La seconda parte del servizio di RaiSport andrà in onda su RaiDue domenica 30 luglio, con il racconto delle buone pratiche Uisp. L’intervento di T. Pesce…
Vivicittà è la corsa podistica Uisp che porta lo sport nelle carceri. L’evento ribadisce l’importanza del diritto allo sport e al movimento anche e soprattutto per chi vive in contesti difficili come quello degli istituti penitenziari. Per l’Uisp sportpertutti vuol dire dare la possibilità di accedere alla pratica sportiva anche a chi normalmente non potrebbe.
Sabato 22 luglio il TgSport di RaiDue ha trasmesso un approfondimento realizzato da Raisport, a cura di Monica Matano da un’idea di Arianna Secondini, edizione di Marcello Bernardo e Claudio De Paolis, con Andrea Langella, che racconta il frutto di un lungo lavoro nelle carceri e sul territorio da parte dell’Uisp. Infatti, grazie alla lunga esperienza maturata nel corso degli anni, l’Uisp ha costruito relazioni e buone pratiche attraverso cui ogni giorno propone attività fisica e motoria in decine di carceri in tutta Italia.
Il servizio della Rai, suddiviso in due tranche, la cui seconda puntata andrà in onda domenica 30 luglio, è dedicato alle storie di Vivicittà svolto nel carcere di Ferrara e alle attività Uisp nella sezione femminile di Rebibbia, a Roma.
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La casa circondariale di Ferrara “Costantino Satta” ospita 370 detenuti e il grande entusiasmo per Vivicittà traspare dal servizio Rai: si tratta di un’occasione per vivere la detenzione non solo come uno strumento punitivo ma anche come opportunità di crescita in attesa di poter riprendere in mano la propria vita.
Il presidente Uisp Tiziano Pesce interviene ai microfoni di RaiDue illustrando la storia della manifestazione: “Vivicittà è nata ormai più di trent’anni fa, con l’obiettivo di portare il diritto allo sport e alla socialità in ogni luogo. Questo lo facciamo – prosegue Pesce – negli impianti sportivi tradizionali e anche negli istituti penitenziari e nelle carceri, perché sono parte delle nostre città anche se spesso ce lo dimentichiamo”.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello utilizzare lo sport come veicolo di valori positivi e come occasione di riflessione per portare all’esterno una visione più ampia e non stereotipata degli istituti circondariali. La direttrice del carcere di Ferrara, Maria Nicoletta Toscani, sottolinea l’importanza di partire “dal percorso umano e interpretare in modo opportuno il disagio del detenuto”.
A questo proposito, come dice anche uno degli ospiti della struttura: “Lo sport è una terapia e ci aiuta a dimenticare e a rilassarci”. Del resto, questo è l’obiettivo dell’iniziativa Vivicittà: poter avere anche solo per qualche ora un po’ di svago e sport nell’attesa di tornare in libertà.
Eleonora Banzi, presidente Uisp Ferrara, sottolinea la capacità della pratica sportiva di andare oltre la semplice competizione: “Mi è piaciuto molto che il vincitore si sia congratulato con i suoi compagni e con l’ultimo arrivato. I detenuti ci chiedono di fare più attività e tornei di ping-pong, pallavolo e calcio e questo fa piacere perché vuol dire che prmuoviamo il valore dello sport”.
Un altro detenuto riflette sul fatto che aveva una vita perché “giocava a calcio e aveva un lavoro” ma poi si è perso e la possibilità di fare una corsetta lo ha fatto “emozionare e tornare ai vecchi tempi”. Molti detenuti ammettono di non aver ascoltato i propri cari e di essere caduti, ma anche di volersi rialzare e recuperare il prima possibile la propria vita.
Infine, la speranza per il futuro arriva da un ospite della struttura che “vede un nuovo inizio con una nuova partenza e tanti traguardi”. Poi, esprime un desiderio: “Voglio aiutare tanti ragazzi che come me hanno sbagliato”.
Il servizio prosegue con le storie del carcere femminile di Rebibbia di Roma. Dalle circa 300 detenute di varie nazionalità emergono alcune storie, tra le tante, dove vi è una forte voglia di riscatto. “Uno sbaglio prima di essere uno sbaglio è stata una scelta”, racconta una detenuta che prosegue dicendo che “questi errori ricadono soprattutto sulla famiglia e sui figli”. I laboratori di sartoria e di pasticceria sono due esempi di pratiche che aiutano le detenute a mostrare il loro valore dando loro modo di riscattarsi in attesa di tornare alla libertà.
“Gli uomini si adattano ed hanno più resistenza mentre le donne hanno maggiori necessità per cui la detenzione femminile richiede anche un’attenzione a queste diverse complessità”, sostiene la direttrice del carcere femminile di Rebibbia, Nadia Fontana.