Papa Francesco e la terza guerra mondiale di Putin

di Andrea FILLORAMO

Ancor oggi Papa Francesco è tornato a parlare quasi in un modo ossessivo della guerra in Ucraina e ancora una volta definisce la guerra scatenata da Putin come una terza Guerra Mondiale a pezzi.

L’espressione “terza guerra mondiale” il Papa l’ha già usata anche per altri avvenimenti dolorosi degli ultimi tempi.

Per la prima volta è stata il 18 agosto del 2014 in un incontro con i giornalisti a bordo dell’aereo che riportava Bergoglio da Seoul a Roma. L’ha ripetuta il 13 del mese successivo al Sacrario di Redipuglia; il 16 giugno del 2015 nel discorso allo stadio di Sarajevo; il 14 novembre dello stesso anno nella strage di Parigi, il 15 dicembre per la Giornata della Pace.

Secondo Virgilio Ilari, professore di Storia delle Istituzioni Militari nell’Università Cattolica di Milano, non si è data allora l’importanza dovuta all’affermazione di Papa Francesco, considerata come riferita soltanto al terrorismo islamico, mentre per l’accademico avrebbe meritato maggiore approfondimento.

Questo fa riflettere su quanto per il Papa sia drammatico il problema della guerra e quanto spesso, nonostante fiumi di parole e di trattati, gli uomini, non vogliono la pace, ma la prepotenza degli uni sugli altri.

Papa Francesco in tutti i suoi discorsi condannando ogni guerra, abbandona del tutto la dottrina cattolica della guerra giusta, elaborata nel corso del tempo che aveva previsto alcune condizioni per ritenere una “guerra giusta” e cioè: l’autorità, che deve essere quella del potere pubblico; la giusta causa, e in particolare il fatto che l’uso delle armi non provochi mali o disordini più gravi di quelli che si vogliono eliminare; la giusta intenzione, cioè che la guerra debba essere fatta nell’interesse generale e non personale. Così, in nome di alcuni princìpi generali che hanno trovato la loro traduzione nel campo politico moderno, si sono potute giustificare molte guerre, anche quelle che a distanza di tempo appaiono oggi ingiuste, come per esempio le guerre coloniali o neocoloniali.

A dire il vero anche se a piccoli passi la Chiesa Cattolica, ancora prima dell’arrivo del papa attuale, aveva cominciato ad abbozzare la rottura con la dottrina della “guerra giusta” definita da Sant’Agostino nel quinto secolo, sviluppata da Tommaso d’Aquino nel tredicesimo secolo e in seguito da altri autori cattolici, al punto da far parte del catechismo della chiesa cattolica. Ma nessuno lo aveva fatto in modo così netto come Francesco che scrive: “Ancora oggi dobbiamo pensare con attenzione al concetto di ‘guerra giusta’. Abbiamo imparato in filosofia politica che per difendersi si può fare la guerra e considerarla giusta. Ma si può parlare di ‘guerra giusta’? o di ‘guerra di difesa’? In realtà la sola cosa giusta è la pace”.

Torniamo alla guerra in Ucraina: lo scorso 15 settembre Il Pontefice, conversando con i gesuiti della regione russa, avvenuta presso la nunziatura apostolica in Kazakistan, parlando della guerra in Ucrania, disse: “ E’ in corso una guerra e credo sia un errore pensare che sia un film di cowboy dove ci sono buoni e cattivi. Ed è un errore anche pensare che questa sia una guerra fra Russia e Ucraina e basta. No: questa è una guerra mondiale. La vittima di questo conflitto è l’Ucraina”.

 

L’ Ucraina non sarebbe altro, per il Papa, che il terreno sacrificale, di una guerra più ampia, con tanti e diversi interessi in campo, fatta da chi ha poco a cuore le sorti del popolo che in quel paese vive.

