Rho – Un tuffo nella storia della città, grazie a due preziosi video: uno in cui il partigiano Dino Caloisi raccontava la sua prigionia a Bolzano, uno in cui Piera Pravettoni ricordava la permanenza della famiglia Lepetit a Villa Scheibler. L’inaugurazione a Villa Burba della mostra “Oltre quel muro. La Resistenza nel campo di Bolzano 1944 – 1945” è stata l’occasione, la mattina del 18 gennaio 2025, di conoscere nuovi dettagli sulla storia di Rho e delle persone che qui hanno trovato accoglienza negli anni della dittatura fascista.
Realizzata da Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi per conto della Fondazione Memoria della Deportazione, con l’Alto Patronato del Capo dello Stato, la mostra è curata da Carmen Meloni di ANED Milano.
“Il campo di Bolzano venne aperto dopo la chiusura di Fossoli – ha raccontato Carmen Meloni, nipote del deportato Pietro Meloni – Vi transitarono circa diecimila persone. Oggi abbiamo con noi alcuni parenti di deportati: Cristina Caloisi, figlia del partigiano Dino di cui nella mostra si ricorda la tuta blu con la croce rossa di Sant’Andrea sul dorso; Nereide Bianchi col marito e la figlia, i familiari di Felice Bianchi, un altro rhodense, deportato col Trasporto 81; Marinella Costa, figlia del bellunese Ezio Costa, che è riuscito a sopravvivere ma non ha mai raccontato ai propri cari cosa avesse vissuto”.
Leonardo Visco Gilardi, presidente di ANED Milano, ha spiegato cosa accadde: “Dopo l’8 settembre 1943, Bolzano, Trento e Belluno vennero annesse al Terzo Reich, un territorio misto con una storia drammatica. Cercavano di italianizzare l’Alto Adige con le repressioni, con la confisca forzata di un territorio immenso colmo di frutteti e vigneti. La popolazione tedesca accolse i nazisti con entusiasmo. Mio padre, che prima gestiva una libreria in piazza Duomo a Milano, luogo di incontro degli antifascisti, era approdato a Bolzano e iniziò lì un lavoro clandestino, entrando nel Comitato di Liberazione Nazionale su richiesta dell’amico Lelio Basso. Misero in piedi una struttura clandestina a triadi: uno solo dei tre conosceva altre cellule, se catturati la consegna era di non parlare almeno per le prime 24 ore dall’arresto. Quando tutti gli uomini finirono arrestati, subentrarono mogli e compagne. Insieme a Dario Venegoni abbiamo voluto dare risalto alle storie di questi uomini e queste donne. Il Comitato di assistenza nel lager era articolato e i clandestini erano guidati dalla mamma di Dario Venegoni oltre che da Laura Conti, poi fondatrice di Legambiente. Erano stati creati due comitati e sette cellule nelle fabbriche, i sette capi vennero tutti arrestati e morirono a Mauthausen o Gusen. Bolzano era l’anticamera dell’orrore, prima del trasferimento in lager o campi di lavoro schiavo”.
Nel blocco celle, una cella “nera” era riservata ad atroci torture. A Bolzano passò anche Mike Bongiorno, che in poche occasioni raccontò in seguito la sua vita da partigiano e deportato. Lui, dotato di passaporto americano, era un “fazzoletto azzurro”, ovvero un ostaggio che poteva essere scambiato. E così fu per intervento degli americani.
Il video di Dino Caloisi ha fortemente commosso la figlia Cristina presente in sala: il partigiano rhodense raccontò durante una testimonianza le “nervate prese per non essere scattato sull’attenti al passaggio di un tedesco” e “gli ucraini che in alcune celle picchiavano a legnate i deportati, tanto che spesso vedevamo uscire casse di legno con dentro i morti”.
In quell’orrore c’era comunque un gran circolare di biglietti clandestini, due scritti da Pietro Meloni sono arrivati fino a noi.
In Sala Convegni, all’evento presentato da Paola Cupetti, responsabile dell’Ufficio Cerimoniale del Comune di Rho, era presente anche Roberto Lepetit, che porta il nome del nonno, industriale farmaceutico da sempre antifascista che venne accolto dalla famiglia Scheibler per nascondersi dai fascisti: “Mio nonno – ha raccontato – era impegnato con il CLN, seguiva i lanci di armi, radio, soldi. Mio zio 14enne lo accompagnò una volta nelle campagne di Castellazzo di Rho per accogliere dei paracadutisti, una missione molto pericolosa. Ne ha lasciato una testimonianza scritta. Montarono una radio sui monti sopra il lago di Como, per inviare messaggi sui movimenti di truppe e di armi. Lui era collettore di notizie e nell’archivio di famiglia conserviamo i messaggi in codice. Uno parlava di “Miki Bongiorno, arrestato, prega di comunicare alla famiglia che sta bene”.
