Ho appreso la notizia della scomparsa di Jocelyne Khoueiry mentre ero in vacanza in Sicilia e subito il mio pensiero va a quegli anni novanta, quando l’ho conosciuta a Milano in occasione delle due conferenze organizzate dal Comitato per la Libertà e l’Indipendenza del Libano e da Alleanza Cattolica. Una donna straordinaria, che a starle accanto ti colpiva per la forza del suo ordinario eroico.
Jocelyne, è morta a Jbeil (Byblos) il 31 luglio, dopo una lunga malattia, presso il Centro ospedaliero universitario Notre Dame des Secours, dell’Ordine Libanese Maronita. I funerali si sono svolti il 2 agosto nella chiesa Saint-Siméon di Ghosta, presieduti da S.E. Mons. Antoine Nabil Andari, vescovo ausiliare dell’eparchia di Joubbé, Sarba e Jounieh – sede propria del Patriarca di Antiochia dei Maroniti. Al rito funebre ha partecipato un gran numero di fedeli, all’interno e all’esterno della chiesa – in ragione delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria del COVID-19 –, e fra di essi numerosi sacerdoti e religiosi, nonché personalità del mondo istituzionale e politico: fra costoro, Amine Gemayel, presidente della Repubblica Libanese nel 1982-1988; il deputato Roger Azaz in rappresentanza del Capo dello Stato, Michel Aoun; il leader politico e militare della resistenza cristiana in Libano, Fouad Abou Nader; il parlamentare Samy Gemayel, attuale presidente del partito Kataeb.
Jocelyne mi piace ricordarla come una novella Giovanna d’Arco del Libano, aveva vent’anni quando scoppiò quella che fu chiamata sommariamente “guerra civile”, prese le armi per difendere la libertà del Libano, minata dai fedayn palestinesi.
«Il conflitto la plasmò e cambiò, facendole vivere la fede in profondità. Di grande spiritualità mariana, fondò movimenti laicali cattolici in difesa della vita e della famiglia. Il 31 luglio ha perso l’ultima battaglia in questo mondo, ma certamente ha vinto, in Cielo, il premio più bello. Jocelyne Khoueiry, 64 anni, si è spenta, dopo lunga malattia, nell’ospedale Notre-Dame de Secours di Jbeil, portandosi dietro un pezzo di Libano che i più non conoscono senza sapere cosa si perdono». (Marco Respinti, “Jocelyne, l’eroina che difese la libertà del Libano”, 3.8.2020, La Nuova Bussola Quotidiana)
Era nata a Beirut nel 1955 e la leggenda vuole che sia stata addirittura la prima combattente di quella sanguinosa guerra del Libano iniziata nel 1975. Una guerra, che gli osservatori equilibrati hanno definito,“per procura”, altro che guerra civile. Sostanzialmente è stato una guerra di invasione, una guerra di annientamento. Sicuramente non è stata la “guerra di tutti contro tutti”, come amavano scrivere allora, la gran parte dei mass media. Non è stato, «il solito suk levantino dove non si capisce nulla e tribù contrapposte di semiselvaggi sventagliano raffiche di mitra a casaccio, ma la guerra di una nazione, cioè di una comunità di uomini per nascita e per destino, che si è difesa per preservare la propria identità, e che, preservandola, ha difeso le libertà fondamentali di tutti». (Ibidem)
Un profilo biografico di Jocelyne Khoueiry, è stato fatto anche da Pierluigi Zoccatelli (In memoriam di Jocelyn Khoueiry 1955-20220, in alleanzacattolica.org). Ripercorrere la storia del Libano contemporaneo, significa intrecciare la vita della Khoueiry con «le vicende del Paese dei cedri e nelle sue complesse sfaccettature geopolitiche, belliche e socio-religiose. Non a caso la vita di Jocelyne è già stata oggetto di una biografia in due edizioni – la prima del 2005 e la seconda, rivista e aumentata, del 2015 – per opera delle giornaliste e scrittrici francesi Nathalie Duplan e Valérie Raulin (Jocelyne Khoueiry l’indomptable, Le Passeur, Parigi 2015), di cui esiste pure una traduzione italiana (Il cedro e la croce. Jocelyne Khoueiry, una donna in prima linea, Marietti, Milano 2008)». Tra l’altro nel 1988 questa grande figlia del Libano diventa anche oggetto di un documentario, La Tueuse, diretto dalla regista Jocelyne Saab, sua connazionale, per il francese Canal+.
