Papa Francesco e la rivoluzione totale alla quale dobbiamo credere

di ANDREA FILLORAMO

Che Papa Francesco stia per operare una rivoluzione nella Chiesa è chiaro a tutti, sia a quelli che la desiderano o la vogliono e la sostengono, sia a quanti l’osteggiano in vari modi o non ne vogliono neppure parlare perché temono che solo il parlarne contribuisca ad aggravare la crisi alla quale la stessa Chiesa sarebbe costretta dal Papa argentino.  

Certo, che alla rivoluzione dell’attuale Pontefice, che non è un Papa “comunista” come qualcuno ha osato dire, non   è applicabile il concetto, che si è imposto in tutto il secolo precedente, riferibile alle strutture sociali e politiche, di cui anch’essa è dotata, ma contiene in sé una pluralità semantica che eccede qualsiasi definizione.

Possiamo soltanto dire che la rivoluzione voluta da Papa Bergoglio, non è da intendere come un nuovo sistema ordinato e armonico nella Chiesa, come la celebrazione dell’ordine, ma, al contrario, del caos e, quindi, della sua necessaria fluidità.

Per intuire soltanto la non facile complessità di tale concetto, è necessario immergerlo nel registro dell’immaginario, attingendo al suo sostrato mitico vecchio di anni, vale a dire al filone apocalittico. L’apocalittica è un genere letterario sorto in ambito ebraico, come emanazione del genere profetico, per prolungarsi poi nel mondo cristiano. Negli studi recenti c’è molto interesse nella letteratura apocalittica, sia quella biblica (nell’AT principalmente il libro di Daniele, nel NT il libro dell’Apocalisse e vari brani in altri libri) che quella non-biblica (le opere “apocrife” giudaiche e cristiane, e anche certe opere fuori di queste tradizioni).

Per quanto riguarda il contenuto nel genere apocalittico si pone in risalto il carattere trascendente di Dio, l’attesa di un regno universale, la gratuità della salvezza, la retribuzione ultraterrena, la fedeltà di Dio, la visione dinamica della storia, il superamento del male, la speranza della giustizia, un mondo che è non è di questo mondo.

Ma quello che è interessante è che originariamente il termine non stava a significare «disastro», «catastrofe», «rovina totale», bensì voleva dire semplicemente «rivelazione» ed è con questa accezione che veniva tradotto nella Bibbia.

Si tratta di un annuncio di speranza, o meglio la catastrofe c’è, si manifesta, ma come passaggio obbligato per accedere a un’adunanza festosa di «moltitudini immense» (Ap 7,9) a celebrare l’irrompere di «nuovi cieli e nuove terre» (Ap 21,1).

Queste connessioni possono presentare tratti apparentemente inquietanti, ma mentre, come sappiamo dalla Storia, tutte le rivoluzioni per lo più falliscono: o perché vengono represse o perché, se vincono, utilizzano i mezzi del nemico, divenendo dispotiche, la rivoluzione della Chiesa voluta da Papa Francesco no, perché è gestita da Dio.

Niente palingenesi definitive o catarsi rivoluzionarie, dunque, così come nessuna volontà di potenza o esercizio di un dominio paranoico, ma neppure cedimento alle tristi passioni di chi si rassegna all’esistente.

La rivoluzione proposta da Papa Francesco è data dalla sua fertile creatività, in quel composito e misterioso rompicapo che può essere la vita cristiana che il Papa  vuole che sia  vissuta fino in fondo.

Chiare le intenzioni del Papa quando dice: “A me fa piangere quando vedo una Chiesa che crede di essere fedele al Signore, di aggiornarsi quando cerca strade puramente funzionalistiche, strade che non vengono dallo Spirito di Dio”.

L’immagine di un Papa che, vescovo di Roma, vuole essere il parroco di una comunità è sintomatica della portata riformistica della proposta di conversione ecclesiastica.

Sembra che ci si trovi di fronte a un carrierismo alla rovescia: piuttosto che aspirare a dominare, bisogna farsi servitori; piuttosto che aspirare a essere primi, bisogna correre a essere ultimi, sull’esempio di Cristo.

È questa sicuramente una rivoluzione totale, alla quale dobbiamo credere.