Mai come in questi ultimi anni c’è stata un’impennata di parti gemellari, che hanno superato la quota di 1.6 milioni l’anno. Il fenomeno, oltre ad avere un carattere globale, ha una portata storica: si tratta dell’incidenza più alta non solo degli ultimi quarant’anni, ma, molto probabilmente, di tutta la storia dell’umanità. Praticamente, da alcuni anni a questa parte, un neonato ogni 42 ha un gemello.
Lo certificano i numeri raccolti su oltre un centinaio di Paesi dagli esperti che lavorano presso l’Università di Oxford, l’Istituto francese di studi demografici (INED) e l’università olandese di Radboud. I risultati sono pubblicati sulla rivista Human Reproduction. Questo fenomeno si deve principalmente a due fattori. Da una parte, l’aumento dei parti gemellari viene imputato al fatto che l’età media in cui si cerca una gravidanza sta diventando sempre più alta; dall’altra, al fatto che un numero sempre maggiore di persone ricorre alla fecondazione assistita per avere un bambino. Secondo le ricerche, dagli anni 80 ad oggi, i parti gemellari sono aumentati di un terzo, passando da 9 a 12 ogni mille.
Nei paesi più sviluppati questi dati possono essere associati a una gestione dei trattamenti di PMA in cui non viene adottata una strategia sul numero di embrioni da trasferire che riduca al minimo il rischio di complicanze. Nei paesi in via di sviluppo invece, come in molte regioni dell’Africa, si tratta di un fenomeno del tutto diverso, legato a peculiarità genetiche del luogo che determinano numerosi parti dizigoti, ovvero derivanti da due ovociti diversi.
“Per quanto riguarda il nostro Paese – ha spiegato la Dott.ssa Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma – bisogna precisare che la situazione è cambiata nel 2009, quando una sentenza della Corte costituzionale ha abrogato gli obblighi relativi al numero di ovociti da trattare e agli embrioni da impiantare. Infatti, la legge 40 del 2004, che regola i trattamenti di PMA, stabiliva l’obbligo di trattare solo 3 ovociti per volta e di impiantare in utero tutti gli embrioni ottenuti, con il conseguente aumento tra il 2004 e il 2009 di gravidanze gemellari.”
“La policy di IVI – ha continuato la dott.ssa Galliano – per garantire la miglior riuscita del trattamento e la massima sicurezza di pazienti e nascituri, prevede il SET, ovvero il Single Embryo Transfer. Trasferire un singolo embrione alla volta, ove possibile, consente di ridurre fortemente la possibilità di parti gemellari e, dunque, di evitare alla futura madre e al nascituro tutte le complicazioni che possono derivare da una gravidanza e un parto gemellare.” Tra i rischi che può correre la madre in caso di gravidanza plurima, troviamo una percentuale maggiore di dover effettuare un parto cesareo, ipertensione, rottura prematura delle membrane, minaccia di parto prematuro o maggiore incidenza di emorragie postpartum. Per quanto riguarda il neonato, la gestazione multipla può essere accompagnata da prematurità (molto comune in questo tipo di gravidanza), difetti congeniti, ritardo della crescita intrauterina, basso peso alla nascita o persino mortalità perinatale.
“Chiaramente, – ha aggiunto la Responsabile del Centro PMA di IVI Roma – la tecnica SET prevede una normale stimolazione ormonale della paziente, con trattamento di più ovociti. Dunque, la coppia disporrà di diversi embrioni crioconservati che potranno essere utilizzati qualora il primo tentativo di impianto non vada a buon fine, oppure nel caso in cui la coppia in futuro decida di cercare un’altra gravidanza. Questo è molto importante per la tutela della donna, che sarà sottoposta a una sola stimolazione ormonale”
“Infine – ha concluso la D.ssa Galliano – bisogna riconoscere che i tassi di successo di IVI per trattamenti con un solo embrione sono altissimi. Raggiungono l’87,2% in caso di FIV-ICSI e il 92,6% in caso di ovodonazione. Questi risultati per noi sono fonte di orgoglio e gioia e ci spingono ad andare sempre oltre in termini di ricerca e sviluppo”.