Non so se i militanti dei Black Lives Matter, oltre alle statue, ai negozi, e a tutto ciò che si possa associare ai biechi bianchi, hanno preso di mira i libri che rappresentano il colonialismo e il razzismo. Certamente un libro che può essere metaforicamente bruciato da questi novelli talebani, nazisti, comunisti, (si, perchè anche loro hanno bruciato i libri e intere biblioteche) potrebbe essere l’originale studio del professore Alberto Caturelli, “Il Nuovo Mondo riscoperto”, pubblicato in Italia dalle Edizioni Ares (1992). Mentre tutti sono piegati o inginocchiati al politicamente corretto, vi invito alla lettura e allo studio, di questo straordinario saggio che ho letto con attenzione tanti anni fa, ma che ora rileggendolo mi ha ulteriormente edificato.
Caturelli in questo testo racconta la storia della scoperta, della conquista e dell’evangelizzazione dei popoli sudamericani, rispondendo alle varie “leggende nere”. Scritto proprio in occasione della celebrazione del quinto centenario della scoperta dell’America. «La scoperta è un atto della coscienza cristiana, – scrive Caturelli – cioè della coscienza dell’essere illuminata dalla fede che guidava Colombo, il cristoforo, e i re spagnoli nella conquista e nell’evangelizzazione del Nuovo Mondo. Il mondo precolombiano, era contrassegnato dalla corruzione, dalla magia e dall’idolatria. Con l’arrivo dei missionari tale realtà è stata prima purificata, attraverso un’opera di demitizzazione, quindi trasfigurata, mediante la conversione, in un mondo nuovo, redento da Cristo e liberato dal peccato». Pertanto la coscienza scopritrice di coloro che giungevano in America, era una coscienza cristiana, che implicava la tradizione greco-romano-ispanica, infatti, «la coscienza scopritrice implicava la cultura classica mediterranea e quella iberica», rigenerate dalla rivoluzione cristiana.
Il libro è suddiviso in tre parti (I, Il Nuovo Mondo e la coscienza cristiana; II, Il Nuovo Mondo e l’Evangelizzazione; III, Il Nuovo Mondo presente e futuro). La prefazione è del professore Pier Paolo Ottonello, che ha curato la traduzione dallo spagnolo.
Naturalmente non potremo affrontare tutte le prospettive storiche, culturali e religiose presenti nell’immensa opera del filosofo argentino. Porrò la mia attenzione su alcuni aspetti, più o meno fondamentali.
Innanzitutto occorre ribadire che «le prospettive che interpretano la scoperta dell’America in chiave essenzialmente colonialista sono in realtà figlie non dell’Occidente autentico, ma delle sue degenerazioni occidentalistiche, che sono non cattoliche, bensì dapprima figlie della Riforma e poi secolariste, scettiche, atee, pragmatiste, consumiste».
Infatti questa storia ha patito e continua a patire ancora oggi una sorta di leyenda nera, alimentata da storici anticattolici, soprattutto anglo-americani, «ambienti protestanti, movimenti indianisti, terzomondismi marxisteggianti, nostalgici inguaribili del catto-comunismo alla disperata ricerca di nuove cause e di nuovi complessi di colpa».
Secondo questi storici la scoperta dell’America è stata una “invasione”, la conquista degli spagnoli un “genocidio”, mentre l’evangelizzazione che ne è seguita “un’oppressione culturale”. Una faziosità e mistificazione che ha preso forza soprattutto nel 1992 in occasione del cinquecentenario della scoperta dell’America ad opera di Cristoforo Colombo. E’ interessante leggere cosa ha detto allora Giovanni Paolo II: «una certa ‘leggenda nera’ che per un certo tempo orientò non pochi studi storiografici, concentrava prevalentemente l’attenzione su aspetti di violenza e di sfruttamento che si verificarono nella società civile durante la fase successiva alla scoperta. Pregiudizi politici, ideologici e anche religiosi, hanno voluto presentare solo negativamente la Storia della chiesa in questo continente».
Certo non si negano i riprovevoli errori da parte di singole persone, infatti, l’intento originario di Colombo e della Spagna, nell’esplorazione e nell’occupazione, è tutt’uno con la missionarietà costitutiva della Chiesa cattolica.
Anche se non si può negare che la Corona Spagnola intendesse trarre dei profitti materiali, certamente il peccato fu presente, come in tutte le vicende umane, ci sono stati degli abusi da parte dei conquistadores, ma ci fu anche una grande capacità di autocritica che proveniva dai sovrani stessi e dal popolo spagnolo. Critica che mancò invece ai sovrani protestanti. «Di fronte alle deviazioni la voce della Chiesa si è levata dal primo momento attraverso la denuncia da parte dei missionari, le elaborazioni dottrinali dei teologi e dei giuristi nelle università e la sollecitudine dei sovrani spagnoli, che promulgarono molteplici leggi in difesa degli indios». (Francesco Pappalardo, “Nuevo Mundo! 1492-1992, in Cristianità, n. 218-219, 1993).
Tutto ha inizio nel 1492, quando Isabella la Cattolica, regina di Castiglia e Leon, dopo aver portato a termine la reconquista della penisola Iberica occupata dai musulmani per quasi otto secoli, credette e finanziò il viaggio di Cristoforo Colombo, con la speranza di condurre altri popoli alla vera fede.
