoli gli danno una Istruzione fondamentale: “Colombo deve fare il possibile per convertire gli indigeni, con la precisazione che questi devono essere trattati ‘bene e con amore, senza far loro il minimo torto, in maniera tale da avere con loro molto dialogo e familiarità”.
E’ una istruzione opera soprattutto di isabella, del popolo castigliano. Colombo però dimostra una inquietante doppiezza nel suo comportamento nelle “Indie”, in totale contraddizione con le istruzioni ricevute da Isabella. Praticamente nelle terre scoperte, installa “una semplice agenzia commerciale che il monopolio, in cui tutti gli spagnoli e gli europei erano dei salariati, e gli indiani degli schiavi: in questo modo è l’unico a profittarne”. Addirittura nel 1495, invia una prima nave carica di schiavi indiani, per metterli in vendita, ma Isabella fa tornare indietro la nave. Ben presto il rapporto con la regina si deteriora per via della schiavitù degli indiani e così la regina ordina che tutti quelli che hanno portato schiavi dalle Indie devono, “sotto pena di morte”, ricondurli o rimandarli in America. Intanto affida nelle Antille pieni poteri d’inchiesta e di governo, a due commissari, Francisco Bobadilla e Nicolas de Ovando, che fanno arrestare Colombo. Poi ci sarà per Colombo il quarto e ultimo disastroso viaggio e infine muore il 21 novembre 1504.
A partire dal 1501, Isabella ha la responsabilità completa e diretta della colonizzazione in America, oltre alla responsabilità di evangelizzarla, obbligata dalla Bolla pontificia, Piis Fidelium, del 25 giugno 1493. Firma una istruzione al governatore Ovando, affinché ”protegga in ogni istante quelli che noi oggi chiamiamo diritti umani”. Infatti, Dumont scrive che “l’istruzione precisa con risolutezza che lo status degli abitanti delle terre scoperte è quello di uomini liberi, sudditi naturali della Corona castigliana”. Inoltre, la sovrana aggiunge: “è necessario informare gli indiani sulla nostra sante fede, affinché ne giungano a conoscenza”. Pertanto, i religiosi, dovranno informare e ammonire gli indiani con molto amore, “senza esercitare su di loro alcuna costrizione”. E’ giunta l’ora di Dio, affidata a quindici religiosi, in gran parte francescani, la schiavitù di Colombo è scomparsa. Dumont fa riferimento all’encomienda, istituita da Isabella, un’istituzione molto discussa. Aveva quattro obiettivi: Impedire che gli indiani rimangono dispersi nelle boscaglie e sottoalimentati. Creare villaggi indiani, in cui essi saranno nutriti, civilizzati e cristianizzati. Affidare il villaggio a un governatore per proteggere da abusi gli indiani e garantirgli un salario equo. Isabella lo precisa: “gli indiani lavoreranno come ‘uomini liberi e non come schiavi’ e dovranno essere trattati con umanità”. Attenzione non sono obiettivi di dissimulata schiavitù. Ancora una volta Dumont fa notare la grande rivoluzione di Isabella, “la libertà assoluta fu un passo da gigante in un periodo in cui la schiavitù era moneta corrente”. Possiamo affermare con certezza che “Isabella è la madre di quella che diventerà la libera America cattolica”.
La prima Riforma cattolica.
Un altro aspetto fondamentale della grande opera isabelliana. Allora si domandava Perez, “la Spagna dei Re Cattolici era davvero cristiana?”. Tutta la storia religiosa della Spagna lo dimostra. Isabella realizzò una riforma laica della Chiesa, senza eguali nel mondo. Una dura battaglia anche contro Roma, che Isabella ha intrapreso durante i trent’anni del suo regno. I vescovi devono essere laureati, impeccabili sul piano morale e quello spirituale, e non solo figli di famiglie nobili. Infatti, al termine del regno dei Re Cattolici, su 112 vescovi di nomina reale vi saranno soltanto 32 membri della famiglia reale o della nobiltà. Isabella ha agito prima e meglio del Concilio di Trento, in un tempo in cui la Chiesa di Roma era fortemente in crisi, c’era un abisso sui valori cristiani tra i riformatori reali e i religiosi di Spagnoli dalla Roma papale dell’epoca. Troppi religiosi, canonici, preti erano fuori controllo, mentre“i vescovi riformati scelti da Isabella si impegnano attivamente per riportare sulla retta via il popolo clericale con l’esempio quotidiano, la denuncia puntuale degli abusi, l’appello alla rettitudine nel servizio divino, alla carità effettiva, alla formazione universitaria dei migliori, ma anche con l’impiego di sanzioni severe”. Una riforma che attuò insieme a un vescovo designato dal Papa, si tratta dell’arcivescovo di Messina, Martin Ponce.
