Nel corso di due anni, in Yemen, è quasi raddoppiato il numero di donne incinte e in fase di allattamento che sono dovute ricorrere a cure urgenti contro la malnutrizione acuta, mentre lo scorso anno più di 150.000 mamme e neomamme non hanno potuto ricevere alcun tipo di trattamento a causa dei continui scontri in corso nel Paese, dell’impossibilità di essere raggiunte dai soccorsi nelle aree più critiche e della mancanza di risorse adeguate.
Questa la denuncia di Save the Children – l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro – che sottolinea come nel Paese, già stremato dopo oltre quattro anni di guerra, la malnutrizione rappresenti un ulteriore fattore di rischio per le vite di mamme e bambini, che per essere arrestata necessita la fine immediata della guerra e dei bombardamenti.
Nel 2018, rivelano i nuovi dati diffusi oggi dall’Organizzazione, quasi 410.000 donne in gravidanza e neomamme sono state curate perché affette da malnutrizione acuta, un numero quasi raddoppiato rispetto alle circa 220.000 del 2016.
In particolare, le donne incinte malnutrite corrono rischi maggiori di subire aborti spontanei, di soffrire di anemia e persino di perdere la vita durante il parto. I loro bambini, inoltre, rischiano di nascere prematuramente e, se sopravvivono, possono venire al mondo sottopeso, sviluppando già alla nascita gravi problemi legati alla crescita che possono avere effetti anche a lungo termine sul loro sviluppo, sia fisico che mentale. I bambini nati da madri malnutrite, del resto, sono anche particolarmente vulnerabili all’insorgere di infezioni.
“Quello a cui stiamo assistendo è un’altra delle devastanti conseguenze di questo conflitto brutale. Vediamo regolarmente donne incinte che soffrono la fame e che non consumano altro che un solo pasto al giorno, fatto soltanto di pane e tè. Molte di loro arrivano nelle nostre cliniche che non riescono neanche a camminare, stremate dall’assenza di cibo. La malnutrizione materna è una minaccia mortale sia per la madre che per il bambino e può causare problemi permanenti per i bambini che sopravvivono, compromettendo la loro crescita e il loro sviluppo anche dopo che i combattimenti saranno terminati”, ha raccontato la dottoressa Mariam Aldogani che lavora per Save the Children a Hodeidah.
“Ho abortito tre volte – è la testimonianza di Yusra*, una giovane di 21 anni che vive nel governatorato di Hajjah insieme al marito il quale, da quando il conflitto si è intensificato, non è mai riuscito a trovare un lavoro regolare, per cui sono costretti a sopravvivere con poco più di 1 euro al giorno – Sono stata in più di un ospedale e ovunque mi hanno detto che il mio corpo era troppo debole per avere in grembo un bambino. Dopo aver perso il mio ultimo bimbo, 11 mesi fa, sono andata in un’altra clinica dove mi hanno dato medicine e vitamine, grazie alle quali sento che ora sto migliorando. Spero tanto di poter avere un figlio, un giorno, e che lo Yemen possa finalmente tornare a essere un paese sicuro”.
“Nella nostra clinica riceviamo molti casi di aborti dovuti alla malnutrizione, oltre a casi di nascite premature – è il racconto di Hayat, il medico che ha curato Yusra -. Inizialmente la gravidanza di Yusra procedeva regolarmente, ma poi all’improvviso, a causa della malnutrizione, è sopraggiunto l’aborto. Mi ha chiamato con dolori fortissimi, sono corsa da lei e l’abbiamo portata in ospedale senza che potessimo fare nulla per salvare il bambino”.
Il conflitto in Yemen ha portato il paese sull’orlo della carestia, in seguito alla mancanza di cibo e all’innalzamento dei prezzi, sottolinea Save the Children, che quest’anno ha lanciato la campagna globale “Stop alla guerra sui bambini” per dire basta alle sofferenze patite dai minori nei Paesi in conflitto, nell’ambito della quale è stata diffusa anche una petizione on line contro l’esportazione di armi italiane usate contro i bambini in Yemen, che tutti possono firmare accedendo al sito https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/campagne/stop-alla-guerra-sui-bambini
Violenze e insicurezza, inoltre, hanno ripetutamente impedito che aiuti vitali e forniture alimentari potessero raggiungere le comunità in stato di bisogno e attualmente sono circa 2,5 milioni le donne in gravidanza o le neomamme che hanno urgente bisogno di assistenza in termini di nutrizione.
Nonostante i primi passi verso un processo di pace, compiuti lo scorso dicembre a Stoccolma, in molte aree del Paese gli scontri non accennano ad arrestarsi e solo negli ultimi sei mesi più di 420.000 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie abitazioni.
Per questo l’Organizzazione chiede alla comunità internazionale di continuare a esercitare pressione su tutte le parti in conflitto affinché venga consentito il pieno accesso umanitario. Solo una parte dei fondi promessi, sottolinea ancora Save the Children, ha effettivamente raggiunto lo Yemen e devono pertanto essere messe in campo ulteriori azioni per offrire supporto a chi lavora sul campo per salvare vite umane.
In tutto lo Yemen Save the Children supporta centri per il trattamento contro la malnutrizione che colpisce bambini, donne incinte e neomamme. Dall’inizio dell’escalation del conflitto, più di quattro anni fa, l’Organizzazione ha contribuito a curare più di 58.000 donne in gravidanza e in allattamento e oltre 170.000 bambini sotto i cinque anni di età, per i quali si interviene anche mediante apposite distribuzioni di cibo e sostanze nutritive.
Per sostenere gli interventi di Save the Children in Yemen: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/risposta-alle-emergenze/emergenza-yemen