di ANDREA FILLORAMO
Rispondo alla domanda postami: “quando, a tuo parere, lo Stato finirà con le sue elargizioni alla Chiesa Cattolica?
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Non lo so! So soltanto che tante sono le elargizioni finanziarie che lo Stato, per legge, assegna ogni anno alla Chiesa Cattolica: si tratta di circa 7 miliardi di euro, che sono il totale relativo all’otto per mille, agli stipendi ai docenti di religione, ai cappellani dell’esercito, della Polizia, degli ospedali, delle carceri e dei cimiteri etc.
Non entro nel merito di ogni singola voce di tali emolumenti che pesano indubbiamente sulle spese dello Stato, che vengono distribuiti senza un “redde rationem” richiesto più volte dalla Corte dei Conti e senza, che i beneficiari a differenza di tutti i dipendenti dello Stato che, per accedere a qualunque funzione devono sostenere e superare un concorso, svolgono un servizio retribuito, affidato “ad libitum” dalla Chiesa.
Spesso essi non possiedono titoli o sono senza una valutazione dei requisiti rilevabili.
E’ vero che la materia è stata esaminata da un nuovo Concordato, o Concordato bis, stipulato nel 1984 tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana allo scopo di modificare consensualmente i contenuti del concordato sottoscritto, nell’ambito dei Patti Lateranensi del 1929, fra la Santa Sede e il Regno d’Italia ritenuti allora superabili ma in grandissima parte riconfermati.
Dopo 27 anni dal 1984, decenza vuole, però, che la Conferenza Episcopale Italiana (Cei), quindi, i vescovi e i preti, preso atto della diffusione della povertà che sta in questi ultimi tempi diventando un fenomeno endemico e, quindi, difficilissima a superare e dell’opzione della Chiesa di Papa Francesco di essere o di tramutarsi in una “Chiesa dei poveri”, che siano totalmente coerenti con quello che predicano.
Si tratta di rinunciare ad alcuni benefici e fors’anche al sostentamento del clero? Non lo so, dico soltanto che, se ciò dovesse avvenire, in ogni diocesi e in ogni parrocchia potrebbero essere trovate altre fonti per “sostenere” i preti, ma solo quelli che sono in reale difficoltà economica, in attesa di una nuova configurazione del profilo del sacerdote, anche per superare la crisi delle vocazioni, che nello spazio di pochi anni potrebbe diventare veramente drammatica.
Si tratterebbe, perciò, di invertire totalmente, il percorso secolare della Chiesa. Fa oggi, infatti, molto effetto a chi conosce la Storia e si sforza di comprendere il passato attraverso il presente e il presente attraverso il passato, di constatare che sempre ci sono stati i Concordati fra lo Stato e la Chiesa (anche se il termine e i modi sono stati diversi) che hanno permesso alla Chiesa, non tanto di diffondere o di consolidare la fede, ma di affermare, quello che è il suo “potere” basato sulla ricchezza e sul possesso.
Molte e significative ma certamente non risolutive ed osteggiate sono le riforme finanziarie messe in atto nel pontificato di Bergoglio finalizzate a intensificare la politica caritatevole della Chiesa e di cancellare quel potere temporale, che ancora c’è ed è visibile, che è stato ed è condannato solo a parole.
Tutto il pontificato di Papa Francesco è ispirato proprio a questo criterio.
Il suo ‘quanto vorrei una Chiesa povera e per i poveri’ non è un semplice slogan o un pio desiderio. È diventato anzi programma pastorale per tutta la Chiesa e azione di governo all’interno della Santa Sede e della Città del Vaticano. “Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona”, leggiamo in Matteo 6, 24.