di ANDREA FILLORAMO
“Non ci sono divieti, né muri, né impedimenti alla realizzazione di un’indagine interna sul dramma della pedofilia nella Chiesa. Anzi, anche su questo aspetto, io credo che tutto ciò che tenda all’accertamento della verità sia sempre importante e necessario”.
Così il Cardinale Lojudice, arcivescovo di Siena risponde a chi gli chiede se anche in Italia, sarebbe possibile un analogo dossier.
È questo il compito della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che si limita a un portale sul Sito istituzionale del “Servizio Nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili”, dove raggruppa in un unico elenco i primi cento siti dei Servizi diocesani per la tutela dei minori veicolando in maniera sinergica le iniziative avviate dalle comunità locali, ma non promuove delle iniziative o delle indagini (e se l’ha fatto non le fa conoscere) per quanto concerne lo specifico tema della pedofilia clericale.
Teme forse di suscitare scandali e scossoni interni e cerca di non stravolgere l’’identità cattolica del Paese, per la verità ormai solo di facciata.
I vescovi, quindi, si mostrano piuttosto contrari a un’ipotesi d’indagine puntuale sugli abusi, come se le 227 diocesi italiane fossero immuni da una piaga su cui il Papa non vuole insabbiamenti al punto da prescrivere la rimozione di vescovi negligenti nella gestione dei casi di pedofilia.
Risulta, intanto, contando solo i condannati e gli indagati, così come veniamo a conoscerli attraverso i giornali e la televisione, sono tanti i sacerdoti italiani denunciati per atti di lussuria con adolescenti: molti di più di quelli che hanno scoperto i cronisti del Boston Globe che diedero il via all’inchiesta Spotlight del 2002… Eppure in Italia lo scandalo non è mai esploso, a differenza che negli Stati Uniti, in Australia, in Irlanda o in Belgio, in Francia e in Germania, in tutta la sua gravità.
“Ciò che mi preoccupa qui è una certa cultura del silenzio”, disse monsignor Charles Scicluna quando faceva il promotore di giustizia della Congregazione della dottrina della Fede.
È questa una tendenza all’acquiescenza che sembra coinvolgere le vittime, le famiglie dei credenti, le gerarchie e anche parte dei media: secondo alcuni osservatori non è un caso che siano proprio i paesi tradizionalmente più cattolici – come l’Italia, la Spagna e quelli del Sud America – quelli in cui il fenomeno della lussuria sui più piccoli sembra avere, nei pochissimi dati ufficiali disponibili, dimensione contenuta.
Paola Lazzarini, sociologa e promotrice del network cattolico “Donne per la Chiesa”, che ha raccolto circa 2mila firme per chiedere un dossier sul modello francese, va in profondità sui motivi per i quali i vescovi non vogliono indagare su quello che è un fenomeno che si estende a macchia d’olio e scrive che “far emergere i casi non solo crea difficoltà sul piano dei rapporti con la magistratura civile, anche se oggi i chierici hanno l’obbligo morale di denuncia, ma riaccende interrogativi sulla formazione, il celibato e la sessualità dei preti”.
Viene, così, convalidata l’opinione di Jean-Claude Hollerich, arcivescovo del Lussemburgo e presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Ue, che in risposta al report di Monaco, afferma che “la formazione del clero deve cambiare” e che “bisogna mutare il nostro modo di vedere la sessualità”.
Il fatto che ad oggi non ci sia un’esplicita volontà della Cei a fornire i numeri dei casi di pedofilia non significa che nell’episcopato non sussista un dibattito interno anche alla luce dell’inedito cammino sinodale intrapreso l’ottobre scorso dalla Chiesa italiana, teso a favorire un dialogo anche coi lontani, ma che, partito in sordina nelle diocesi, rischia di pagare dazio proprio alla voce credibilità.
“Credo e auspico che in futuro si possa arrivare, sulla base di un coordinamento della presidenza, alla stesura di report su base diocesana – dichiara il vescovo Derio Olivero, ordinario di Pinerolo e ministro della Cei per il Dialogo- È vero, in passato ci sono state tra i vescovi, delle resistenze, ma ora sta maturando sempre più la consapevolezza di una necessaria trasparenza”.
Da ricordare che gli esperti dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno chiesto alla Santa Sede ulteriori sforzi per la protezione dei minori dopo i casi emersi di abuso sessuale da parte del clero in tutto il mondo e scrivono. Si legge, infatti, in un comunicato: “Gli esperti delle Nazioni Unite hanno accolto con favore le recenti norme stabilite dalla Santa Sede per abolire il segreto pontificio nei casi di abuso sessuale e per consentire la segnalazione di tali casi e la presentazione di documenti alle autorità civili delle giurisdizioni coinvolte”.