di Roberto Malini
Pesaro si tinge dei colori dell’iride fin dalle 16 del pomeriggio di oggi, 18 giugno. Accorrono dalle Marche e anche da fuori, persone di tutte le età, per partecipare al Marche Pride, il giorno dell’orgoglio LGBTQ+. Alle 17 una folla è già pronta per iniziare il corteo che percorrerà viale Trieste, per attraversare il ponte sul Foglia e raggiungere Baia Flaminia…
Ci sono sindaci, assessori, consiglieri, professionisti, insegnanti, artigiani, commercianti, operai e tanti, tanti giovani. Sotto un sole già estivo, sventolano le bandiere arcobaleno e quelle a strisce orizzontali bianche, rosa e azzurre. L’atmosfera è festosa, caratterizzata da una grande dignità civile. Si leggono cartelli che inneggiano al rispetto e all’uguaglianza. Chi si bacia, lo fa anche per dire: “Esisto. Esisto e sono fiero di vivere, di amare, di esercitare i miei diritti”. Come ho scritto ieri, nelle Marche, come in altre regioni italiane, vi è chi mostra di temere i diritti umani, di temere le diversità culturali, etniche e di genere. È un terrore antico, che si nutre di pregiudizi e di false rassicurazioni, secondo cui solo chi è italiano, eterosessuale, bianco risulta degno di fiducia. Il mancato patrocinio da parte della regione Marche al Pride è un segnale preoccupante, così come lo sono gli episodi di omofobia che si sono verificati in terra marchigiana, anche recentemente. Di certo un’istituzione non perde credibilità presso la cittadinanza se si mostra presente dove si manifestano libertà, cultura e diritti umani. La giustizia sociale non ha colore o almeno: non un solo colore. Oggi ha i colori dell’arcobaleno: il popolo LGBT+ esiste e, nonostante la discriminazione che lo colpisce, non si sente intimidito e non perde il coraggio di mostrare la propria vitalità culturale e sociale. In Italia vi sono da tre a sei milioni di persone omosessuali. Le persone LGBTQ+ vivono, studiano, lavorano, pagano le tasse e votano anche nelle Marche, anche nella struttura stessa delle istituzioni. Non hanno alcuna colpa e sono portatrici di diritti, come chi è destro o mancino, chi è bruno o biondo, chi ha un aspetto esteriore e chi un altro. Un’istituzione che si allontana dal significato del Pride lo fa solo per paura: una paura che ha radici in un passato da cui la civiltà cerca di discostarsi.
Un rappresentante istituzionale, con queste posizioni, ripete un evidente errore e umilia se stesso e le proprie idee, oltre che il nostro paese di fronte all’Unione europea e al mondo. Chi pone i diritti umani e la nonviolenza in cima a idee e ideologie, vince lo sdegno e non smette di dialogare con chi invece ha paura delle diversità, di dirgli: meno pregiudizi, più opportunità. E allora usciamo nelle strade per far parte di un mondo che ha bisogno di evolversi, di sviluppare anticorpi non solo contro i virus, ma anche contro l’intolleranza, il bullismo, la violenza, la cattiva politica. Alziamo le bandiere e gli occhi, perché il “Pride”, parola che significa “orgoglio”, non finisce di certo stasera, ma continua ogni giorno e continuerà finché nessun essere umano sarà più costretto a nascondersi o a subire atti di repressione o violenza a causa della sua identità, della sua natura, del suo pensiero o della sua cultura.
Nelle foto di Steed Gamero, l’autore al Marche Pride 2022 di Pesaro; un momento della manifestazione in piazza della Libertà