Le risorse economiche destinate agli interessi sul debito estero dai 14 Paesi a basso e medio reddito che ospitano circa la metà dei rifugiati del mondo[1], sarebbero sufficienti a garantire per quasi cinque anni l’istruzione di milioni di bambini rifugiati che sono invece spesso privati dell’opportunità più importante per costruire il loro futuro. Nel 2020, la spesa per gli interessi sul debito di Turchia, Giordania, Colombia, Pakistan, Uganda, Federazione Russa, Sudan, Perù, Bangladesh, Etiopia, Iran (Repubblica Islamica), Ciad, Ecuador e Repubblica Democratica del Congo[2] ha raggiunto complessivamente 23 miliardi di dollari, e 4 di questi Paesi hanno speso di più per il debito che per l’istruzione.
Questo l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro, con il nuovo rapporto “Il Prezzo della Speranza” diffuso oggi, alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato.
Come evidenziato nel rapporto, gli oneri del debito minacciano la capacità di questi Paesi di finanziare adeguatamente l’istruzione dei bambini rifugiati, una situazione destinata a peggiorare con l’aumento del numero di persone costrette a fuggire da violenze, conflitti, fame o emergenze climatiche, e con le prospettive economiche negative di alcuni dei Paesi più poveri tra quelli che li ospitano. Le più grandi crisi umanitarie durano sempre più a lungo, in media nove anni ad oggi, e le stime sul protrarsi delle situazioni che riguardano i rifugiati arrivano a 26 anni[3].
L’istruzione è una delle aree umanitarie meno finanziate[4], e nel 2021 ha ricevuto solo il 3,1% dei fondi umanitari globali, sufficienti appena per il 22% degli appelli di sostegno economico all’istruzione.
In tutto il mondo, i bambini rifugiati sono concentrati in modo sproporzionato nei Paesi a basso e medio reddito, dove la povertà di apprendimento è già elevata e i sistemi educativi faticano a soddisfare le esigenze degli studenti. Il 70% dei bambini sotto i 10 anni che già vivono in questi paesi non sono in grado di leggere e comprendere un testo semplice[5], percentuale che sale 89% nei paesi dell’Africa Sub-Sahariana, che si stima ospitino 1/3 della popolazione rifugiata nel mondo. Più della metà di tutti i Paesi a basso reddito a livello globale sono attualmente in difficoltà o ad alto rischio di indebitamento[6], il che significa che i sistemi educativi già in difficoltà rischiano di peggiorare per un gran numero di bambini rifugiati. Siamo davanti al pericolo reale e presente che una generazione di bambini rifugiati venga privata dell’istruzione necessaria per ricostruire il proprio futuro, sottolinea Save the Children.
“Alcuni dei Paesi più poveri ospitano il maggior numero di rifugiati, e le loro prospettive economiche sono desolanti. Spesso i loro sistemi educativi sono sottofinanziati e non riescono a soddisfare le esigenze dei bambini più emarginati”, ha dichiarato Hollie Warren, Responsabile Educazione di Save the Children. “L’alleggerimento del debito è cruciale per rendere disponibili i fondi necessari per garantire l’accesso all’istruzione a tutti i bambini rifugiati. Ma più aspettiamo, più la situazione peggiorerà per loro”.
Sulla scia della pandemia COVID-19 del 2020, molti Paesi hanno dato priorità alla spesa per la salute e la protezione sociale rispetto all’educazione. I bilanci dell’istruzione nei Paesi che dipendono dagli aiuti allo sviluppo si trovano ora ad affrontare un’ulteriore compressione, poiché i donatori stanno dirottando sempre aiuti verso l’attenuazione delle conseguenze della guerra in Ucraina e di altre crisi, compresa la spesa per l’accoglienza dei rifugiati nei loro Paesi, a scapito del sostegno ai Paesi ospitanti a basso reddito.
