In questi giorni oltre a combattere il letale virus, molti osservatori ed editorialisti non allineati si stanno ponendo la domanda se il governo cinese può essere ritenuto responsabile di “negligenza criminale” a proposito del Covid-19. Come al solito ho letto diversi articoli, qui farò riferimento ad alcuni che ritengo tra i più interessanti.
Non ho preso in considerazione quelli che più o meno ipotizzano complotti o teorie fantascientifiche sulla creazione del virus. E forse non sarebbe neanche il caso prendersela con le strane abitudini alimentari cinesi, infine non è opportuno prendere in considerazione neanche l’eventuale distrazione di qualche ricercatore del laboratorio.
Tuttavia credo che ci siano precise responsabilità dei governanti cinesi che non devono essere sottovalutate né tanto meno perdonate.
«Quello che invece mi preme rimarcare è l’irresponsabile menefreghismo dimostrato dalla Cina nei confronti del resto del mondo quando sin da dicembre alcuni ricercatori cinesi, prontamente messi a tacere, avevano lanciato l’allarme sulla concreta possibilità che il COVID-19 potesse dar luogo a una epidemia globale, come poi è avvenuto».(Franco Londei, “COVID-19: l’irresponsabile menefreghismo cinese che non può essere perdonato” 10.3.2020, rightsreporter.org)
L’Occidente ha collezionato troppi errori nei rapporti con la Cina, pensava di fare affari, attribuendo alla Cina i caratteri democratici simili ai nostri. Anche se poi si sapeva che non era così. Si credeva che la guida di Xi Jimping potesse trasformare il regime in democrazia.
«Per almeno due mesi la Cina ha deliberatamente nascosto il COVID-19 lasciando che persone di tutto il mondo entrassero in contatto con le zone e le persone infette. Pechino ha lasciato che cinesi infetti portassero in giro per il mondo il COVID-19 quando invece poteva fermare il tutto sin dall’inizio o quantomeno poteva lanciare l’allarme». In un mondo globalizzato questo è stato un atteggiamento criminale imperdonabile.
«I cinesi sapevano del Coronavirus da diversi mesi, forse addirittura da novembre dello scorso anno, e non hanno detto nulla a nessuno, non hanno avvertito la comunità internazionale di un pericolo immane nato e cresciuto in Cina. E non è pensabile che gli scienziati di Pechino non abbiano valutato con attenzione le eventuali conseguenze di una sua possibile diffusione fuori dai confini cinesi. Non è possibile che non abbiano valutato la possibilità che quel tipo particolare di Coronavirus potesse trasformarsi in una pandemia». (Franco Londei, “Perché la Cina dovrebbe essere accusata di crimini contro l’umanità”, 24.3.2020, rightsreporter.org).
La Cina aderisce all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in base a quanto stabilito dalla Costituzione della stessa OMS, Pechino «ha l’obbligo di cooperare in buona fede per favorire il perseguimento degli scopi e degli obiettivi dell’Organizzazione espressi nella sua costituzione».
Tradotto in soldoni, la Cina aveva l’obbligo di segnalare immediatamente il rischio all’OMS.
Abbiamo raccontato del giovane dottore cinese, Li Wenliang, il primo a scoprire il Covid-19 e a dare l’allarme al suo governo, che invece di occuparsi come rimediare al danno, fa di tutto per nascondere il pericolo e mette a tacere il medico, che poi morirà per aver contratto il virus.
La Cina rese noto il Coronavirus COVID-19 solo il 22 gennaio 2020 anche se oggi i dati ufficiali della OMS sostengono che l’epidemia nella regione di Wuhan nacque “probabilmente” nel dicembre 2019. Non solo, si venne a sapere del COVID-19 solo perché i cinesi furono costretti a mettere sotto quarantena una città di 6,5 milioni di abitanti. Nel frattempo questo virus mortale aveva girato e infettato per molto tempo, troppo tempo vista la facilità e la velocità con la quale oggi ci si muove in giro per il mondo.
In sostanza la Cina ha omesso deliberatamente di avvisare il mondo dell’esistenza e del pericolo che rappresentava il virus COVID-19.
Secondo la giurisprudenza moderna chi deliberatamente compie atti criminali che possono interessare e danneggiare l’intera umanità (o sono percepiti come tali) commette un crimine contro l’Umanità.
