La nomina di Amy Coney Barrett per la Corte Suprema federale da parte del presidente degli USA, Donald Trump com’era prevedibile ha scatenato le critiche dei progressisti liberal sostenitori del candidato democratico alla presidenza Joe Biden.
Ci sarà il tempo per fare commenti e valutazioni, «ci sarà il tempo per la battaglia contro il mondo liberal che vorrà ostacolarla in ogni modo, ma quel momento non è ora. Ora è il momento di contemplare questa foto». (Marco Respinti, “Grazie, Trump, per Amy Coney Barrett”, “Grande donna, moglie, madre e professionista, migliorerebbe Corte Suprema e mondo. Per questo deve farcela” , 27.9.2020, in ifamnews.com).
Respinti si riferisce alla bella e significativa foto pubblicata in queste ore, credo dai media pro-vita, della famiglia al completo della Barrett. E peraltro, polemicamente il giornalista afferma: «Non sarà certo questa la foto con cui i giornaloni sceglieranno d’illustrare la decisione del presidente degli Stati Uniti d’America, Donald J. Trump, di nominare Amy Coney Barrett per la Corte Suprema federale, in sostituzione della defunta Ruth Bader Ginsburg (1933-2020), ma è invece proprio questa la cosa più bella che si possa fare adesso». Quando insegnavo ai ragazzini spesso i contenuti della lezione li supportavo con le immagini, perché tante volte un’immagine vale più di mille parole. E’ così anche per questa foto.
Il giudice federale degli Usa, è ritratta con il marito e i sette figli. In questa famiglia, di bianchi smaglianti, ci sono due figli di pelle nera, come il carbone, adottati ad Haiti. Mentre il più piccolo dei figli biologici, è affetto dalla sindrome di Down. Di fronte a questa presenza, si domanda Respinti: «Con che faccia gli antifascisti sfascisti tacceranno l’Amministrazione Trump e i conservatori di razzismo, plaudendo alla soppressione eugenetica degli affetti da Trisomia 21?».
Certo non si vuole idealizzare troppo la famiglia Barrett, probabilmente, anche loro, come in tutte le famiglie, avranno i loro problemi.
Tuttavia non possiamo che esultare di fronte alla scelta di Trump, in questo momento di grave crisi sociale e politica, «ci vuole una persona così, una donna così, una madre così, una moglie così, una professionista così in un posto di tale e tanta responsabilità per gli Stati Uniti, sì, ma per il mondo intero, per rendere l’intero mondo migliore, almeno un po’ migliore».
Trump definito da molti un parvenu, in questo caso, ha dimostrato grande coraggio, senza farsi influenzare dalle pressioni mediatiche. Ha mantenuto la promessa, «Per sostituire una donna e una pasionaria liberal come la Ginsburg, Trump, già accusato di machismo opportune et importune, ha scelto una donna e una eroina conservatrice. Cosa diranno adesso quei commentatori (alcuni così fuori luogo da tacerne il nome per carità di patria) che hanno definito la Ginsburg paladina delle persone fragili e dei diritti delle donne? Cosa diranno quelli che accusano la Barrett di (teorica) inesperienza?».
Sull’esperienza della Barrett c’è poco da dire, certamente è l’erede del giudice Antonin G. Scalia (1936-2016), grande uomo, grande giurista, grande cattolico e grande giudice della Corte Suprema, deciso difensore dell’«originalismo» costituzionale, cioè la lettera e lo spirito autentico della legge fondamentale del Paese contro ogni interpretazione ideologica. Infatti, la Barrett si riconosce pienamente in Scalia, ed è questa che sta già mandando la Sinistra intera in cortocircuito. «‘Un giudice deve applicare la legge, non fare politica”. Amy Coney Barrett si presenta con una frase che andrebbe scolpita in ogni tribunale, soprattutto in quelli italiani. Ma per la sinistra lo straordinario talento di una donna non basta… se cattolica…» (Federico Rossi, “Perché Amy Coney Barrett merita di sostituire RBG e non di essere discriminata per la sua fede”, 28.9.2020, in atlanticoquotidiano.it).
