PERCHE’ SI NEGA IL TERRIRISMO JIHADISTA?

Una bella domanda che stanno cercando di rispondere autorevoli opinionisti di area conservatrice. Sia a Magdeburgo che a New Orleans, ma anche a Rimini,“le classi dirigenti hanno un’unica preoccupazione: negare la matrice islamica jihadista del terrorismo. Ci sono almeno tre tipi di ragioni per cui lo fanno: ideologiche, politiche e partitiche”.

Lo scrive su Lanuovabussola, il professore Eugenio Capozzi. L’effetto di tutto questo è la crescita di forze d’opposizione sempre più radicali. Addirittura a New York il giorno di Capodanno, mentre ancora venivano raccolti i corpi per le strade di New Orleans, “c’è stata una protesta pro Intifada. Una protesta pro-terrorismo. Sì, avete letto bene”, lo rileva Giulio Meotti su Il Foglio del 6 gennaio, riportando un pezzo giornalistico di Douglas Murray sul New York Post. ( “New Orleans e le folle che inneggiano al jihad”). Il giorno di Capodanno, centinaia di persone si sono radunate a Times Square. Oltre ai partecipanti che urlavano agli ebrei che avrebbero dovuto ‘tornare in Europa’, questi dimostranti hanno anche inneggiato ininterrottamente per il jihad. “Per anni, i cittadini di Israele hanno avuto jihadisti maniaci che li hanno raggiunti e hanno cercato di falciarli per strada.

Ma questo ha suscitato solo applausi da parte degli idioti nei campus universitari degli Stati Uniti e dei manifestanti di strada di New York. Poi, poco prima di Natale, la Germania ha avuto di nuovo un assaggio di questa ‘intifada’. E’ stato allora che un immigrato saudita ha deciso di travolgere con il veicolo che guidava la folla felice di un mercatino di Natale. Ha ucciso così cinque persone e ne ha ferite quasi duecento. Questa volta, i desideri degli studenti della Columbia e di altri campus universitari sono arrivati nelle strade di New Orleans. Un uomo con una bandiera dell’Isis ha guidato un pick-up tra i festeggiamenti di Capodanno, uccidendo 14 persone e ferendone gravemente decine di altre”.

Se per caso l’attacco di Capodanno non fosse stato jihadista, ma ad esempio, un suprematista bianco di estrema destra, ogni angolo dei nostri media e della nostra politica si sarebbe giustamente schierato per chiedere risposte. Chi lo ha aiutato? Chi lo ha incoraggiato? Chi ha detto che era giusto, anzi buono, fare una cosa del genere? Anche dopo quasi un quarto di secolo, è ancora diverso con i jihadisti. Ci sono troppe persone che pensano che ci siano ‘sensibilità culturali’ che devono essere rispettate. Allora perché siamo così vigliacchi mentre le persone per le strade e nei campus di questa città in realtà invocano il terrorismo mentre i cittadini di New Orleans lo hanno appena subito? Una domanda a cui bisogna rispondere”.

