Per uscire dalla pandemia servono solo i vaccini, si continua a ripeterete come un mantra. In questi due anni di crisi pandemica, abbiamo sentito e visto di tutto, discussioni logorroiche in tutti i talk show serali, articoli, inchieste, manifestazioni, molte chiacchiere, ma poche certezze. Chi ha posto e pone domande viene visto come un bieco No vax. La medicina, la scienza, giustamente sono al centro del dibattito, ma quasi mai si guarda altrove per esempio al soprannaturale, al religioso, alla Fede, all’aspetto spirituale.
Che ne so affidarsi pure all’Altissimo, come si faceva una volta. Certo vale sempre il detto “aiutati che Dio ti aiuta”, e infatti, nessuno contesta l’utilizzo di tutti gli strumenti della medicina a partire dai vaccini o dalle cure domiciliari.
Forse questa sfiducia nell’Altissimo è da addossare ai credenti, ai cristiani che non credono più alla salvezza che viene dal Dio incarnato. Forse gli stessi preti hanno abdicato al loro compito di predicare la Buona Novella. A questo proposito, Messori, nel suo ultimo libro, “La luce e le tenebre” (Sugarco 2021), nella III parte dedicata all’apologetica, scrive, riferendosi ai sacerdoti: “come e quanto incidono sul vissuto le 25.000 omelie pronunciate in Italia ogni domenica?”. Certo non tutti sono come padre Livio e la sua Radio Maria o il sacerdote che ho ascoltato la sera del primo dell’Anno nella chiesa di S. Alfonso in Torino. A me sembra che sulla questione del Covid 19 sia venuta a mancare nei credenti “una prospettiva, una visione del mondo, una passione di convincere”. Ma è proprio quello che manca al mondo cattolico, ridottosi a una melassa che ricicla, per giunta in ritardo e con un surplus di moralismo e di sentimentalismo, il pensiero egemone politicamente corretto. Come fare a riscoprire quel che un tempo si chiamava apostolato? Si chiede Messori e soprattutto: “Come passare dalla difesa, spesso lagnosa e vittimista, all’azione che fermenti la società, se non riusciamo a proferire altro che moralismi ed auspici edificanti quanto impotenti, roba da messaggio di fine anno di presidente della repubblica?”.
Ecco due messaggi hanno le caratteristiche che auspicava il buon Vittorio Messori, quello del vescovo emerito di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole e quello del reggente nazionale di Alleanza Cattolica, Marco Invernizzi.
“Da tempo le nostre vite sono condizionate da questa misteriosa pandemia, che provoca paura, confusione e perfino odio. Non possiamo permettere che questo ci tolga la pace”, scrive monsignor D’Ercole sulla sua pagina facebook e poi ripreso da Lanuovabussola.it
“Il Bambino di Betlemme c’invita a riprendere in mano la bussola che è il Vangelo e ci chiede di accettarci gli uni gli altri così come siamo e di volerci bene anche se abbiamo idee diverse, sia che tu sia vaccinato oppure no”.
Come sarà il 2022? Ci si augura sempre che sia migliore dell’anno passato, Bisogna però aggiungere che da un po’ di tempo, a causa di questa misteriosa epidemia, a dominare dappertutto è la sfiducia e la paura, la confusione e l’incertezza, lo scontro e persino l’odio. Il Covid19 con le sue varianti è il tema assillante dei pensieri e delle parole di quasi tutti: un piccolo virus, non si dice ancora chiaramente su come sia nato, condiziona la vita dell’intera umanità.
Ma possiamo permettere che tutto questo ci tolga la pace? Che cosa possiamo fare? “È mai possibile che pure nelle famiglie e persino nelle comunità ecclesiali ci si divida e si lotti aspramente tra chi pensa che il vaccino sia la soluzione del problema e chi invece non ne è convinto? Nessuno sta vincendo e invece a perdere siamo tutti perché quando sparisce la fiducia reciproca l’orizzonte si tinge di violenza e di tristezza”.
In questo “momento è importante alzare lo sguardo verso l’Alto dove Qualcuno, nella Stella che ha guidato i Magi, non smette di guardarci e di pensare a noi […] “La soluzione della pandemia non è facile – scrive il vescovo – ma sicuramente ne assicuriamo la soluzione se come cristiani riconosciamo che la preghiera e il ricorso a Dio è una garanzia certa di successo. Questo è il tempo in cui seguiamo come possibile ogni prudente e opportuna misura sanitaria, ma ci è chiesto come credenti qualcosa di più che solo noi possiamo fare; dobbiamo far sentire la forza della fede che trasporta le montagne e realizza l’impossibile”.
