Una persona che potrebbe dare delle risposte soddisfacenti alle domande che tutti ci poniamo, particolarmente sui motivi che hanno indotto Ratzinger a scrivere un documento del genere è monsignor Georg Ganswein, segretario del Papa emerito e prefetto della Casa Pontificia che cura i rapporti fra Papa Francesco e il suo predecessore.
Di ANDREA FILLORAMO
Già dai primi giorni dalla dimissione di Papa Ratzinger, forse per la novità di quel gesto, i media si sono affannati per avere la soluzione dei problemi sollevati dalle dimissioni stesse e adesso, come allora, vorrebbero risolvere l’enigma dei discussi e irrituali “Appunti” del Papa Emerito, avvenuti nei giorni scorsi sul tema della pedofilia dei preti e degli abusi sessuali.
Una persona che potrebbe dare delle risposte soddisfacenti alle domande che tutti ci poniamo, particolarmente sui motivi che hanno indotto Ratzinger a scrivere un documento del genere è monsignor Georg Ganswein, segretario del Papa emerito e prefetto della Casa Pontificia che cura i rapporti fra Papa Francesco e il suo predecessore.
Ma il monsignore, su tale argomento che solleva importanti temi etici e politici che s’intrecciano fra di loro sembra preferisca tacere.
Monsignor Georg, com’è ovvio, conosce bene i due Papi che si sono susseguiti l’uno all’altro sul trono di Pietro, dei quali dice che sono “due personalità molto diverse” e aggiunge: “Per Francesco il contatto diretto con la gente è necessario. Gli fa bene, lo ricarica e non si tratta di un contatto cercato solo per avere approvazione. I bagni di folla sono per lui rigeneranti. Benedetto è una persona piuttosto riservata e discreta, un intellettuale, ma con un grande cuore; per lui il contatto diretto andava bene ma non si è mai sentito a suo agio con le grandi folle. Francesco è, per così dire, ‘il papa dell”incontro’, vuol essere visto, toccato. Benedetto con la sua parola ha riempito i cuori, ha voluto essere ascoltato”. Una presunta gelosia che qualcuno attribuisce a Benedetto nei confronti del cambiamento di immagine della Chiesa che Francesco sta portando avanti, non ha fondamento. “Per carità”, esclama Ganswein.
Da questa citazione facilmente possiamo dedurre che Padre Georg, quando deve tacere tace ma, sa anche alzare la voce e lo scudo in difesa del suo Papa, come nel caso in cui il Papa emerito viene accusato di gelosia. Tale accusa del resto mal si addice ad un Papa anche se emerito ma di grande personalità e conseguentemente l’accusa diventa “ipso facto” infantile, paradossale e, quindi, dovrebbe cadere da sé.
Da queste poche righe sembrerebbe che Mons. Ganswein esalti non solo la figura del Papa emerito ma anche quella di Papa Francesco, al quale riconoscerebbe doti umane ma non capacità di governo di una Chiesa che è in pieno affanno,
Se, infatti, leggiamo altri giudizi sul Papa Bergoglio espressi da don Georg in interviste apparse qua e là sulla Rete, scopriamo che nell’area di appartenenza nella quale dai media il papa emerito e il suo segretario sono stati posti, si ripetono le stesse accuse al papa Bergoglio che fa il monsignore.
Quest’area che si allarga sempre di più nei Sacri Palazzi è quella del conservatorismo cattolico, nella quale probabilmente sono nati o almeno sono condivisi i cosiddetti “Appunti”.
Leggiamo, infatti, alcuni stralci di tali interviste e scopriamo innanzitutto, che Mons. Georg Ganswein, condivide, l’immagine distorta del papa argentino rivoluzionario, quando dice: “Se un Papa vuole cambiare qualcosa nella dottrina allora deve dirlo con chiarezza, in modo che sia vincolante “ e ancora: “importanti concetti dottrinali non possono essere cambiati (…) sono stati posti con frasi o da qualche nota a piè di pagina formulata in modo generico” e, poi: “Papa Francesco è fortemente influenzato dalla sua esperienza come provinciale dei gesuiti e soprattutto come arcivescovo di Buenos Aires (…………) già in quella grande città e mega-diocesi si era capito che ciò di cui lui è convinto, lo fa e lo porta fino in fondo senza scrupoli. (……. ) Questo vale anche adesso come vescovo di Roma e come Papa che nei discorsi, rispetto ai suoi predecessori, di tanto in tanto sia un po’ impreciso, e addirittura irrispettoso, si deve solo accettare. Ogni Papa ha il suo stile personale. È il suo modo di parlare, anche correndo il rischio che ciò possa dar adito ad equivoci, a volte anche a interpretazioni avventurose”. Infine egli dà il “colpo di grazia” al Papa che prima aveva apparentemente elogiato dicendo: che c’è una certezza che papa Bergoglio è una roccia nei marosi, ritenuta come l’ultima àncora ma che ha iniziato in effetti a vacillare. “La mia impressione – dice – è che Francesco goda di grande simpatia come uomo più di tutti gli altri leader del mondo. Ma riguardo alla vita e all’identità della fede questa sua simpatia non sembra avere grande influenza. I dati statistici, se non mentono, mi danno purtroppo ragione”.
Non ho letto fin ora che il prefetto della Casa pontificia si differenzi dal Papa emerito, quando negli Appunti sostiene che è stata la rivoluzione sessuale del 68 la causa prima della pedofilia dei preti e che, quindi la chiesa cattolica non può ammettere la libertà sessuale, non può riconoscere il carattere ludico, espressivo, creativo, fantasioso dell’attività sessuale in sé e per sé perché farlo significherebbe riconoscere agli esseri umani una libertà di coscienza e di pensiero che li allontanerebbe, questo si teme, dai precetti dell’istituzione e dal controllo dei suoi funzionari.
Egli non dirà mai che al fondo c’è una questione di potere. Continuerà, quindi sempre a dire che occorre immergere la sessualità nella colpa della “mondanità e dello spirito del male”, incanalarla esclusivamente nell’alveo placido e ordinato dell’amore coniugale, consente di limitare i pericoli che vengono dalla scoperta inebriante della libertà e della responsabilità individuale e autorizza la speranza che il popolo rimanga eternamente pauroso e infantile.