di ANDREA FILLORAMO
La disinformazione è un fenomeno molto diffuso e complesso. Essa si presenta come una zona grigia dove la verità e la realtà si mescolano alla forzatura, alla strumentalizzazione, alla manipolazione, alle ambiguità talvolta anche alle speculazioni, nonché alle macchinazioni.
Ogni notizia, qualsiasi notizia, se non è pienamente verificata, se ancora è priva di completezza perché subordinata al giudizio, è, senz’ombra di dubbio, da considerare disinformatizzante.
Questa è l’unica considerazione, con cui manifesto le perplessità, che percepisco leggendo quanto è stato pubblicato in un giornale e, poi, ripreso, integralmente dalla Rete, con cui viene arricchito il dossier sugli abusi sessuali dei preti, dove sicuramente confluiscono fatti veri e accertati ma anche fatti presunti, falsi oppure ricostruiti o inventati per fini fantasiosi e certamente non nobili.
Lo sappiamo: il fenomeno abusi e pedofilia dei preti attrae, sollecita e provoca morbosità e curiosità, alle quali non si sottrae neppure il mondo dell’informazione e del quale qualcuno può anche approfittare.
In quel giornale si legge di un seminarista messinese, non certo giovanissimo, quindi pienamente “compos sui”, che ha citato in giudizio civile, addirittura la Diocesi con il suo rappresentante, l’arcivescovo monsignor Giovanni Accolla, per essere stato mandato via, dopo ben sette anni dal suo ingresso dal seminario dove si preparava da anni per diventare prete e dove aveva segnalato, ripetuti abusi e molestie sessuali ma non si sa operati da chi
Sono certo che l’arcivescovo di Messina che da tempo segue questa brutta faccenda e che sicuramente ha fatto la sua indagine interna, sa come affrontarla, così come lo sanno i superiori del Seminario, se come auspichiamo sono scevri da responsabilità dirette o “in educando”.
Certo che essi, scelti bene o male dal vescovo – non lo so e non posso saperlo – in quanto formatori dei futuri preti, hanno molte difficoltà da affrontare e questo lo sapevano nel momento in cui hanno accettato l’incarico, che non è onorifico e non dà l’accesso, come qualcuno può pensare, all’episcopato.
Sicuramente ogni vescovo, nello sceglierli, ha avuto presente la “Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis” che si riferisce appunto alla scelta nei seminari di quanti hanno responsabilità educative.
In essa leggiamo: “Essendo la missione dei superiori del seminario l’arte delle arti, che non permette un modo di agire improvvisato e casuale, essi, oltre alle doti naturali e soprannaturali, devono necessariamente possedere, secondo il compito di ciascuno, la debita preparazione spirituale, pedagogica e tecnica, acquisita soprattutto negli istituti specializzati, eretti o da erigersi a tale fine nel proprio o in altri paesi».
In ogni caso, aspettiamo le conclusioni alle quali perverrà la magistratura, alla quale quell’ex seminarista si è rivolto.