di Davide Romano
Vi fu un tempo in cui i protestanti francesi guardavano con distaccata superiorità agli scandali della Chiesa cattolica. “È il celibato”, mormoravano nei loro templi. “È la struttura gerarchica vaticana”. Poi è arrivata la lettera di Catherine.
Ottantun anni, una vita passata a nascondere il suo segreto, Catherine (nome di fantasia) ha scritto quest’estate alla redazione di Réforme, il giornale protestante francese. Ha raccontato di quando, bambina, fu abusata da un pastore riformato. Non un giovane focoso, non un celibe represso, ma un pastore in pensione, sposato, padre di quattro figli e nonno. Per sessant’anni ha sepolto quel trauma, emerso solo quando suo figlio si è tolto la vita. “Ho continuato ad andare avanti nella vita senza pormi domande”, ha scritto, “senza sapere da dove venisse il mio disagio”.
La Chiesa protestante unita di Francia (EPUdF) ha dovuto ammettere che il caso di Catherine non era isolato. Con un gesto che ricorda la confessione pubblica tanto cara ai riformatori del XVI secolo, ha deciso di aderire alla Commissione di riconoscimento e riparazione (Crr). Un organismo nato, ironia della sorte, proprio per gestire gli scandali della Chiesa cattolica.
“Due anni fa”, racconta Emmanuelle Seyboldt, presidente del consiglio nazionale della Chiesa Protestante Unita di Francia, “abbiamo creato una cellula di ascolto professionale e indipendente”. Ma non bastava. Le vittime di abusi di venti, trent’anni fa chiedevano qualcosa di più del semplice ascolto. La Chiesa ha stanziato fino a 60.000 euro per ogni vittima. Non un risarcimento – come si può risarcire una vita spezzata? – ma un riconoscimento simbolico del danno subito, qualcuno mormora anche troppo simbolico.
Seyboldt sostiene che la struttura collegiale della Chiesa protestante unita e la limitazione dei mandati abbiano impedito una “deriva sistemica”. Ma Valérie Duval-Poujol, vicepresidente della Federazione protestante di Francia, non è d’accordo. Parla di “fattori aggravanti”: i rapporti di potere, una sopravvalutazione quasi idolatrica della figura pastorale, tabù ancestrali sulla sessualità, disuguaglianze tra uomini e donne. Le stesse dinamiche, guarda caso, che, a detti di alcuni, si ritrovano anche nella Chiesa cattolica.
I numeri, per ora, sono contenuti. La cellula d’ascolto ha ricevuto poche denunce di abusi storici, “si contano sulle dita di una mano”, dice Seyboldt. Ma quante vittime tacciono ancora? Quante Catherine aspettano sessant’anni prima di trovare il coraggio di parlare?
La verità è che i protestanti francesi stanno imparando, a loro spese, che non basta essere eredi di Calvino per essere immuni dalla corruzione morale. La vera Riforma, oggi come nel 1517, passa attraverso il pentimento, la confessione pubblica e la riparazione del male commesso. Anche se questo significa ammettere che i demoni non abitano solo in Vaticano.