Più di un miliardo di persone rinchiuse in casa, decine di migliaia di morti, economie mondiali allo sbando sono decisamente un crimine contro l’Umanità.
Intanto il leader cinese, Xi Jinping, si vanta di aver sconfitto il virus mortale, «usare decine di migliaia di morti per fare una squallida propaganda sulle qualità tecnologiche cinesi quando invece dovrebbe essere portato di fronte a un tribunale internazionale per rendere conto dei sui crimini».
Dello stesso parere è il sociologo Massimo Introvigne, «In base al diritto internazionale, la Cina e/o il Partito Comunista Cinese possono e debbono essere citati in giudizio per i danni enormi causati al mondo intero». (M. Introvigne, Coronavirus, attento PCC che arrivano gli avvocati, 26.3.2020, in Bitter Winter)
Il professore cita uno studio condotto dal ricercatore statunitense del Diritto James Kraska, che ha analizzato la questione.
Secondo Introvigne, «è chiarissimo che la Cina abbia contravvenuto agli obblighi di comunicare quanto accadeva stabiliti dal Regolamento del 2005.(Regolamento sanitario internazionale dell’OMS) La vicenda del dottor Li Wenliang (1986-2020), con la cui famiglia il PCC si è scusato quando l’uomo era già morto a causa della malattia, mostra chiaramente che Pechino non ha voluto che le informazioni a proposito del virus fossero rese pubbliche a livello mondiale e che chi ha osato parlarne è stato minacciato o incarcerato. Il PCC ha tenuto per sé per settimane delle informazioni cruciali, sia in patria sia in ambito internazionale, e vi è il consenso generale che se la Cina le avesse rese note in tempo migliaia di vite sarebbero state salvate».
Ritornando all’azione della Corte internazionale di giustizia che dovrebbe sanzionare la Cina, si fa riferimento a degli articoli al 34 e 39. Il 34, del “Draft Articles” stabilisce che uno Stato che abbia violato intenzionalmente un obbligo internazionale è tenuto a «risarcimento pieno per il danno creato da un’azione illegittima a livello internazionale», in «forma di restituzione, compensazione e soddisfazione». Mentre «l’Articolo 39, in base al quale, «nel determinare il risarcimento, si dovrà tenere conto di quanto abbia contribuito al danno un’azione o un’omissione intenzionale o involontaria da parte dello Stato leso e di qualsiasi persona o istituzione in relazione a cui sia richiesto risarcimento».
Questo significa per Introvigne che «oltre alla Cina in quanto Stato, istituzioni (come il PCC) e persone (come il presidente Xi Jimping e altri) che hanno quanto meno “contribuito” alla violazione dell’obbligo di condividere immediatamente con il resto del mondo le informazioni, attraverso l’OMS, ebbene sono anch’essi responsabili».
Pertanto secondo il sociologo «La Cina può escogitare molti modi per rifiutare la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia, il cui presidente fra l’altro è il cinese Xue Hanqin». Tuttavia secondo Introvigne, «gli Stati hanno trovato vie alternative per punire i colpevoli. A partire dal 2016, i Global Magnitsky Act autorizza gli Stati Uniti d’America a intraprendere azioni contro chi viola i diritti umani. I tribunali di tutto il mondo, inoltre, hanno ammesso cause civili di richiesta danni da parte di funzionari stranieri. La fantasia degli avvocati occidentali è quasi priva di limiti. Debbono esserci molti modi per considerare la Cina, il Partito, Xi Jinping e tutti coloro che abbiano contribuito a insabbiare tutto come responsabili per l’enorme numero di morti, tragedie e danni economici che hanno causato. PCC, attento: gli avvocati stanno arrivando e questa è una buona notizia per il mondo».
Infine l’ultimo intervento dove si chiama in causa la Cina e il PCC per crimini contro l’umanità è un interessantissimo fondo di Giulio Meotti, su Il Foglio.
«’Può il governo cinese essere ritenuto responsabile di ‘negligenza criminale’ a proposito del Covid-19?”, si domanda l’economista Branko Milanovic. E’ la domanda che si fanno tanti editorialisti e osservatori. E’ quello che si sono chiesti anche i ricercatori dell’Università di Southampton». (Giulio Meotti, Se la Cina non avesse mentito, il contagio oggi sarebbe molto ridotto, 24.3.2020, Il Foglio).
