Il 31 dicembre 2022 ci lasciava il Papa emerito Benedetto XVI. Dopo dieci anni in quasi assoluto silenzio, tranne qualche intervento per ricordare che le cause della crisi morale di molti sacerdoti sono da ricercarsi nella rivoluzione antropologica esplosa nel 1968. In questi anni molto è stato scritto sul suo pontificato, in particolare sulla sua clamorosa rinuncia, vista da alcuni come un oscuro complotto. Quando poi si è trattato semplicemente di un ritiro, perché il suo fisico malconcio non gli permetteva di poter svolgere la sua missione al meglio. E da un tedesco abituato a fare tutto in ordine c’èra da aspettarselo.
Benedetto XVI-Joseph Ratzinger era una persona eccezionale ha detto l’ex senatore Marcello Pera. Eccezionale per il suo carattere, per la sua cultura, padroneggiava di prima mano teologia, filosofia, storia del cristianesimo e della chiesa. Eccezionale per la sua chiarezza e linguaggio, infine eccezionale fu per la sua fede. “L’umile servo nella vigna del Signore”.
Certamente fu il più grande teologo del Novecento, autentico moderno Dottore della Fede, un ricercatore innovativo. Per anni ha resistito alle “critiche e alle ingiurie, risolveva i dubbi, teneva basso il tono e alta la testa, non si piegava, perché aveva fisso lo sguardo su Cristo e la Verità”. Per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il Papa emerito era un uomo che “aveva un tratto di grande gentilezza anche verso chi lo faceva soffrire. Non si ricorda che abbia mai alzato la voce, o si sia vantato per il suo possente edificio intellettuale”. L’insegnamento di Benedetto XVI, in particolare la sua attitudine all’ascolto e la sua umiltà) va preso in considerazione da chi ha responsabilità pubblica e politica.
Per chi volesse conoscerne la grandezza di Benedetto XVI, oltre ai suoi testi, si può accedere alla splendida biografia di Peter Seewald, pubblicata da Garzanti, che ha raccontato il percorso intellettuale e anche la profondità spirituale di questo gigante della Storia della Chiesa.
Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ricorda ed elogia Benedetto XVI, “per il suo umile e grande amore per la Chiesa, per il bene della quale ha scelto di rinunciare al servizio petrino, che non si riteneva più in grado di svolgere al meglio, e di trascorrere gli ultimi anni della vita accanto al nuovo Pontefice, nell’obbedienza e nella fedeltà assolute, come ha ripetutamente detto lui stesso”. Inoltre è importante ricordare Joseph Ratzinger sia quando era prefetto e poi da Papa, ma anche prima, quando era docente di teologia, di fronte a una Chiesa divisa, ha sempre lavorato per la sua unità. Anche se nel suo impegno, ricorda Invernizzi, “non ha mai smesso di condannare gli errori per affermare la verità, ma ha anche sempre manifestato l’amore convinto e concreto perché la comunione e l’unità nella Chiesa fossero comunque salvaguardate”. Argomentare di Benedetto XVI ma anche di san Giovanni Paolo II c’è sempre il rischio che qualcuno ne approfitti per “esaltarli” e contrapporli all’attuale pontefice Papa Francesco. E’ un grosso errore, occorre ricordare e celebrare i due pontefici scomparsi, non per dividere ulteriormente ma per esaltare e difendere la Chiesa che hanno servito e amato. La continuità di Papa Francesco con i precedenti papi è evidente come ho cercato di dimostrare nel mio studio di qualche anno fa, (“Papa Francesco è progressista o conservatore?”) tra l’altro gradito da padre Livio Fanzaga.
Questo in concreto significa riconoscere che la Chiesa è la comunità dei credenti in Cristo, che dobbiamo riscoprire la bellezza e l’importanza dell’autorità superando ogni forma di individualismo, cioè sottomettendo il nostro giudizio, in sostanza rifiutando una forma insidiosa di relativismo.
Oggi abbiamo bisogno di una Chiesa unita, non dilaniata dalle lotte intestine, una Chiesa che eviti le proposte ambigue, le reazioni scomposte, che non manchi di rispetto verso l’autorità e che usi il potere per servire e unire, non per dividere ed esasperare. Attenzione alle divisioni che non diventino scisma che poi rimangono nella Storia senza che nessuno ricorda perché sono cominciate.
DOMENICO BONVEGNA
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