Nella politica buddace, l’analisi si lascia sempre scavalcare dalla realtà. Assai più utile della lettura dei voti – per capirne le cause – sarebbe infatti un nuovo marchingegno, il lacrimometro, strumento capace di misurare il grado di umidità delle palpebre di quasi tutti i protagonisti delle amministrative.
Attenzione non piangono perché Dino Bramanti ha perso: ma per se stessi. C’è chi dovrà andare a lavoro e non potrà usare la politicacome scusa; c’è chi dovrà cercare un nuovo padrino a cui chiedere favori; c’è chi dovrà cercare un lavoro perché la politica a cui lui faceva il servo, non lo potrà garantire.
Si piange insomma per vari motivi non per aver fatto innamorare del voto solo il 39,23% dei messinesi. Cosa abbiamo compreso dal ballottaggio Bramanti – De Luca?
Che se non si cambia registro, comunicazione e politica dovremo abituarci ad affrontare campagne elettorali con dodici elettori, non duecentomila come in una città in cui vige il rispetto e la democrazia: smettiamola con i comizi e i video che alla fine dei conti si dimostrano realtà virtuali.
In queste settimane abbiamo dovuto ascoltare le cazzate più incredibili e le testimonianze più inverosimili, salvo poi oggi scoprire che l’unica cosa reale sono le lacrime dei “trombati”, un’inondazione. Una volta frignavano solo i portatori di voti delle piccole “squadre”, quelli del 3% o dello 0,8, utili solo per fare da stampella in Consiglio alla Giunta, nel momento del bisogno.
Adesso non li ascolta nessuno, e quelli che gli fregano la “pagnotta” sotto il naso, cioé i signori dei grandi salotti, si lamentano più di loro. Certo che lamentarsi paga, è una lezione che comincia fuori da Palazzo Zanca e si propaga sino su Facebook: andate a leggere i vari pensierini che invadono il web e capirete quanto il male sia diffuso. Ex assessori che sbraitano, fedelissimi che insultano, trombati che minacciano ritorsioni. Meglio imparare presto.