«Il 12 ottobre 1492 – scrive Caturelli – comincia l’ampliamento dell’Occidente». Cristoforo Colombo, si sente inviato, un messaggero da Dio. «Perciò è convinto che ‘tutta la cristianità deve essere lieta’ dal momento che tante genti potevano ora essere incorporate ‘nella nostra fede’». Pertanto fin dal primo istante del venerdì 12 ottobre Colombo, «sente questo ampliamento dell’Occidente cristiano e, con quel fuoco interiore di cui parlerà ai re, battezza le terre e le cose che scopre».
Isabella dopo Colombo, fu la seconda protagonista di questa grande storia, ammirata e criticata, venerata come una santa e accusata di integralismo e intolleranza religiosa. «Isabella è una figura fra le più straordinarie – afferma padre Anastasio Gutierez Poza, postulatore della causa di beatificazione della regina spagnola – e la sua vita sembra costituire n capitolo importante dei piani divini sul mondo e sulla Chiesa».
Fu un personaggio straordinario, si impegnò nella riforma del clero e degli ordini religiosi, fu costretta suo malgrado ad allontanare gli ebrei dalla Castiglia e dall’Aragona, proibisce subito la schiavitù degli indigeni. «Con la ‘cedola’ reale dell’anno 1500 e con il suo testamento garantisce il diritto degli indios alla vita e alla libertà e sancisce il divieto delle conversioni forzate, […] inoltre, la regina, incoraggiando i matrimoni fra vecchi e nuovi sudditi, promuove un’autentica integrazione razziale, che si realizza sotto il segno del cattolicesimo, senza incontrare le difficoltà proprie della colonizzazione di marca protestante». (“La serva di Dio Isabella la Cattolica, modello per la nuova evangelizzazione”, intervista a padre Anastasio Gutierrez Poza C:M:F: di Francesco Pappalardo, in Cristianità, n.204, 1992).
Il fine principale della conquista per la regina era l’evangelizzazione. Ecco perchè il governatore Ovando il 16 settembre 1501 affermava: «vogliamo che gli indios si convertano alla nostra Santa fede Cattolica e che le loro anime si salvino, essendo questo il maggior bene che possiamo desiderare per loro, per cui debbono essere informati sui contenuti della nostra fede affinchè la conoscano, e si abbia perciò molta cura affinché, senza esercitare su di loro, alcuna forza, i religiosi che sono là li informino e ammoniscano con molto amore, in modo che al più presto possibile si convertano […]».
Oltre ai conquistadores, i protagonisti dell’epopea evangelizzatrice del nuovo continente sono i missionari, che operano in libertà di fronte alle autorità civili e nonostante i limiti erano consapevoli di aprire la strada alla diffusione del messaggio di Cristo.
I conquistadores e i missionari insieme compiono un vero atto di fondazione, costruendo case e chiese, promuovono l’agricoltura e l’allevamento degli animali, creano scuole di arti e mestieri, aprono ospedali, numerosi centri di carità, fondano collegi e università, ben 33 in tutto il territorio iberoamericano, erigono intere città. E’ interessante soffermarsi sulla fondazione dell’America, sul fondare mediante il meticciato, da parte di questi cavalieri-cristiani-conquistatori, Caturelli lo fa elencando minuziosamente per nome, anno dopo anno, la fondazione di città.
Un capitolo interessante è scoprire la metodologia della missione dei frati francescani prima e poi dei domenicani. In particolare come hanno fatto a fare abbandonare la barbara ferocia e crudeltà disumana dei cosiddetti sacrifici umani. Anche qui il libro riporta la polemica nata all’interno dei missionari tra il vero paladino degli indios, quel fra Toribio de Benavente, detto “Motolinia”, poco conosciuto, e l’altro frate, il noto, Bartolomè de Las Casas.
Caturelli si basa su documenti certi come la Lettera di Motolinia inviata all’imperatore Carlo V°. In questa lettera il frate, si occupa in modo speciale di Cortes e soprattutto di rendergli giustizia, dopo le calunnie raccontate da Las Casas. Infine Caturelli riporta le parole del Magistero, da Alessandro VI° a Leone XIII° e quindi fino a Giovanni Paolo II, dove emerge in sintesi che la Spagna è una nazione eletta da Dio come strumento di evangelizzazione del Nuovo Mondo […] vera ‘proclamatrice del Vangelo ai popoli scoperti».
L’opera di evangelizzazione e civilizzazione degli indigeni, è stata benedetta, appena dieci anni dopo la conquista del Messico nel 1531, dalla Vergine Maria, apparendo all’indio Juan Diego sul colle del Tepejac. I tratti del volto della Madonna non sono né di tipo europei, né di tipo indio, ma piuttosto meticcio, prefigurando la futura e originale civiltà, la Cristianità indiana (L’Ibero-America) nata dall’integrazione razziale tra spagnoli e indios.
Non è esagerato scrivere che il libro di Caturelli oltre ad essere una apologia della scoperta e della conquista, è anche un’apologia della missionarietà della Chiesa. Inoltre è anche un invito a tutti noi cristiani ad essere dei nuovi cristofori. Per trasformare il mondo.
DOMENICO BONVEGNA
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