A livello globale, i bambini rifugiati perdono in media tre o quattro anni di scuola a causa dello sfollamento forzato, e, nonostante i progressi nel numero di studenti rifugiati iscritti a scuola, il continuo aumento degli spostamenti dovuti a conflitti, crisi alimentare e cambiamenti climatici fa sì che circa la metà dei bambini rifugiati rimanga fuori dalla scuola[7].
“Le mie sorelle vanno a scuola, ma io non ho potuto andarci a causa delle tasse scolastiche, e mia madre non ha i soldi per questo o per il materiale scolastico e l’uniforme”, ha detto Sebastian*, che ha 16 anni e vive in Colombia dopo che la sua famiglia è fuggita dal Venezuela alla ricerca di una vita migliore, e che Save the Children sta aiutando, insieme ad altri bambini sfollati come lui, a recuperare il deficit scolastico e ad acquisire le competenze necessarie per costruire un futuro brillante. “Non vado a scuola da 4 anni, da quando ho lasciato il Venezuela e sono arrivato in Colombia. Per me andare a scuola è importante perché posso farmi degli amici e condividere la vita con loro, imparare, avere un insegnante da cui poter imparare e tutto questo mi aiuterà nel mio futuro ad andare avanti. Le mie speranze per il futuro sono: prima tornare a scuola e sedermi a un banco, e poi andare all’università per aiutare i ragazzi che hanno problemi ad andare a scuola. Il mio consiglio per tutti è di non perdere mai la fiducia. Ogni momento ha un inizio e una fine, e ogni ragazzo e ragazza potrà tornare a scuola e realizzare i propri sogni”.
L’integrazione dei bambini rifugiati nei sistemi educativi nazionali è il modo più efficace e sostenibile per soddisfare il loro bisogno di un’istruzione adeguata, di qualità e riconosciuta. Molti governi ospitanti hanno messo in atto le politiche necessarie per far sì che ciò avvenga. Tuttavia, senza un adeguato sostegno internazionale, i sistemi educativi, a cui mancano le risorse e sono già in affanno, non sono in grado di gestire un grande afflusso di studenti rifugiati e di rispondere alle loro specifiche esigenze.
“In questo momento, nel mondo, ci sono più bambini che sono stati costretti a sfollare che in qualsiasi altro momento della storia moderna. I Paesi ospitanti stanno rispondendo a questa crisi con generosità, aprendo i loro confini e i loro sistemi educativi a bambini estremamente vulnerabili ed emarginati che altrimenti non avrebbero nessun altro posto dove andare o dove imparare. Tuttavia, la comunità internazionale sta rispondendo all’emergenza dei rifugiati con crescente ostilità, anche riducendo i fondi per gli aiuti, lasciando che alcuni dei Paesi più poveri del mondo si assumano la responsabilità e il costo dell’istruzione dei bambini rifugiati stessi. Questi bambini hanno passato l’inferno fuggendo da conflitti, fame o crisi climatiche, e ora hanno urgente bisogno di stabilità e speranza per un futuro più luminoso” ha aggiunto Hollie Warren.
Save the Children chiede ai donatori e alla comunità internazionale di mobilitare i fondi necessari per far a fronte al costo annuale di 4,85 miliardi di dollari per fornire istruzione ai rifugiati e rafforzare i sistemi educativi nei Paesi a basso e medio reddito.
L’Organizzazione, chiede inoltre che tutti i bambini rifugiati abbiano accesso ai sistemi educativi nazionali dei Paesi in cui risiedono o, dove non sia possibile, almeno all’istruzione non formale accreditata. Un ulteriore richiesta fondamentale sollevata, riguarda i donatori e i partner internazionali per lo sviluppo, perché operino una tempestiva riduzione del debito per i Paesi i cui oneri minacciano la loro capacità di investire adeguatamente nell’istruzione. I meccanismi di riduzione del debito dovrebbero essere trasparenti, includere tutti i creditori, compreso il settore privato, e rispondere ai timori di declassamento del rating del credito per le nazioni debitrici che chiedono la riduzione.