Bergoglio aggiunge: “Io intendo ragionare sul perché questa guerra non sia stata evitata. E la guerra è come un matrimonio, in un certo senso. Per capire, bisogna indagare la dinamica che ha sviluppato il conflitto. Ci sono fattori internazionali che hanno contribuito a provocare la guerra. Ho già ricordato – dice – che un capo di Stato, a dicembre dello scorso anno, è venuto a dirmi di essere molto preoccupato perché la Nato era andata ad abbaiare alle porte della Russia senza capire che i russi sono imperiali e temono l’insicurezza ai confini”.

Dunque, il Papa, a differenza di chi è condizionato da motivi geopolitici o di parte o addirittura di potere e tace sui veri motivi di questa guerra dichiarandoli incomprensibili, ancora osserva: “Non si può essere semplicisti nel ragionare sulle cause del conflitto. Io vedo imperialismi in conflitto. E, quando si sentono minacciati e in decadenza, gli imperialismi reagiscono pensando che la soluzione sia scatenare una guerra per rifarsi, e anche per vendere e provare le armi”.

Sono queste parole molto chiare di Bergoglio sulle quali occorre riflettere per giungere non solo ad un cessate il fuoco ma anche a dei negoziati magari lunghi e logoranti e, infine, alla pace.

Ciò prima che l’incubo dell’atomica faccia piombare il mondo nell’epoca più buia della Storia.

La speranza della pace proviene soltanto dalle parole del Papa che ispira l’attività della diplomazia vaticana che ha sempre tenuto aperti i suoi canali con Mosca.  Ne è una prova quanto affermato in un’intervista a Ria Novosti dal direttore del Primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexeij Paramonov che dice: “La dirigenza vaticana ha ripetutamente dichiarato la propria disponibilità a fornire ogni possibile assistenza per raggiungere la pace e porre fine alle ostilità in Ucraina. Queste affermazioni sono confermate nella pratica. Manteniamo un dialogo aperto e riservato su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria in Ucraina“. Da rammentare che Ucraina si gioca non solo il destino della Russia, che è stata tentata, invadendo uno Stato libero e indipendente, di tornare impero trovando nuovi sudditi da conquistare nel suo campo di forza, pensando che la partnership mondiale nel nuovo multipolarismo potesse giocarsi sul piano della forza e della trasgressione. Di ciò, forse, si sta rendendo conto, pagando lo scotto di ben 100.000 morti sul campo di battaglia e di una crisi economica che supera immensamente quella che la guerra ha causato in Occidente.  Non sappiamo, quindi, quello che sarà il suo futuro che andrà oltre Putin, Di ciò si rende perfettamente conto anche Zelenskyy”, che vede il suo parse distrutto. Gli effetti della guerra in Ucraina, così come quelli di ogni guerra, sono a dir poco drammatici: ci sono la tragedia umana e sociale, quella ambientale e quella economica. Le conseguenze di tanta morte e distruzione avranno ripercussioni che si protrarranno per parecchi anni dopo la fine del conflitto. Gli analisti cercano di dare un valore ai danni causati da questa guerra e ne stimano e aggiornano i costi, distinguendoli in costi diretti e indiretti. Tra i primi, oltre alla distruzione di abitazioni, infrastrutture, mezzi di produzione, veicoli e altri beni, sono compresi i dati sulle vittime, i caduti e i profughi. Naturalmente è impossibile dare un valore economico alle perdite umane, combattenti e civili, verificatesi dall’inizio del conflitto. Tuttavia, è chiaro che la perdita di così tante vite, di cui molti giovani, rappresenta cinicamente anche un costo economico in quanto l’Ucraina sta perdendo parte di una generazione che ne avrebbe dovuto rappresentare il futuro e le migliori speranze. Per quanto decimata, questa generazione avrà il compito di ricostruire una nazione in macerie. Alla fine della guerra sicuramente ci si chiederà: “cui prodest?”.

La risposta la dà Oriana Fallaci  quando scrive: “ io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre”.