Dall’ultimo Rapporto 2020 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) emerge un quadro della città metropolitana di Messina e del territorio comunale a dir poco allarmante.
La tesi fondamentale del Rapporto è che in Italia l’aumento del consumo di suolo è inversamente proporzionale alla crescita demografica. In Italia, quindi, cresce più il cemento che la popolazione.
Se i dati del 2018 documentavano già una diffusa e disordinata cementificazione, nel 2019, nella nostra provincia, il consumo di suolo netto è cresciuto ancora, registrando crescite significative pari a 124 ettari, ossia lo 0.64% in più rispetto al 2018 (seconda provincia dopo Cagliari +0.98%).
Relativamente al Comune di Messina, i dati riportano che la città ha consumato 17,1 ettari in più rispetto al 2018, collocandosi al dodicesimo posto tra i Comuni che hanno registrato un maggiore incremento di consumo del suolo rispetto all’anno precedente.
In due anni si è verificata nel silenzio più totale un’espansione urbanistica disordinata, una cementificazione edilizia dannosa per l’ambiente e per la città.
A seguire, si evidenziano i dati più allarmanti del rapporto.
Nella nostra città le Superfici naturali e semi-naturali hanno registrato i cambiamenti più alti sul totale complessivo, con un valore di trasformazione e di artificializzazione del paesaggio pari al 66%. Detto in altri termini: meno verde, più cemento!
Un altro primato raggiunto dal nostro Comune pertiene alla percentuale di suolo consumato che ricade in ambito naturale. Sono state analizzate le 14 città metropolitane: la percentuale di suolo consumato comunale che ricade in ambito naturale è superiore alla media nazionale solo a Messina (12,8%), mentre rimane al di sotto del 5% nei restanti 14 comuni e al di sotto dell’1% in 7 comuni su 14.
Inoltre, si fanno presenti due indicatori che risultano pressoché uguali nella provincia e nel territorio comunale: la frammentazione dei margini urbani (ED) e la dispersione urbana (ID). Essi sono connessi al progressivo processo di impermeabilizzazione di ettari di territorio naturale e semi-naturale e più in generale al consumo del suolo che abbiamo meglio specificato sopra con alcuni dati significativi riportati.
L’indicatore (ED)nelle 14 Città metropolitane prese in esame ha valori tendenzialmente alti, tutti superiori a 600 m/ha. Messina nel 2018 ha raggiunto il primato con un valore di 1.272 m/ha.
Il fenomeno è frutto dell’espansione urbana disordinata di quelle aree peri-urbane e periferiche della città. Ciò che emerge dai dati ufficiali è che negli ultimi anni il cemento si è appropriato di queste porzioni di territorio, insistendo in quelle aree che non hanno una precisa destinazione funzionale. Ci teniamo a ribadire, anche questa volta con dati alla mano, che la città – e potenzialmente ogni suo singolo anfratto – può essere messa a valore per ricavare profitto mediante processi di urbanizzazione a totale detrimento del paesaggio, della sicurezza e della salute pubblica. Questi dati riflettono, semmai ce ne fosse bisogno, l’elevato grado di sfruttamento edilizio totalmente disordinato e disfunzionale, esercitato dai “palazzinari” con il placet di una trasversale classe politica messinese.
Le conseguenze urbane, ambientali, sociologiche ed economiche non rientrano tra le priorità dei costruttori, laddove la città, con i propri territori diversificati, rappresenta per questi nient’altro che una mucca da mungere. Tra gli effetti di questo processo disordinato e frammentato di trasformazione urbana si genera il c.d. effetto sprawl o della dispersione urbana. Concretamente, tale fenomeno provoca una dispersione delle fasce più povere della popolazione, le quali tendono a insediarsi nelle aree periferiche e suburbane della città, giacché in quelle aree trovano affitti più accessibili e proporzionati alla scarsità di mezzi economici che hanno a disposizione. In termini più generali, possiamo affermare che siamo davanti a una città sempre più disomogenea, caratterizzata da un’estrema differenziazione sociale.
Infine, il Rapporto ci consegna un ulteriore dato preoccupante in merito all’indice di dispersione urbana. A livello delle 14 Città metropolitane l’Indice di Dispersione ha valori alti, tutti superiori al 50%, con Messina in testa con un valore dell’87%. Questa dispersione non ha soltanto pesanti ricadute socio-economiche per i residenti, ma inquina l’ambiente per via di un maggior utilizzo dei mezzi di trasporto, che si rendono necessari per la mobilità e l’attraversamento della città. In altri termini: calano i residenti in città, ma aumentano le costruzioni. Il quadro che emerge dai dati del Rapporto ha, per così dire, il sapore di un’ulteriore beffa per le classi più povere della città, le quali non riescono – soprattutto in questa fase di grave crisi economica- ad accedere facilmente al mercato delle locazioni e si spostano quindi verso le estreme periferie che, malgrado siano poco servite, hanno alloggi con prezzi più accessibili. Messina si presenta come una città cinica, sfruttata e per certi versi escludente; una città che ha bisogno di essere amata da chi la amministra e riconfigurata. Pretendiamo, allora, una città più attenta alle persone e non ai profitti.
Chiediamo infine al Sindaco, il quale puntualmente sbandiera salite sul podio della città di Messina per motivazioni talvolta discutibili, cosa ha da dire, invece, su questi primati negativi raggiunti dalla città nel 2018 e nel 2019.
Antonio Currò
Segr. Circolo Impastato Rifondazione Comunista Messina