L’UNESCO PROMUOVE L’ARTE DEL SUONO DELLE CAMPANE

La settimana scorsa una notizia mi ha incuriosito tra le tante mi riferisco al riconoscimento dell’UNESCO dell’”Arte Campanaria tradizionale” come elemento del patrimonio Culturale immateriale. Il mio primo pensiero è andato a tutti quelli che raccolgono le firme per chiedere di sospendere o almeno attenuare un suono che dà loro fastidio.

Però è indubbio che l’Italia è il Paese dei mille campanili, perché sono stati i campanili, e i relativi parroci, con i comuni spesso situati nella stessa piazza centrale dove si trovano le parrocchie del paese, a conservare le caratteristiche del Bel Paese e a segnarne l’identità. Puntuale la precisazione del sottosegretario di Stato alla Cultura, Gianmarco Mazzi: “Voglio dedicare questo riconoscimento alle nuove generazioni, affinché possano continuare a preservare l’arte tradizionale dei campanari. Quel suono che proviene da migliaia di campanili sparsi in borghi e comuni di tutta Italia, tocca la nostra anima. È il famoso ‘suono della domenica’, evocato da Zucchero in una sua splendida canzone, che scandisce da sempre i nostri giorni di festa”. Certo non tutti oggi apprezzano il suono delle campane perché forse hanno perso il legame con il “suono della domenica”. Del resto ormai l’Italia da tempo è un Paese plurale. Oltre a quelli che professano altre religioni, i cristiani non sono più la maggioranza, siamo in minoranza e tra questi non tutti apprezzano i simboli e le tradizioni che ci appartengono. Insomma, i cristiani ci sono ancora, ma hanno bisogno di essere educati “a una identità forte, condivisa, che spesso manca perché non viene adeguatamente proposta dai Pastori”. (Marco Invernizzi, Le campane e la cultura italiana, 9.12.24, alleanzacattolica.org)

E poi ci sono anche quelli che continuano a fare suonare le campane e non sono soltanto le diverse associazioni di campanari, oggi particolarmente felici per il riconoscimento dell’Unesco. Penso alla grande soddisfazione che hanno provato ad Agnone in Molise, dove esiste la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli. La loro arte, la loro passione e il loro impegno sono stati premiati. “Con questo riconoscimento, – ha detto il sindaco – Agnone e la sua Fonderia Marinelli consolidano il loro ruolo di custodi di una tradizione unica al mondo, mantenendo viva una parte essenziale del nostro patrimonio culturale”. Ma la notizia del riconoscimento dell’arte campanaria ci spinge a fare ulteriori osservazioni. Seguo le riflessioni di Invernizzi. E’ vero l’Italia non è più quella di cento anni fa, ma è pur vero che la sua storia è profondamente intrisa di cristianesimo e di una cultura ispirata alla fede che la ha generata. Bene hanno fatto i parlamentari (prima firmataria sen. Lavinia Mennuni) a proporre un disegno di legge per tutelare il patrimonio culturale dell’identità italiana, che si manifesta (oltre che nel suono delle campane) nei presepi, nei crocifissi, nelle tante opere d’arte disseminate nella penisola, dove attirano la grande maggioranza dei turisti che attenuano la crisi economica con la loro presenza. L’iniziativa della parlamentare non si scontra con il principio della libertà religiosa, a cui è bene che siano orientate le società plurali, non nega l’identità storica di un Paese, ma vuole soltanto permettere la libera espressione privata e pubblica da parte di tutte le minoranze religiose. “E noi, minoranza cattolica in un paese di tradizione cristiana, dove tutto il patrimonio artistico (oltre ai campanili) rimanda a una fede che non è più praticata dalla maggioranza della popolazione, che cosa dobbiamo fare?” Questa è la domanda fondamentale che dovrebbe provocare tutti i cristiani, i cattolici. Vogliamo che le nostre chiese diventano musei da visitare e basta? Oppure dobbiamo prendere sul serio la chiamata del Magistero dei Pontefici alla nuova evangelizzazione o seconda evangelizzazione che viene sollecitata almeno dal pontificato di Pio XII.

Non serve lamentarsi, scandalizzarsi, come qualcuno fa convinto di essere ancora in un Paese cristiano. E non basta nemmeno proteggersi con delle leggi apposite, come quella citata, anche se possono servire. Quel che serve è cambiare mentalità, diventare missionari a casa nostra, in ufficio, a scuola, nelle università e con la testimonianza della vita e l’inculturazione della fede diventare capaci di costruire ambienti, dove non ci sono più, o di rinnovare appunto in senso missionario quelli che già esistono. Ecco la parola magica: “costruire ambienti”, relazioni, tra persone, famiglie. Oggi regna l’individualismo, c’è troppa gente triste e isolata, non ci si incontra più. Ovunque regna un’atmosfera di pessimismo e di depressione. Bisogna provare a recuperare le relazioni sane e vitali, perché è in essi che può essere trasmessa la fede, ai giovani soprattutto.

DOMENICO BONVEGNA

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