In occasione della giornata mondiale contro la Pena di morte, la Comunità di Sant’Egidio promuove un incontro per sostenere la campagna internazionale “Cities for Life – città per la vita, città contro la Pena di morte.”
Protagonista della conferenza sarà Gary Drinkard, detenuto per sei anni nel braccio della morte in Alabama per un reato non commesso.
Appuntamento il 29 Novembre 2024 alle 9.30 a Messina, presso l’Aula Magna del Dipartimento COSPECS, Via Concezione 6.
Gary Drinkard ha trascorso quasi sei anni nel braccio della morte dell’Alabama per un crimine che non aveva commesso. Dopo essere stato scagionato nel 2001, ha frequentato l’università, ha lavorato come operaio e come attivista per Witness to Innocence, sostenendo il recupero di altri condannati a morte. Gary contribuisce al movimento per l’abolizione della pena di morte, viaggiando in tutti gli Stati Uniti e all’estero per condividere la sua storia di ingiusta detenzione nel braccio della morte, mostrare l’assurdità e inutilità della pena capitale e sostenere i processi di abolizione.
Gary fu condannato a morte per omicidio sulla base delle false dichiarazioni di presunti testimoni. In accordo con la polizia, la sorellastra di Drinkard, Beverly Robinson, e suo marito, Rex Segar, accusarono Gary dell’omicidio e rapina di un uomo, Dalton Pace, avvenuto nel 1993. In cambio ottennero di essere scagionati da altri reati in cui erano implicati.
Non potendo permettersi un avvocato, a Gary vennero assegnati due legali senza esperienza in casi capitali che dimenticarono di convocare due testimoni chiave: una persona che avrebbe potuto testimoniare che egli era in casa al momento dell’omicidio, e un’ altra che avrebbe potuto dichiarare che, al momento dell’omicidio, Gary era ancora in cura per una lesione debilitante alla schiena (dovuta ad un incidente sul lavoro) che limitava i suoi movimenti e che gli avrebbe reso impossibile commettere il crimine. Nel 1995 Gary fu condannato a morte.
Consapevole della devastazione che la sua esecuzione avrebbe avuto sulla sua famiglia, soprattutto sui suoi figli, Gary si rivolse a Bryan Stevenson dell’Equal Justice Initiative per avere aiuto nel suo caso. Nel 2000, la Corte Suprema dell’Alabama ordinò un nuovo processo per cattiva condotta dell’accusa e, con l’aiuto del Southern Center for Human Rights, Gary ottenne l’assoluzione nel 2001 e fu quindi rilasciato.
Gary è stato profondamente segnato dagli anni nel braccio della morte: “Sì, ho ancora gli incubi di camminare verso la camera della morte. Essere incendiato da quella sedia elettrica. Mi sveglio di notte, sudo freddo”. Non ha però dimenticato i tanti compagni di prigione incontrati, le amicizie profonde di quegli anni, la solidarietà verso i condannati più sfortunati: “dovevi vedere i tuoi amici morire… battevamo sulle sbarre probabilmente 10 minuti prima dell’esecuzione e probabilmente 5 minuti dopo, per dire: “Ehi, fratello, ti vogliamo bene”. Sappiamo che stai per morire e c’è qualcuno qui che pensa a te”.