di ANDREA FILLORAMO
NOI & IL COVID – Stiamo sicuramente vivendo una situazione di grande emergenza, data dalla seconda ondata del coronavirus che circola tranquillamente fra noi, di cui, veniamo informati da tutte le televisioni pubbliche e private, che quotidianamente espongono e commentano “tabelle”, fatte da numeri e da calcoli matematici per i più incomprensibili.
Leggendole con grande trepidazione, Il nostro occhio, si ferma sul numero dei morti, che fin ora, però, quotidianamente non supera il totale di quanti muoiono per incidenti stradali o per cancro. Al di là dei numeri, poi, poche e insufficienti sono le notizie sulle terapie utilizzate da quelli e sono tanti (fra questi nomi non manca chi vive in condizioni molto agiate), che guariscono anche in pochissimo tempo da una malattia che sicuramente, al di là di quanto sostenuto ma per nulla dimostrato dai cosiddetti “negazionisti” mette a rischio la nostra incolumità e quella della collettività. Dal complesso di queste incertezze nasce in molti la paura, che è sicuramente grande e che porta a forti e dirompenti emozioni che mettono di fronte ai limiti e alla precarietà della natura umana. La paura – diciamolo chiaramente – è un’emozione fondamentale per la vita; è presente negli animali e in tutti gli esseri umani ed è biologicamente necessaria per proteggere e fronteggiare situazioni di emergenza. Non intendo, perciò, sottovalutare l’importanza di questa reazione fisiologica che dobbiamo saper gestire correttamente e servirci di essa come stimolo per prendere quelle precauzioni suggerite o imposte per evitare il contagio. Non si deve, però, tramutare la paura in panico, che induce a compiere gesti irrazionali e che, quindi, bisogna in ogni caso scongiurare. Il panico – è bene scriverlo a caratteri cubitali – è una patologia psichica e psichiatrica più terribile dello stesso Covid-19, che le televisioni, gli scienziati, i giornalisti e quanti, in questi giorni, parlano a proposito o sproposito di questo maledetto virus, dovrebbero non provocare con le loro vere o presunte conoscenze scientifiche di un virus del quale dicono essi stessi di conoscere poco.
Rammento che la parola “panico” trova la sua accezione nel dio della natura del pantheon greco. Pan è il satiro zufolaio che secondo la mitologia ellenica è dio dell’incubo che si impossessa della gente durante le esperienze estremamente perturbanti di perdita del senso cosciente di sé. L’incubo è oggi di quanti si fanno prendere dal panico di una malattia che sicuramente non è più pericolosa di alcune malattie che uccidono tante persone. Evitiamo che nella nostra mente si instauri, quindi, un cortocircuito della paura che diventa panico; non spaventiamoci troppo dell’irruenza del virus e non lasciamoci sopraffare dal senso di smarrimento.
È vero che una modifica drastica e repentina della nostra routine quotidiana, che già ci ha costretto a vivere in clausura (esperienza che si spera di non più ripetere) può portare a seri disagi psicologici. Non cadiamo, però, vittime dei pensieri ossessivi che fanno vivere in uno stato di angoscia, smarrimento e di condizionamento psicologico che a volte scavalca le capacità di ragionare. Con uno sguardo ottimistico e dando fiducia e tempo alla medicina che è alla ricerca di un vaccino, non concentriamoci troppo su tali disagi, ma proiettiamoci sul futuro, godendo, magari, delle piccole cose che la paura nasconde. Il Covid-19 paradossalmente ci può portare a un’opportunità: come In occasione di altri disastri naturali (vedi: terremoti, inondazioni), cerchiamo di coltivare la generosità, l’eroismo, il coraggio, la fratellanza: virtù, che sono più che reazioni e sono note alla psicologia positiva per la loro capacità di promuovere benessere personale e sociale. Paulo Coelho, scrittore, poeta brasiliano dice che “le persone più felici non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa, soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino”.