Mentre gran parte dei governi del mondo occidentale marcia unito e compatto a favore delle pratiche abortive ed eugenetiche, sostanzialmente contro la difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale. In Polonia, almeno le sue istituzioni, difendono la vita umana, come si può constatare dall’ultima sentenza della Corte costituzionale che ha vietato l’aborto anche in caso di malformazione del feto.
Il presidente della Corte costituzionale, Julia Przylębska, ha dichiarato che una legge che «legalizzi le pratiche eugenetiche nel campo del diritto alla vita di un nascituro e renda il diritto alla vita del nascituro dipendente dalla sua salute […] è incoerente […] con la Costituzione» polacca».
Mentre Maria Kurowska, parlamentare di Polonia Unita, partito della coalizione di governo, esprime soddisfazione per la decisione presa, affermando che «non si può uccidere un bambino perché malato» nonostante nella realtà “moderna” , in cui il «favor mortis» avanza deciso verso scenari di spartana memoria, pochi condividano».
Pertanto, «Senza imporre il martirio, che non può essere decretato per legge, la Polonia afferma dunque ora con forza che la vita è il primo valore da difendere: ogni vita, indipendentemente dalle caratteristiche che porta, perché non esistono vite non degne di essere vissute, così ha affermato anche monsignor Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca, secondo il quale «ogni persona di coscienza retta si rende conto di quanto sia una barbarie inaudita negare il diritto alla vita ad una persona, soprattutto a causa delle sue malattie» aggiungendo che i bambini e le famiglie che si trovano in tali condizioni devono essere «circondati da una gentilezza speciale e da un’attenzione reale da parte dello Stato, della società e della Chiesa». (Cristina Tamburini, Vittoria polacca contro l’eugenetica, 28.10.20, Ifamnews.com/it)
Naturalmente la coerenza della Polonia non poteva non scontrarsi con quella degli abortisti (infanticidi). Infatti sono tante le reazioni “scandalizzate”, a partire dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, la bosnica Dunja Mijatovic secondo la quale questa «è una giornata triste per i diritti delle donne». Grzergorz Schetyna, ex leader del Partito popolare europeo, è arrivato a preconizzare la Polonia come «un inferno per le donne». Non fanno mancare la propria voce Amnesty International, il Centro per i diritti riproduttivi e Human Rights Watch.
La storica sentenza «ha innescato una recrudescenza di odio anti-cattolico», scrive IFN (International Family news)). Domenica scorsa, «Nel silenzio dei grandi organi d’informazione occidentali, si sono registrati diversi attacchi alle chiese durante le funzioni religiose. Messe interrotte, minacce e scritte blasfeme sulle pareti di edifici sacri hanno caratterizzato la giornata». ( Federico Cenci, Polonia. Assalti alle chiese dopo la sentenza sull’aborto, 27.10.20 Ifamnews.com/it)
Gruppi di femministe avevano lanciato sui social la campagna di lotta, «Słowo na Niedzielę», con l’eloquente immagine di una donna incinta crocifissa. Un gruppo di manifestanti sono riusciti ad entrare durante la Messa nella Chiesa Nostra Signora del perpetuo Soccorso «una attivista è entrata, si è posizionata davanti l’altare e ha esposto verso l’assemblea dei fedeli un cartello con la scritta «Preghiamo per il diritto all’aborto».
In altro servizio, IFN denuncia la totale indifferenza dell’Europa sugli attacchi violenti alle chiese polacche. «Obiettivo del fiele sovversivo è la Chiesa Cattolica, ritenuta complice della sentenza della Corte costituzionale che ha bandito l’aborto anche in caso di malformazione del feto». (Federico Cenci, “Questa è guerra»: Polonia sotto assedio”, 28.10.20, in Ifamnews.com/it).
«Liquidare questi fatti come innocue manifestazioni di dissenso – aggiunge Cenci – sarebbe una omissione grave. La campagna oramai travalica il tema specifico della sentenza, e si conforma piuttosto come un tentativo di colpire a morte le radici culturali e spirituali, nonché le istituzioni del Paese. Esageriamo? Niente affatto».
Il giornale dell’International Organization for the Family rivela dell’esistenza di un rapporto dei servizi segreti tedeschi, dove vengono presentati «gli intenti eversivi della Sinistra estrema polacca. E oggi sono gli stessi propugnatori di questa campagna violenta a rivendicarne la finalità. Uno degli hashtag che stanno rilanciando su Twitter è #ToJestWojna, ovvero «Questa è guerra».
Inoltre il giornale denuncia l’assalto dei manifestanti diretti al santuario di Jasna Gora a Czestochowa dove è custodita l’immagine della Madonna Nera, simbolo della devozione polacca ed europea. «È qui che si dirigono, con fare belligerante, i nemici della cattolicità di ogni epoca: il volto della Madonna ne porta i segni, sfregiato da un colpo d’ascia nel 1430».
Il servizio del giornale dell’International Family News si conclude con le rassicuranti parole: «La Santa Vergine ne ha visti sfilare tanti di nemici. Ma ha sistematicamente visto esaurirsi le loro mire al cospetto della sua grandezza. Accadrà anche stavolta. Per quanto copiose siano le orde dei nemici, ferma e risoluta è anche la risposta del popolo cristiano, che si pronuncia con le preghiere e si materializza con la difesa fisica degli edifici sacri. Parrocchiani, gruppi organizzati del tifo calcistico, militanti di partiti conservatori e nazionalisti, semplici cittadini si sono stretti attorno alle chiese, a Jasna Góra e in tutta la Polonia, per impedirne l’assalto. Il loro impegno è provvidenziale. L’ignavia dell’Europa inaccettabile».
Spero di non esagerare ma i fatti polacchi di questi giorni mi stimolano a raccontare un episodio storico straordinario che ha visto protagonista tutto il popolo polacco. Siamo nell’estate del 1920, l’Armata Rossa bolscevica è alle porte di Varsavia e sta conquistando definitivamente la nazione polacca. L’episodio definito, “Il miracolo della Vistola”, viene ricordato nell’ultimo numero della rivista Cristianità. Prometto di farlo prossimamente.
DOMENICO BONVEGNA
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