Caro Presidente Musumeci cari Assessori Turano e Samonà,
hanno ancora un senso le parole?
Prendiamo la parola ‘urgente’ che ha fatto capolinea nei provvedimenti proposti dal governo regionale e approvati dall’Assemblea Regionale Siciliana per far fronte alle difficoltà economiche delle realtà produttive siciliane colpite duramente dalla crisi che stiamo attraversando.
Tra queste misure fu inserita, su proposta avanzata da noi editori del mondo del libro, una norma che avrebbe dato respiro alle nostre attività e che si traduceva in una misura non assistenzialistica ma legata a una prospettiva di rafforzamento culturale dei nostri territori.
La proposta fu votata dall’Ars ed è diventata legge (legge di stabilità regionale, disegno di legge n. 733 del 2 maggio 2020).
Da quel momento tutto tace. E l’urgenza? Urgenza, nel vocabolario Treccani si declina nel fatto che richiede interventi immediati e rapidi.
Cinque mesi sono ancora pochi? Cos’altro dobbiamo aspettare? Che inizino licenziamenti? Che si venga sotto le sedi istituzionali a protestare?
Aggiungo che, nella opportuna revisione che si sta apportando alla normativa riguardante la concessione di contributi alle imprese, risulta altresì esclusa l’intera filiera del libro. Per quale ragione? Alla parola urgente si aggiunge quindi anche la parola mistero.
Siamo purtroppo ben consapevoli di non essere i soli a soffrire per questa drammatica situazione ma tutto ciò non lenisce le nostre difficoltà ma ci amareggia ancor di più.
Ricominciamo dunque a ridare un senso alle parole. Urgente significa urgente: qui ed ora.
Ottavio Navarra