Puntuale un nuovo appuntamento al Meeting di Rimini con Massimo Bernardini e Enrico Castelli, conduttori del Talk Show Live “Dopo il Covid #quellicheripartono”, a cura di Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con AsviS, CDP – Cassa Depositi e Prestiti, Fondazione Symbola e Intesa Sanpaolo.
L’emergenza educativa, con le aggravanti della pandemia Covid-19, è il tema sotto i riflettori. Presenti in studio Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Tommaso Agasisti, professore di Public Management al Politecnico di Milano, Dipartimento Educazione Fondazione per la Sussidiarietà, e Francesco Seghezzi, presidente Fondazione Adapt. In collegamento video Antonella Sciarrone Alibrandi, pro-rettore vicario, professore di Diritto dell’economia, Università Cattolica del Sacro Cuore, e Giovanna Iannantuoni, rettrice Università di Milano-Bicocca. Contributi video di Enrico Giovannini, portavoce AsviS; Adele Mucci, manager della Silicon Valley; Salvatore Rossi, presidente di TIM; Andreas Schleicher, direttore Dipartimento Education and Skills, OCSE.
Bernadini esordisce con un dato allarmante: «Il 30% di studenti, a febbraio 2020, ha abbandonato la scuola». Quali saranno gli effetti di tutto questo? Aumenteranno le disuguaglianze sociali e le povertà educative? Che cosa pregiudicherà un’eventuale nuova chiusura? Aggiunge Bernardini: «Mettere a tema l’emergenza educativa significa porre attenzione alla concrete possibilità di sviluppo del nostro futuro». Ritardo degli italiani nella conoscenza, 23,4% di NEET, la non incidenza dell’istruzione sulla mobilità sociale, la bassa percentuale di adulti che si formano rappresentano i dati dell’emergenza, accompagnati dal fatto che «il 25% di probabilità di terminare gli studi dipende dalle non cognitive skills», conclude Castelli. Vittadini, interpellato sull’interesse sempre alto della Fondazione per la Sussidiarietà per il tema educativo, precisa: «Se non c’è una capacità educativa, non c’è sviluppo. Le disuguaglianze sono legate all’educazione. Infatti Paesi come la Corea e la Cina hanno investito in educazione e conoscono oggi uno sviluppo significativo».
Ma l’istruzione non basta, oggi è vitale valorizzare e educare le non cognitive skills in una forte alleanza tra scuola e famiglia. La pandemia ha di certo peggiorato la situazione. Il contributo video del professor Giovannini è chiaro: «Molti sono rimasti indietro non perché mancavano di mezzi, ma proprio perché la pandemia li ha colti impreparati a fare il salto. Bisogna attuare politiche che consentano il recupero di chi è rimasto indietro». Per Seghezzi bisogna che i soldi dell’UE vadano proprio nella direzione indicata da Giovannini. Qual è la relazione tra la situazione di oggi e il mondo del lavoro? «Le aziende necessitano soprattutto di competenze non cognitive», interviene Agasisti, «che non si finiscono mai di acquisire». Il contributo di Andreas Schleicher mette in luce che competenze cognitive e non cognitive sono facce della stessa medaglia e influiscono sulla capacità di apprendimento. Far emergere le competenze socio emozionali è un prerequisito per la formazione continua. Come valutare e verificare le non cognitive skills? Vittadini: «Gli atteggiamenti che assumiamo inferiscono i tratti della personalità che si possono misurare con semplici domande. Ma va ben detto che l’atteggiamento è una scelta. Il professore, il maestro intuisce i tratti che esprimono una personalità, una posizione umana, e quella può essere educata».
All’articolata analisi della situazione, seguono esempi concreti di soggetti capaci di proporre, nel quadro dell’emergenza educativa, strade percorribili. In primis l’esperienza di Portofranco, centro di aiuto allo studio per studenti della scuola superiore, presente in molte città italiane, e i numerosi esempi di riorganizzazione e di offerta formativa che portano Iannantuoni e Sciarrone Alibrandi, nonché la testimonanza di Mucci.