Infatti, soprattutto i gruppi abortisti hanno fatto di tutto per gettare discredito su di lei. E non si tratta solo di una storia di questi giorni, ma di un pregiudizio che viene alimentato da anni. Ricorda la NuovaBQ:it, a questo proposito, «Il nome di Amy Barret, figura tra quello delle donne cattoliche firmatarie di una lettera rivolta ai Padri del Sinodo sulla Famiglia del 2015. Nella missiva si ricordano la verità e bellezza degli insegnamenti della Chiesa sul «valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale», sulla «complementarità di uomini e donne», «sull’apertura alla vita e il dono della maternità; e sul matrimonio e la famiglia fondati sull’impegno indissolubile di un uomo e una donna». (Ermes Dovico, “Corte Suprema, Trump ha nominato Amy Barrett”, 27.9.2020, laNuovaBQ.it)
Respinti descrivendo il ricco curriculum della Barrett, fa riferimento a quando era stata nominata nel 2017, giudice nella Corte di appello del settimo circuito degli Usa, allora una la senatrice Democratica Dianne Feinstein, «L’apostrofò per la sua fede cattolica, dicendo: ‘Dentro di lei il dogma vive con forza, e questo è un problema’» . Perché il fatto di essere cattolica la squalificherebbe del tutto, anzi sarebbe pericoloso. Ancora più pericoloso il fatto che il suo è un cattolicesimo forte, integrale: il giudice, mamma e moglie Amy fa infatti parte di un gruppo carismatico fondato nel 1971, People of Praise, che peraltro comprende pure dei protestanti, inchiodato ‘bovinamente come una ‘setta’ da tutti quelli che usano la parola “setta” come una clava. Del resto la sua professionalità specchiata è stata riconosciuta pubblicamente da un “esercito” di giuristi “stellati”, non certo tutti i cattolici». Infatti la questione è tutta qui, per il mondo progressista-democratico, il pericolo Barrett è che sia cattolica e antiabortista, nessuno spiega se è meritevole o meno, «se è stimata o meno, se abbia il curriculum necessario, se sia caparbia o attenta o sapiente o dotata di umana pietà». (Monica Mundo, “AMY CONEY BARRETT/ Il problema è essere cattolici (e antiabortisti) o bravi giudici?”, 28.9.2020, in ilsussidiario.net).
A nessuno interessano le sue competenze, «l’unico tema di dibattito è stato l’essere cattolici e contrari all’aborto e questo cozza contro la pretese di libertà e la tutela dei diritti che troppi sbandierano solo quando conviene, quanto li riguarda, quando coincide con la propria ideologia».
Per la Mundo, rivolgendosi ai cattolici, scrive: «Non si può tollerare che essere cattolici sia considerato una diminutio, una preoccupazione, un problema. Per rispetto della storia cui apparteniamo, per amore di Gesù, per non vergognarci dei tanti fratelli che per esprimere la loro fede rischiano oggi, e ogni giorno, la vita”.
Anche perché non risulta che la dottrina della Chiesa sia mutata quanto alla condanna dell’aborto e di qualunque legge che lo favorisca, e le ultime accorate parole di papa Francesco ancora una volta la confermano. Pertanto, non è possibile essere cattolici e abortisti. Punto.
Infatti anche per l’articolista de Il Sussidiario, la questione è quella di essere cattolici, per l’opinione progressista, moderna, per il mainstream americano. E non solo negli Usa, date le reazioni dei media e degli opinion leader di mezzo mondo, Italia compresa.
Certo la figura della Barrett è divisiva, naturalmente i progressisti preferiscono chi non prende posizione, o peggio chi si accoda a quella dominante, secondo la malerba di “ogni desiderio un diritto”. Però a furia di non essere divisivi, i cattolici saranno inutili o spariranno.
Concludendo, la Barrett, precisa la Mundo, «presenta altre caratteristiche che la rendono particolarmente invisa a rappresentare l’America che svolta: è giovane (almeno se era vecchia se ne andava prima) ha sette figli, di cui due adottati, uno addirittura down. Dunque dev’essere per forza pazza e fanatica. Siamo a questo punto: che l’ammirazione per chi mostra generosità e accoglienza ai più fragili volge in strali e bolla d’ignominia».
DOMENICO BONVEGNA
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