Quando, nell’aprile 1975, scoppia la guerra, Jocelyne imbraccia il fucile automatico perché a quel punto non c’è altro da fare. I nemici sono assetati di sangue, non risparmiano nessuno e qualcuno deve agire. I fedayn palestinesi, accolti dal Libano generoso, avevano oramai creato uno Stato dentro lo Stato, sovvertendo il Paese dall’interno.
«Jocelyne Khoueiry si appassiona alle vicende politiche della sua nazione sin dagli anni del liceo, quando s’iscrive alle scuole superiori presso l’istituto di Chahrouri ad Achrafieh (Beirut Est), dove inizia a frequentare le attività politiche del Kataeb – le Falangi Libanesi, fondate nel 1936 da Pierre Gemayel (1905-1984) –, contrassegnate dal motto del movimento: “Dio, Patria, Famiglia”. Già iscritta nel corso di giornalismo presso l’Università Libanese – terminerà il ciclo di laurea nel 1978 –, nel 1975 sopraggiunge l’inizio di quella che sarà chiamata “La guerra in Libano (1975-1990)”, ciò che spingerà Jocelyne ad arruolarsi nelle milizie del Kataeb, assieme a molti giovani cattolici libanesi, per prendere parte alla difesa della comunità cristiana, minacciata nella propria esistenza e libertà».
La nostra eroina è entrata nella “leggenda” con una celebre battaglia, chiamata “degli hotel”. Insieme a sei ragazze difende un edificio strategico a Beirut nella piazza dei Martiri, riuscendo nella notte del 6 maggio 1976, a neutralizzare in quella circostanza un attacco di almeno un centinaio di miliziani palestinesi. Jocelyne ne abbatte il capo e così i fedayn sbandano e si ritirano.
In questa fase della sua vita, Jocelyne si rende particolarmente celebre come capo (raïsseh) delle combattenti, da autentica comandante qual era, un tale compito Jocelyne lo aveva reclamato e se lo era visto attribuire in prima istanza, nel 1980, durante un importante incontro a quattr’occhi con il capo politico e militare della resistenza cristiana libanese – sheikh Bachir Gemayel (1947-1982), Jocelyne arriverà a comandarne più di mille combattenti. Bashir oltre al comando militare, le affidò il compito di occuparsi della formazione morale e valoriale delle militanti libanesi. «Come ricorderà lei stessa in un’intervista del 1989: “Proprio nel 1980, con le altre donne che dirigevano con me il settore femminile delle Forze Libanesi, mi sono resa conto che il nostro cristianesimo era inadeguato, spesso una semplice indicazione di appartenenza, e che eravamo lontane dal vivere la fede, la speranza e la carità evangeliche come devono farlo autentiche fedeli della Chiesa cattolica. Abbiamo così scoperto una dimensione che andava oltre sia l’aspetto nazionale che quello militare della nostra lotta, cioè abbiamo messo a fuoco una Verità con la maiuscola: una Verità che certamente contiene tutto quanto avevamo fatto fino ad allora, ma pure lo oltrepassa. In sostanza, abbiamo capito che la storia ha un senso e che Gesù Cristo è il Signore della storia e quindi la dirige con la sua Provvidenza e con il suo Amore” (Marco Invernizzi, Per un Libano al servizio della Chiesa, Cristianità, anno XVII, n. 167-168, marzo-aprile 1989, pp. 15-16)».
Assassinato Bashir, cambiate le condizioni, nel 1986 Jocelyne capisce che è davvero venuto il momento di proseguire la battaglia con altre armi. La guerra l’ha forgiata, cambiata, plasmata, facendole vivere la fede fino in fondo.
«Così, il 31 maggio 1988 – nella festa della Visitazione della Beata Vergine Maria –, assieme a quaranta responsabili femminili della resistenza, Jocelyne Khoueiry si è dimessa dallo Stato Maggiore delle Forze Libanesi per dare inizio a una nuova forma di apostolato nella società libanese, fondando il movimento laicale femminile cattolico La Libanaise – Femme du 31 Mai, con lo scopo “di servire il Libano alla luce dell’insegnamento della Chiesa cattolica e di formare la donna perché assuma e svolga correttamente il suo ruolo nella Chiesa e nella società” (Per un Libano al servizio della Chiesa, cit., p. 16).