Tornando all’intervento di Capozzi, il professore napoletano scrive: Ormai è uno schema fisso, un luogo comune, quasi un genere letterario. Davanti ai continui, sempre più frequenti e minacciosi, episodi di aggressioni violente e attentati motivati dall’integralismo islamico nei paesi occidentali, i media mainstream e gran parte della classe politica rispondono all’unisono sempre nello stesso modo: tentando di rimuovere, negare, mascherare il fatto evidente, piuttosto che affrontarlo in tutta la sua gravità”. (ISLAM. Le classi dirigenti negano la realtà del terrorismo jihadista 4.1.25, Lanuovabq.it) E’ successo anche per il “lupo solitario” di Rimini, con il coltello in mano cercava di colpire contro passanti ignari. Il genere letterario è sempre lo stesso: “Se un attentatore si getta con un’auto contro un mercatino di Natale o una strada piena di turisti i media producono titoli che recitano più o meno “Auto sulla folla”, come se si trattasse di veicoli impazziti senza pilota, e non dell’atto intenzionale perpetrato da una persona”.Poi, quando non si può negare che la strage sia volontaria, comincia sempre la stessa messa in scena, in 4 fasi: 1) si nascondono il più possibile il nome e la foto dell’assassino; 2) si premette subito che non è detto si tratti di un atto terroristico, e le forze dell’ordine stanno ancora indagando; 3) ci si affretta a comunicare che l’assassino ha la cittadinanza del paese in cui l’attentato è avvenuto, o di altra nazione occidentale, anche quando il nome e le fattezze indicano inequivocabilmente l’origine da un paese islamico; 4) si afferma con sicurezza che il responsabile “aveva problemi psichiatrici”. Sono modalità, scrive Capozzi, che vengono riprese, in forma difensiva, da rappresentanti dei governi ed esponenti politici anche quando qualcuno evidenzia la gravità e la consistenza della minaccia rappresentata da atti del genere per la convivenza civile e la sicurezza.

In pratica, c’è uno sforzo colossale, sistematicoper negare l’evidenza, per impedire che il tema della minaccia terroristica islamista costantemente incombente sulle nostre società venga percepito come tale dalla popolazione, e trattato come questione prioritaria”. Per qualcuno possono sembrare delle esagerazioni quelle del professore, ma non è così per chi segue la cronaca di questi fatti. Naturalmente dietro a questo modo di pensare delle classi dirigenti occidentali, quasi sempre progressiste, ci sono dei moventi di natura ideologica, a cominciare dalla dottrina multiculturalista, secondo la quale,l’immigrazione nei paesi occidentali è un fenomeno positivo. Pertanto, è un dovere morale per noi occidentali, accogliere tutti i migranti che provengono da Paesi ex colonizzati e in via di sviluppo come un “risarcimento” per i danni che abbiamo causato nel passato. Inoltre, l’”integrazione” degli immigrati nei nostri paesi è un fenomeno naturale e ovvio, e se essa non avviene, la colpa va addebitata alla chiusura, al razzismo, all’intolleranza nostra.

Secondo Capozzi, “Si tratta di petizioni di principio astratte, para-religiose, fondate su una spinta all’autoflagellazione e sulla convinzione che l’Occidente nel suo complesso debba “espiare” i suoi peccati”. Tuttavia, seguendo le teorie di Samuel Huntington, le classi dirigenti occidentali, non comprendono che le civiltà possono soltanto coesistere, ma non fondersi. In uno stesso territorio, sotto le stesse istituzioni, difficilmente le due religioni monoteistiche non potranno mai produrre una “integrazione” piena. Pertanto, le democrazie liberali europee e americane, smettano di ascoltare le sirene ideologiche multiculturaliste, cambino radicalmente linea sull’immigrazione. Occorre limitare numericamente al massimo l’accoglienza, e selezionare severamente gli immigrati accettando solo quelli che, per istruzione e cultura, siano più assimilabili su un piano individuale e qui ritorna il consiglio del cardinale Biffi di tanti anni fa. Oltre al movente ideologico, per il professore napoletano, le classi dirigenti credono di non avere la forza per fermare l’invasione migratoria. Infine, il terzo movente è  legato a calcoli di politica interna e di partito. Cercano di negare il problema del terrorismo islamista e dello “scontro di civiltà” interno ai confini degli stati occidentali per non aumentare il consenso a partiti e movimenti di destra conservatrice e sovranista. Ma anche questo calcolo si rivela chiaramente un boomerang. Le destre sovraniste sono cresciute nei consensi nelle democrazie occidentali ovunque innanzitutto perché hanno intercettato la rabbia e la frustrazione dei cittadini davanti alla rimozione della questione da parte delle altre forze politiche. E, più si continua a cercare di “nascondere la spazzatura sotto il tappeto”, più aumentano gli elettori che, per sfondare il muro dell’indifferenza e della manipolazione, passano dalla loro parte.

a cura di DOMENICO BONVEGNA