Una grande novità nella Chiesa Cattolica: cambia sostanzialmente il “rescritto” pontificio per ottenere la dispensa dagli obblighi derivanti dall’ordinazione sacerdotale e, quindi, la possibilità ai preti di lasciare il ministero…
di ANDREA FILLORAMO
Una grande novità nella Chiesa Cattolica: cambia sostanzialmente il “rescritto” pontificio per ottenere la dispensa dagli obblighi derivanti dall’ordinazione sacerdotale e, quindi, la possibilità ai preti di lasciare il ministero.
La nuova normativa, mediata dalla Sacra Congregazione del Clero, quasi sicuramente prelude all’ordinazione di uomini sposati e probabilmente, quando i tempi si riterranno maturi, di far riprendere il ministero ai preti sposati che lo vorranno.
Nel nuovo rescritto, innanzitutto non si parla più, come nel vecchio, di “secolarizzazione” del prete o della sua “riduzione allo stato laicale”, ma di “dispensa” o di “chierico dispensato”.
Sembra questo un cambiamento di poco conto ma non è così.
Se al prete che lasciava il ministero nel vecchio rescritto, infatti, non era permesso qualunque contatto con la sua parrocchia anche se negli ultimi decenni ciò di rado avveniva. In esso, infatti, c’era scritto: “ Il prete dispensato dal celibato e a maggior ragione il prete che si è sposato deve stare lontano dal luogo o territorio in cui è conosciuto il suo stato precedente”. Il nuovo rescritto invece recita: “L’Autorità ecclesiastica si adopererà per facilitare che il chierico dispensato svolga servizi utili alla comunità cristiana, mettendo al suo servizio i propri doni e i talenti ricevuti da Dio”.
Ancora in esso si legge: “ Il chierico dispensato sia accolto dalla comunità ecclesiale in cui risiede, per continuare il suo cammino, fedele ai doveri della vocazione battesimale”.
Il prete dispensato, quindi, non si deve sentire, come nel passato, un “esiliato”, come se egli avesse commesso un peccato così grave da essere imperdonabile e se poi voleva sposarsi era obbligato ad essere soggetto a quanto prescritto e cioè: ” l’ordinario deve prestare la massima attenzione affinché la sua celebrazione venga effettuata con discrezione, senza pompa o sfarzo”. Si nascondeva alla comunità quel sacramento del matrimonio come se fosse una vergogna o uno scandalo.
Non è da ritenere più valido ancora quanto si leggeva nel vecchio rescritto: “Il prete dispensato è escluso dall’esercizio dell’ordine sacro… e non può fare omelie o ricoprire alcun incarico di direzione nell’ambito pastorale, né gli si potrà conferire alcuna responsabilità nell’amministrazione parrocchiale” e “non può esercitare in nessun luogo la funzione di lettore, di accolito, o distribuire o essere ministro straordinario dell’eucaristia”. Il prete dispensato oggi, invece, se vuole può essere pastoralmente attivo. Egli, infatti: “ può esercitare gli uffici ecclesiastici che non richiedono l’ordine sacro, con il permesso del vescovo competente….. Può svolgere l’incarico di direttore in istituti di studi superiori che in qualche modo dipendano dall’autorità ecclesiastica,…… senza eccezioni, può insegnare su richiesta del vescovo competente e dopo aver consultato la Congregazione per l’educazione cattolica”.
Invece il rescritto precedente diceva che “negli istituti di studi superiori, dipendenti o meno dall’autorità ecclesiastica, non può insegnare nessuna disciplina teologica o con essa strettamente connessa” e ancora” negli istituti di studi inferiori dipendenti dall’autorità ecclesiastica non può egli esercitare un compito direttivo o di insegnamento di discipline teologiche”.
Ora “tale divieto potrà essere rimosso”
Questo, in grande, sintesi è il rescritto concernente i preti dispensati dagli obblighi sacerdotali, che viene affidato ai vescovi, che devono senza indugio aprire il loro cuore e accoglierli paternamente.
Ci aspettiamo adesso che il vescovo apra le porte della diocesi e delle parrocchie a quei preti dispensati che vogliono ancora lavorare nel campo molto vasto dell’evangelizzazione.
Non occorre ricordare ai vescovi che quei preti se validamente ordinati, secondo la teologia cattolica sono preti in eterno e, quindi, possono diventare delle risorse indispensabili, in un momento di crisi delle vocazioni, che la Chiesa mette a disposizione del “popolo di Dio”.