In virtù della profonda sintonia nel tipo di apostolato e vocazione all’impegno culturale e politico, Alleanza Cattolica – che sin dagli anni 1970 seguiva con partecipazione i destini della resistenza cristiana in Libano (cfr. Giovanni Cantoni [1938-2020] Il martirio di Bashir Gemayel e il risveglio del Libano cattolico, Cristianità, anno X, n. 90, ottobre 1982, pp. 1-3) – incontrerà ben presto il movimento fondato da Jocelyne Khoueiry, sicché per un intero trimestre, da ottobre a dicembre del 1989, ella e alcune sue militanti furono invitate in Italia per condurre una tournée di conferenze nell’intera penisola, in una vasta pluralità di incontri e conferenze pubbliche promosse da Alleanza Cattolica e realizzate grazie alla collaborazione di diverse realtà ecclesiali e associative (cfr. Testimonianza per il Libano, Cristianità, anno XVIII, n. 178, febbraio 1990, pp. 15-18).
La collaborazione feconda tra Alleanza Cattolica e Jocelyne Khoueiry e la
La Libanaise – Femme du 31 Mai, durerà anche negli anni immediatamente successivi.
La generosità nell’impegno socio-culturale e di apostolato di Jocelyne Khoueiry, anche come fondatrice d’iniziative e associazioni, non terminava qui. Nel 1995, dopo la lettura e meditazione dell’enciclica Evangelium Vitae sul valore e l’inviolabilità della vita umana, percependo l’urgenza del tema, dà vita all’associazione “Oui à la vie”, per risvegliare le coscienze sul senso morale della vita; l’associazione sarà ben presto incorporata nella Commissione episcopale per la famiglia e la vita dell’Assemblea dei Patriarchi e Vescovi cattolici del Libano.
Ancora, nel 2000 sarà la fondatrice del Centre Jean-Paul II, finalizzato a opere di servizio sociale e per il dialogo culturale. Ma la sua azione non si esauriva nella molteplicità di attività nella madre patria, non da ultimo in virtù di varie responsabilità da lei ricoperte presso la Santa Sede: nel 2010 partecipa ai lavori dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, nel 2014 è relatrice all’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, e nello stesso anno è chiamata a fare parte in qualità di membro del Pontificio Consiglio per i Laici.
Della speciale vocazione della Khoueiry ha voluto parlare il Patriarca dei Maroniti, cardinale Béchara Boutros Raï O.M.M., nell’orazione funebre che è stata letta durante la funzione di commiato del 2 agosto. “il porporato ha insistito non sul percorso da combattente di Jocelyne Khoueiry, ma sul suo cammino di fedele che l’ha condotta, con la stessa passione, quasi cinque anni fa, al conseguimento di un dottorato in teologia all’università dello Spirito Santo a Kaslik. Lasciando da parte gli anni 1975-1979, dove faceva parte delle ‘forze regolari’ del partito in guerra del Kataeb, e gli anni 1980-1985, quando si è unita alle Forze Libanesi (FL) e ha profuso ogni sforzo per ‘evangelizzarle’, tanto che un ex miliziano convertito di nome Assaad Chaftari l’ha paragonata a una ‘pastorale militare’, il patriarca ha parlato di ‘conversione radicale della vita’, caratterizzata da un incrollabile attaccamento all’Eucaristia e alla Vergine Maria”.
Interessante il racconto finale di Zoccatelli sulla veglia funebre delle suore carmelitane di clausura, del monastero del Carmelo della Théotokos e dell’Unità nel villaggio di Harissa, nel distretto di Kesrouan, rimaste sole con l’amica e figlia spirituale di tanti decenni, colte da ispirazione, mettono il loro mantello di monache di clausura sul corpo di Jocelyne, considerandola una di loro, dopo averla incoronata di fiori e incensata. «Sicché sul monte ad Harissa, dove a poche centinaia di metri dal Carmelo sorge l’imponente santuario di Nostra Signora del Libano – patrona e protettrice del Paese dei cedri –, Jocelyne Khoueiry ha coronato il suo desiderio spirituale più intimo, e può ora contemplare il Volto di Dio, sotto il manto della Vergine del Carmelo, della Regina Libani, che lei ha intensamente amato e pregato per sé e la sua così tanto amata nazione, e che a noi rimane d’implorare, per la nostra personale salvezza, e per la rinascita del Libano».
DOMENICO BONVEGNA
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