Lepetit venne catturato e finì a San Vittore, poi a Bolzano. Lì sperò di evitare deportazioni “più a nord” fondando una farmacia nel campo e facendo arrivare farmaci con i suoi contatti. Non bastò, purtroppo: finì a Mauthausen e morì poi a Ebensee il 4 maggio 1945, due giorni prima della liberazione del campo.
“Nonna – ha continuato il nipote – è riuscita a incontrarlo a Bolzano in alcune occasioni grazie alla allora moglie di Indro Montanelli, Margarethe de Colins de Tarsienne: lei era austriaca, parlava tedesco e così divenne vice responsabile del blocco femminile, inviava nonno a fare le pulizie a casa di un ufficiale nazista e lì gli permetteva di incontrare la nonna, li chiudeva a chiave in una stanza perché lui non scappasse. Nonna ha donato un monumento a Ebensee, per tutte le vittime dello sterminio”.
Il padre di Visco Gilardi organizzò una ventina di evasioni da Bolzano: Roberto Lepetit rinunciò a favore di un altro pensando di salvarsi grazie alla farmacia, grazie alla quale anche Pietro Meloni ottenne farmaci per curarsi. I nazisti lo deportarono comunque.
Commovente rivedere in un video, girato dalle figlie Ambrogina e Donatella Sartirana, la signora Piera Pravettoni, venuta a mancare lo scorso anno a 101 anni, raccontare con grande lucidità due giorni prima di morire la permanenza dei Lepetit a Villa Scheibler: “Un giorno arrivarono delle persone, non in divisa, cercavano Roberto Lepetit. Fecero una perquisizione in villa, guardarono dappertutto e trovarono qualcosa. Ma quando vennero lo avevano già arrestato a Milano, non è tornato più. La moglie non c’era in quel momento. Non ricordo che giorno fosse. Quando erano tra noi era una meraviglia, andavano a trovare i contadini. La signora andava a messa al mattino e a fare spesa a piedi, da noi veniva a prendere il latte e poi tornava in villa. Persone eccezionali che a Natale facevano regali a tutti i bambini di Castellazzo”.
Accanto ad Ambrogina e Donatella Sartirana, in Sala Convegni era presente anche Pietro Spalletti, tra i proprietari oggi di Villa Scheibler.
“Non conoscevo questa vicenda e mi colpisce molto – ha concluso il Sindaco Andrea Orlandi – La storia di Villa Scheibler è davvero importante e sono felice che le sia dedicato uno degli ultimi opuscoli prodotti dal Comune. Piera Pravettoni aveva un carisma notevole, vederla ricordare fatti di 80 anni prima è incredibile: rimane un punto di riferimento, da oggi anche per la Resistenza. Commuove poi il racconto di Dino Caloisi. Emerge un impianto valoriale solido in queste persone e anche una sorta di intelligence che permetteva alla Resistenza di progredire: senza professionalità come quelle che ricordiamo oggi, forse la presenza dei partigiani non sarebbe riuscita ad avere il peso che ha avuto. Erano persone comuni, ma hanno messo a disposizione di tutti i loro doni. Ciascuno ha dimostrato un immenso coraggio e amore per la libertà”.
La mostra rimane aperta fino al 31 gennaio dalle ore 9.00 alle 13.00, chiusura tutti i pomeriggi tranne sabato e domenica quando sarà visitabile dalle 16.00 alle 18.00. Informazioni e prenotazioni visite scuole contattando Carmen Meloni tel. 349-8382423 e-mail carmen.meloni6@libero.it
Il 25 Gennaio alle ore 16.00 a Villa Burba, nella Sala Convegni, è in calendario, per celebrare il Giorno della Memoria a 80 anni dalla liberazione di Auschwitz, la presentazione del libro “La bestia di Bolzano” su Michael Seifert e il suo processo, scritto da Stefano Catone.
Il 27 gennaio alle ore 21 e il 30 gennaio alle ore 17 l’Auditorium di via Meda 20 accoglierà le proiezioni di “Liliana” docufilm di Ruggero Gabbai dedicato alla storia di Liliana Segre, senatrice a vita sopravvissuta ad Auschwitz e cittadina onoraria di Rho. Barzandhippo propone due occasioni nella settimana del Giorno della Memoria.
Il 30 Gennaio alle ore 10.00 all’Auditorium Padre Reina di via Meda 20, spettacolo teatrale “Al di là del muro. Un artista nel lager” di e con Martina Carpi tratto da “Il diario di Gusen” di Aldo Carpi con Marco Mojana al pianoforte e musiche di Fiorenzo Carpi.
Nella foto da sinistra Carmen Meloni, Andrea Orlandi, Roberto Lepetit e Leonardo Visco Gilardi al taglio del nastro