Tuttavia, “Questa è l’ora della testimonianza della fede, credere nella potenza dell’azione divina che in passato, grazie alla convinta preghiera e all’azione di buoni fedeli, tante volte ha superato ben altre terribili calamità e situazioni drammatiche”.
Intanto è importante in questo momento storico combattere la tentazione strisciante dell’egoismo e del ripiegamento su sé stessi, e soprattutto diamoci da fare tutti per aiutarci a superare insieme questo momento difficile condividendo gioie e dolori! Vi ricordo infine queste parole di Gesù: “Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc11,9-13).
L’altro intervento edificante in questo momento per noi cristiani è quello di Invernizzi. “La malattia del nostro tempo non è solo la pandemia, ma l’indifferenza verso la verità e il bene. L’uomo post-moderno può guarire, se sceglie di lasciarsi convertire da Dio e a Dio”. (M. Invernizzi, Pandemia, ritroviamo l’unità in Gesù, 1.1.22, alleanzacattolica.org)
E’ chiaro che quest’anno tutti chiediamo, credenti e non, di superare la pandemia che sta affliggendo tutto il mondo. “Tuttavia, questa speranza non può bastare, – scrive Invernizzi – anche qualora si avverasse e improvvisamente un miracolo liberasse il mondo dall’incubo del Covid-19 e delle sue varianti. Perché il mondo, in particolare il nostro mondo occidentale, era malato anche prima e tale rimarrebbe anche senza questo maledetto virus che continua a circolare”.
La malattia del mondo occidentale viene da lontano, è una malattia plurisecolare e oggi quello che ci colpisce, è l’indifferenza e la stanchezza che si è impadronita dell’uomo occidentale e cristiano in seguito all’avvento della società post-moderna, segnata da una “dittatura del relativismo” come disse Joseph Ratzinger.
Pertanto, per Invernizzi non basta “uscire dall’incubo della pandemia, così come non basta metterla al centro dell’attenzione come se fosse l’unico male del tempo presente, o peggio addirittura ritenerla un complotto ordito da non si sa chi per impadronirsi dei destini dell’umanità”.
Certo continua il reggente di Alleanza Cattolica, “La pandemia c’è e fa paura, così come ce ne sono state molte altre nella storia. Va combattuta con la medicina e con la preghiera, ma senza mai dimenticare che siamo vittime di una malattia molto più profonda e pericolosa. Credo che questo sia il pericolo che dovremmo maggiormente evitare, mettere al centro la pandemia e dimenticare tutto il resto”.
Invernizzi elenca alcuni mali presenti nel nostro Paese, molto più pericolosi del virus. A partire dall’inverno demografico, non sottolineato abbastanza dai Media. L’indifferenza verso la verità e il bene che si è così impadronita dell’uomo post-moderno al punto da corrompere tutte le sue relazioni, soprattutto quelle familiari. Ormai si parla di società post-familiare.
Per Invernizzi: “dalla situazione in cui ci troviamo si esce solo convertendosi, cioè cambiando l’orientamento della nostra esistenza e indirizzandola verso l’unico Signore della vita e della storia. Dobbiamo prestare attenzione alla parola conversione: essa ha senso se comincia da sé stessi per poi essere proposta ad altri e alla società intera. E’ sbagliato cercare prima le soluzioni politiche e sperare che da queste derivi un cambiamento dei cuori. E’ sbagliato illudersi che un salvatore umano possa farci uscire dal dramma storico in cui ci troviamo o individuare un nemico terreno sconfiggendo il quale tutto il resto si risolverebbe”.
Tutto quanto possiamo fare umanamente va fatto, ma senza mai dimenticare il punto fondamentale: la riforma di se stessi, condizione per riformare la società. Le soluzioni politiche verranno, si manifesteranno perché la Provvidenza non abbandona mai il suo popolo, se quest’ultimo gli rimane fedele. Non si tratta di ripetere una “scelta religiosa” come quella proposta negli Anni Sessanta del secolo scorso all’Azione Cattolica, che ha portato il mondo cattolico a smettere di opporsi al socialcomunismo proprio quando quest’ultimo stava per entrare nella crisi che ha portato al 1989.
Si tratta invece di tenere presente il “quadro” come diceva spesso Giovanni Cantoni e il contesto che è mutato profondamente negli ultimi decenni. Oggi non siamo tanto sedotti da ideologie false quanto da un’apatia che è penetrata in fondo al cuore di tanti. Se ne può uscire cambiando il cuore e orientando diversamente la propria vita. La conversione è opera di Dio, ma noi possiamo costruire delle relazioni e preparare degli ambienti dove il cambiamento risulti più facile. Ambienti
fisici, ma anche culturali. Credo sia questo il contributo che possiamo dare alla nuova evangelizzazione. Il resto verrà”.
DOMENICO BONVEGNA
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