SULLA DIFESA DELLA VITA NON SERVONO LE DIVISIONI

Ogni anno, la prima domenica di febbraio, la Chiesa italiana dedica una giornata per il rispetto della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Quest’anno siamo giunti alla 45° Giornata per la Vita.

«La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)». Questo è il Messaggio dei vescovi italiani, di quest’anno, un messaggio particolarmente incisivo e un’occasione di bilancio: “la ‘cultura’ di morte – scrive Chiara Mantovani – ha colpito senza distinzione, si è insediata nel pensiero delle élite come delle persone semplici ed è divenuta il rimedio rapido, apparentemente indolore, proposto per tutti i problemi seri della vita”. Sul tema della vita da qualche settimana sono sorte alcune polemiche che il reggente di Alleanza Cattolica Marco Invernizzi definisce tossiche. C’è una parte dei cattolici pro-life che potremmo definire “tradizionalisti”, che si sta lamentando soprattutto sui social della mancata critica alla Legge 194 da parte del governo Meloni. Su La Nuova Bussola Quotidiana c’è un intervento di Stefano Fontana (Vita, al governo manca una strategia, 4.2.23) dove rileva una mancata strategia del governo nella battaglia contro l’aborto, può darsi che sia anche vero, ma la questione è un’altra, come chiarisce bene Invernizzi.

“Che la legge che ha legalizzato l’aborto a certe condizioni sia una legge ingiusta è fuori da ogni dubbio, perché ogni legge che non protegge l’innocente e non ne afferma il diritto all’esistenza di per sé è iniqua e ingiusta. Che questa legge sia “moderata” rispetto a quelle in atto in altri Paesi occidentali è pur vero, ma non la fa diventare una buona legge, semmai suggerisce di non mettere mano a un tentativo parlamentare di modifica che potrebbe farla diventare ancora peggiore”. (Marco Invernizzi, A proposito di tossiche polemiche sulla legge 194, 30.1.23) Ora è vero che il 25 settembre abbiamo una maggioranza parlamentare in teoria favorevole a posizioni pro-life. “Non ci vuole molto a capire che la maggioranza parlamentare non è “il potere”, – scrive Invernizzi – come superficialmente qualcuno pensa, e soprattutto questa maggioranza non ha la forza per cambiare la mentalità dell’opinione pubblica”.

L’Italia rimane un Paese con una maggioranza “culturale” abortista, a conferma del risultato del referendum del 1981, quando solo il 32% dei votanti si espresse per l’abrogazione della 194. Io sono convinto che molti di quelli che frequentano la Messa domenicale sono favorevoli anche loro alla Legge 194.

In questo momento a livello politico quello che si può fare è un lavoro di prevenzione dell’aborto, come sta facendo da qualche anno l’assessore della Regione Piemonte, Maurizio Marrone. Mettendo in atto la prima parte della Legge 194, quella della prevenzione dell’aborto, che finora non era mai stata realizzata. La Regione ha istituito il fondo “Vita Nascente” per le donne in situazione di fragilità sociale. Inteso a rimuovere le cause economiche e sociali che possono spingere le donne a non portare a termine la gravidanza. Sostenendo i Centri Aiuto per la Vita, che fanno un lavoro straordinario.

Allora, se siamo convinti che la battaglia pro-life è anzitutto una battaglia culturale, occorre sforzarsi di convincere questa maggioranza abortista del Paese a rivedere le proprie posizioni. Pertanto, è sbagliato insistere soltanto sul punto più divisivo dello scontro, appunto quello relativo alla 194. “Infatti, – scrive Invernizzi – se il problema è culturale prima che politico, bisogna anzitutto rendere centrali nel dibattito pubblico tutti quei temi inerenti alla vita che per decenni sono stati oscurati: il suicidio demografico, il valore sociale della maternità, l’amore per la vita in ogni momento dell’esistenza (e quindi l’attenzione per le cure palliative, sulle quali il governo in carica ha già concretamente invertito la rotta rispetto ai precedenti) e tanti altri aspetti della promozione della vita che la maggioranza della popolazione assolutamente ignora”.

Non bisogna mai dimenticare “che i cambiamenti culturali non possono essere imposti con interventi legislativi, anche se è vero che la legge crea costume, soprattutto sulla lunga distanza. Il volere indurre il cambiamento della società solo dall’alto è un errore che ha gravato sulla mentalità delle persone di destra per decenni e ha anche suggestionato in diverse occasioni lo stesso mondo cattolico, quasi che una cristianità possa essere costruita dal potere e non realizzata dal “basso”, a partire dalla conversione e dallo sviluppo della società”.

Sulla questione dell’aborto, occorre ricostruire un giudizio equilibrato che non sia frutto di nessun fanatismo. Anche chi ha ragione di combattere l’aborto, deve rendersi conto in che mondo vive. la sacralità della vita è assoluta, bisogna sempre rispettarla, ma sappiamo di vivere in un’epoca in cui è stato fatto un lavoro di penetrazione nel cuore e nella testa della gente, soprattutto delle donne, da parte delle ideologie e delle forze politiche contrarie al diritto alla vita, che hanno cambiato la mentalità.

Pertanto se vogliamo ribadire che la vita è sacra e va tutelata, dobbiamo farlo anzitutto convincendo la persone e questo è il lavoro più difficile. Sicuramente il tema della modifica della legge 194 viene dopo.

Occorre operare con una strategia prudenziale, lavorare certamente perchè si arrivi a una legislazione favorevole alla vita, ma tenendo conto sempre del presente, della realtà del mondo di oggi, diviso e confuso, dominato dal relativismo, che per convertirsi ha bisogno di vedere l’unità di tutti quelli che in qualche modo sono sensibili al diritto alla vita, senza inutili, sterili e tossiche polemiche che fanno soltanto male a tutti.

Sarebbe veramente auspicabile che il mondo pro-life smettesse di inseguire le interessate divisioni favorite da media poco responsabili e invece cercasse l’unità anche riguardo alla dottrina dell’azione.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com