Oggi, 11 febbraio. Che succede, oltre a terminare l’obbligo delle mascherine per strada, ad essere la giornata mondiale del malato, e, ascoltando i vari oroscopi, sapere cosa dovrebbe succedere ai nati in questo giorno grazie alle influenze astrali captate da qualche personaggio col sorriso e il mistero nel volto?
E’ anche e soprattutto una festa cosiddetta civile (come per la “festa dei morti” il 2 novembre e quella delle Forze Armate il 4 novembre), di quelle che vengono ricordate solo in alcune cerimonie ufficiali, con le scuole che rimangono aperte e… con nessuno che ci fa caso:
L’11 febbraio è l’anniversario dei Patti Lateranensi, sottoscritti nel 1929 da Benito Mussolini, per lo Stato Italiano, e dal cardinal Pietro Gasparri per il Vaticano. Poi, “in nome della Santissima Trinita’”, il 27 maggio 1929 fu siglato il Concordato. Caduto il regime fascista, i Patti Lateranensi furono inseriti, all’articolo 7, nella Costituzione Repubblicana che entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Il Concordato è stato poi rivisto il 18 febbraio 1984 dall’allora presidente del Consiglio dei Ministri, Bettino Craxi, in rappresentanza dello Stato Italiano, e dal cardinale Agostino Casaroli, in rappresentanza della Santa Sede.
E’ occasione per ricordare il pesante fardello che ci portiamo dietro e cosa questo comporti nella nostra società civile, economica e culturale.
L’art. 7 della Costituzione è lì immobile ed eterno, come parte di quella che alcuni chiamano “la più bella Costituzione del mondo”. Così come il conseguente Concordato. La compenetrazione tra Stato italiano e Stato del Vaticano è nella quotidianità e nessuno ci fa mai caso, come, per esempio, l’abitudine che a qualunque inaugurazione ufficiale (di una strada o di un giardino, tra le altre) c’è sempre una toga della Chiesa vaticana. E, nonostante la religione cattolica non sia più quella ufficiale del nostro Stato, a scuola c’è sempre un’ora di questa religione, dove gli insegnanti sono pagati dallo Stato e, per chi chiede l’esenzione, se ne sta a far nulla con qualche bidello che controlla in attesa della prossima ora di lezione. Il fatto che non esista una materia di religioni, ma solo per quella cattolica, in aule dove c’è sempre il crocifisso al muro, vuol dire più di qualcosa, a partire dall’imbarazzo di una scuola di un Paese democratico e libero che non dà dignità didattica ai pensieri religiosi, ma solo al pensiero unico vaticano.
Imbarazzo scolastico che non trova riscontro in quello economico. Oltre alle varie esenzioni fiscali su proprietà ed attività, c’è il contributo dell’8 per mille alle confessioni religiose, pensato e attuato per favorire la chiesa vaticana: se si decide di non indicarlo in denuncia dei redditi per una delle confessioni religiose convenzionate con lo Stato, il contributo viene comunque distratto dal nostro versamento fiscale, spalmato rispetto a quanto deciso da coloro che l’hanno indicato, e la parte del leone (oltre il 90%) la fa ovviamente la Chiesa Cattolica. Schizofrenia di uno Stato che stabilisce e promuove la libertà di religione (art.19 della Costituzione), ma che ti obbliga comunque a contribuire favorendo le confessioni religiose più grosse.
Ci dicono ogni giorno e ovunque che la religione è amore. E’ sicuramente così per chi ci crede. Ma se non è il credo del Vaticano, è un amore di serie B: si pensi alle estreme difficoltà e ostracismi che la seconda religione quantitativamente presente sul nostro territorio, l’Islam, ha per reperire luoghi in cui praticare il proprio culto. Si pensi ad un’altra religione, l’ebraismo, che pur se ben accettata istituzionalmente, ha difficoltà gigantesche di accettazione sociale. E per entrambi questi culti abbiamo fior fiore di organizzazioni che auspicano la loro distruzione. L’umano, si dice, è così in tutto il mondo. E’ vero. Come è vero, però, che i privilegi economici (art. 7 Costituzione e Concordato) danno il loro pesante contributo a questa situazione: radicano e consolidano il convincimento di superiorità di una religione rispetto ad un’altra.
E’ questo uno Stato e una società moderna e libera?
François-Marie Arouet – Aduc