«Quale grandezza e intensità avrebbe oggi la pandemia se Pechino avesse agito con trasparenza fin da subito, anziché occultare la verità da dicembre?».
Alla domanda rispondono i ricercatori dell’Ateneo britannico, bastava una risposta di qualche settimana prima, i casi di contagio potevano essere ridotti del 66% o del 95%, se rispondevano prima.
“E’ la censura del Partito comunista cinese per i primi due mesi ad avere creato le condizioni per una pandemia globale”, ha affermato anche Steve Tsang, direttore del Soas China Institute dell’Università di Londra.“Il nostro grande esperimento di portare la Repubblica popolare cinese nella comunità delle nazioni è fallito”, dice al Foglio».
Il presidente del newyorchese Population Research Institute, Steven Mosher, mette in discussione la democraticità della Cina, Con il coronavirus, ogni giorno impariamo di più sul malvagio e incompetente regime che ha scatenato questo orrore nel mondo […] Il mondo – dice Mosher – non è stato avvertito in tempo. Si stima che il 95 per cento delle infezioni in Cina, e quasi il cento per cento in tutto il mondo, avrebbero potuto essere fermate con un intervento tempestivo”.
Mosher è addolorato per gli anziani che hanno perso la vita nel Nord Italia, «Stanno morendo a causa dell’incompetenza e della malvagità del Partito comunista cinese». Mosher è durissimo nei confronti della Cina:
«Siamo chiari: tutti coloro che si ammalano a causa del coronavirus, che muoiono a causa del coronavirus, a cui sono negate le cure mediche, tutti coloro che perdono il lavoro o settimane di vita a causa di una quarantena, ognuno di questi individui è vittima del Partito comunista cinese».
Il presidente della Population Research Institute, punta il dito contro l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).“Hanno aiutato la Cina a nascondere l’epidemia per un paio di settimane. I ricercatori dell’Oms sono stati tenuti fuori dalla Cina fino al 15 febbraio, più di due mesi dopo la scoperta dei primi casi. Ancora oggi, l’Oms non ha accesso a quei numeri che consentirebbero una comprensione completa della diffusione del virus. Senza queste informazioni, combattiamo al buio contro un nemico sconosciuto.
Avremmo dovuto sapere che il periodo di incubazione era di due-tre settimane, per quanto tempo è in grado di sopravvivere sulle superfici e quali farmaci antivirali erano efficaci. Non ci è stato detto nulla”, continua Mosher. “E quello che ci è stato detto si è spesso rivelato falso. Il numero di infetti e morti in Cina è molto più alto di quello ufficiale”.
Si lamenta anche dell’OMS un editoriale di Atlantico, dove rileva che le misure contro il Coronavirus prese da Taiwan, potevano essere utili alla comunità internazionale. «Per ragioni politiche, l’esperienza taiwanese è stata semplicemente ignorata dai vertici dell’OMS, impegnati invece a elogiare pubblicamente le strategie di risposta della Cina comunista». (E. Reale, “Dalla promozione del modello Cina all’esclusione di Taiwan, l’Oms si presta al gioco del regime di Pechino”, 31.3.20220, in Atlanticoquotidiano.it).
La strategia propagandistica del Partito comunista cinese volta a promuovere la sua influenza nel mondo può contare scrive Reale, «su un alleato di prim’ordine, nientemeno che l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata della protezione della salute pubblica nel pianeta. (OMS).L’articolo racconta di dichiarazioni rilasciate da un autorevole esponente come il canadese Bruce Aylward, che ha esplicitamente lodato le misure adottate dalla Cina, invitando gli altri stati a prendere esempio dai “metodi vecchio stampo” del regime. «Più che una valutazione scientifica, una vera e propria adesione ideologica al cosiddetto modello politico cinese che avrebbe trovato un’eco favorevole in Europa nel corso delle settimane successive». E’ interessante conoscere il caso Taiwan. Il governo di Taipei aveva informato l’OMS già a fine dicembre che il virus era trasmissibile tra persone. Ma nessuno prese in considerazione le preoccupazioni del ministero della sanità taiwanese.
DOMENICO BONVEGNA
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