di ANDREA FILLORAMO
Ho riletto con molta attenzione il colloquio del Papa emerito Benedetto XVI, con Massimo Franco, pubblicato, qualche tempo fa sul Corriere della Sera per cercare di avere delle risposte alle domande che mi sono posto dopo aver letto quanto scritto dal professore Antonio José Sánchez Sáez, che sostiene, come già ho riferito in un mio recente articolo, che Papa Francesco in realtà sarebbe un Pontefice “impostore” in quanto messo al Soglio Pontifico, “forzatamente” dalla massoneria ecclesiastica dopo la non credibile e assurda “mossa”, di Benedetto XVI il quale si sarebbe dimesso, ma non avrebbe abdicato formalmente, rimanendo Papa e così “invalidando” il suo successore.
Non ho ovviamente creduto e nessuno può credere a questo furbesco, assurdo “gioco di dama” da parte del Papa emerito, cioè a una sua strategia per assicurarsi e per garantirsi in modo occulto il potere pontificio, vanificando quindi e rendendo illegittime persino le scelte del futuro conclave, chiamato a nominare il successore e di conseguenza, interrompendo la catena della successione apostolica.
Una nefandezza più grave nessuna mente umana, anche la più raffinata, la più diabolica, avrebbe potuto inventare, per non riconoscere che Papa Francesco è il legittimo e unico Papa della Chiesa Cattolica.
Quella di Antonio José Sánchez Sáez è, quindi, una bufala di grande portata, un’affermazione totalmente falsa, un’accusa gravissima al Papa emerito, alla quale egli, a mio parere, dovrebbe rispondere con chiarezza, come non ha fatto fino ad ora dinnanzi a quanti hanno fantasticato di fronte al suo gesto coraggioso non usuale delle dimissioni.
Ho, quindi, attentamente esaminato il colloquio fra il giornalista Franco e il Papa Emerito, per vedere se sono rintracciabili delle risposte, almeno indirette del Papa Emerito ai quesiti che ovviamente i cattolici, molti dei quali sono totalmente digiuni del Diritto Canonico e lentamente si stanno abituando all’idea dei “due Papi”, si pongono, ma non ho avuto alcun chiarimento neppure sui veri motivi che hanno indotto il Papa a dimettersi, motivi che sappiamo che necessariamente vanno al di là dell’età avanzata.
Le risposte, date a Massimo Franco, dal Papa emerito, infatti, stando a quanto dallo stesso riportato sul Corriere della Sera, sono aleatorie, cioè incerte ma non imprevedibili, se consideriamo il sistema ecclesiastico che impone la segretezza, che per il Papa diventa riservatezza, come se le dimissioni sono un fatto solo personale.
Con esse, infatti il Papa Emerito, ha cercato soltanto di allontanare da sé le ipotesi fatte dagli stessi suoi collaboratori all’interno della Curia Romana, che definisce un “po’ fanatici” ed “arrabbiati”, che hanno considerato le sue dimissioni “un’immane sciagura”.
Difatti il Papa dice: “Alcuni miei amici un po’ ‘fanatici’ sono ancora arrabbiati, non hanno voluto accettare la mia scelta. Penso alle teorie cospirative che l’hanno seguita: chi ha detto che è stato per colpa dello scandalo di Vatileaks, chi di un complotto della lobby gay, chi del caso del teologo conservatore lefebvriano Richard Williamson. Non vogliono credere a una scelta compiuta consapevolmente. Ma la mia coscienza è a posto”.
Che la sua “coscienza sia posto”, nessuno lo mette o lo può mettere in dubbio. A tal proposito, profanando la sacralità del titolo, oso citare un’espressione di Charlie Chaplin, che diceva: “preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro”. Ma non è così per un Papa, le cui decisioni superano la soggettività delle proprie scelte e della propria coscienza.
Nell’espressione riportata da Massimo Franco, il Papa Emerito, oltretutto, sembra risentito, piccato per la non accettazione delle dimissioni da parte dei suoi collaboratori, che all’interno della Curia, come è cosa risaputa, remavano contro e probabilmente sa che non tutti erano estranei agli scandali che hanno tormentato l’ultimo tratto del suo pontificato come quello menzionato del Vatileaks, ma il Papa tedesco, ancora tace sugli eventuali altri motivi, che l’hanno costretto alle dimissioni.
Andiamo, quindi, avanti nella disamina del colloquio così come riportato dal Corriere della Sera. Di non facile interpretazione mi sembra la frase successiva del Papa Emerito: “La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo (…). Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di San Pietro.”
Tale frase sicuramente può anche non essere equivoca ma, aggiunta ad altre – diciamolo chiaramente – può prestare il fianco ad interpretazioni, che possono portare a quelle assurde fandonie sostenute da Socci e da Antonio José Sánchez Sáez.
Resta il fatto che il Papa emerito è rimasto, come ha voluto, nel “recinto di S. Pietro”, ha mantenuto le insegne pontificie (veste bianca, zucchetto etc ) e si è stabilito nel Monastero Mater Ecclesiae, dove svolge le sue attività, riceve cardinali e giornalisti, si fa chiamare Papa Emerito. Non si è ritirato, perciò, in un convento, lontano dal Vaticano, a somiglianza di Celestino V, “colui che fece il gran rifiuto”, che Dante nella Divina Commedia colloca nell’Antinferno tra gli Ignavi. Se fosse stato così, tutto sarebbe stato tranquillo nella Chiesa.
Un’altra frase del Papa Emerito meriterebbe un approfondimento. Egli, infatti, come sempre riportato da Massimo Franco, afferma che “chi assume il ministero petrino appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa”. È questa una nuova dottrina del teologo Ratzinger, che non è rintracciabile nelle pagine di nessun testo teologico o giuridico della Chiesa Cattolica; essa, però, tende soltanto, ad affermare la volontà del Papa di continuare in altre forme un ministero al quale, però, formalmente ha rinunciato.
Dunque Benedetto, anche con altre interlocuzioni che non citiamo, fra queste la sua affermazione: “ il Papa è uno solo” senza dire però che il Papa è Francesco, non ha spazzato via definitivamente le assurde teorie sul “papato condiviso”, sul “Papa dimissionario” che non si è dimesso del tutto, sul Papa che rimane il vero Papa, come pure le sciocchezze ammantate di consistenza canonistica sull’esistenza di un “munus petrinum” a sé stante rispetto al suo concreto esercizio – che farebbe dunque permanere il munus anche a colui che non esercita più la giurisdizione di Vescovo di Roma – e, quindi, non mette la parola fine sulle elucubrazioni riguardanti la sua rinuncia.
Tutti auspichiamo che le dimissioni di Benedetto XVI, non si tramutino nel tempo in una ‘pagina nera’ della storia ecclesiale, la cui truce ‘leggenda’ per secoli è stata oltremodo nutrita e resa più oscura e terribile proprio dall’insensata e inestinguibile riluttanza a divulgare atti e parole che potevano tranquillamente essere resi, se ci sono stati, noti.
Tutti vorremmo che Papa Benedetto passi alla storia come un grande papa restauratore. Con le dimissioni di un Papa teologo si è chiusa una pagina della storia della Chiesa Cattolica, che è quella della restaurazione e se ne è aperta un’altra con l’avvento di Papa Francesco.