In questo contesto troviamo uno dei tratti caratteristici della regina: la misericordia, la comprensione per i problemi degli umili. Isabella insieme al popolo cristiano attuò una Riforma caratteristica, profonda, i cui effetti permangono. Per tracciare un quadro di questa riforma del clero regolare di Spagna, sarebbe necessario un intero volume.
Il volume dello studioso francese si chiude con due temi che andrebbero conosciuti: La bellezza e la santità. “La grandezza di Isabella non si esprime solo nella sua opera di riconquista sociale, politica, nazionale e religiosa, ma anche nella riscoperta della bellezza”. Secondo gli studiosi dell’arte, si è affermato e diffuso un vero e proprio “stile Isabella”. Isabella accoglie in Spagna una pleiade di crociati dell’arte europea, francesi, inglesi, tedeschi, italiani, ben presto divenuti spagnoli, per costruire splendide cattedrali, chiese, palazzi, tardo-gotico, con un ritorno all’identità cristiana della Spagna. Certo la concessione del titolo di “cattolici”, non è una sorta di canonizzazione personale, ma si canonizza in un certo senso gli elementi principali dell’azione religiosa e sociale di isabella. Tuttavia per Dumont Isabella aveva carattere di santità, anche i sostenitori meno calorosi, all’interno della Chiesa non ne dubitano. Chi non vuole la sua santificazione, riconosce che la regina di Spagna era santa, ma la questione degli ebrei frena la sua canonizzazione.
Comunque la santità di Isabella è sancita, senza possibili contestazioni, nei 28 spessi volumi di documenti riuniti dal postulatore della causa di beatificazione di padre Anastasio Gutierrez Poza. Isabella in fondo è come santa Giovanna d’Arco, morirà povera, letteralmente sul lastrico. Hanno dovuto vendere all’asta i suoi beni personali, per i debiti contratti per le attività caritatevoli, fu considerata dal popolo, ma anche dai religiosi, “mater nostra”. Non posso non concludere questo mio studio con le parole del postulatore padre Gutierrez, nell’intervista concessa alla rivista Cristianità (La serva di Dio Isabella la Cattolica, modello per la nuova evangelizzazione [Intervista con padre Anastasio Gutiérrez Poza C.M.F.], Intervista con padre Anastasio Gutiérrez Poza C.M.F.,a cura di Francesco Pappalardo, Cristianità, n. 204, 1992)
Un modello per i nostri tempi.
- Quali insegnamenti possiamo trarre oggi dalla vita della regina Isabella, che potrebbe essere la prima sovrana beatificata dopo i re santi del Medioevo?
- La Positio historica, pur rilevando l’assenza di fenomeni mistici straordinari in Isabella, la descrive come un’autentica contemplativa nell’azione, che ha saputo coniugare la pratica delle virtù cristiane con il difficile esercizio dell’azione di governo. Isabella ha intrapreso il cammino della santità proprio con il compimento puntuale dei suoi doveri di regina e ha mostrato che la vera missione dei reggitori degli Stati è di stabilire la pace e l’armonia fra i cittadini, affinché possa sbocciare la carità nelle anime e nelle società. È quindi anche modello di vita per i laici, ai quali insegna come devono procurarsi il Regno di Dio trattando le cose temporali, anche le più impegnative. Inoltre, è modello di virtù per le famiglie, come figlia, sorella, sposa fedele, madre sollecita e premurosa di cinque figli, ai quali si è dedicata senza trascurare i doveri di governo. In questo senso è anche modello di squisita femminilità, secondo l’insegnamento della Chiesa, ribadito da Papa Giovanni Paolo II con la lettera apostolica Mulieris dignitatem, del 30 settembre 1988. Ma il suo principale insegnamento sta nella sollecitudine per l’impegno missionario, che anima tutte le sue grandi imprese e che induce a proporla come modello della prima e della seconda evangelizzazione del mondo in genere e dell’Europa in specie.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com