Non ce l’ho con lo Street food, anzi mi piacciono tutte quelle pietanze, i profumi, gli aromi e i colori della festa di piazza. Non ce l’ho con Alberto Palella, anima e cuore della Confesercenti Messina – al quale è persino superfluo fare gli auguri: tanto bene lo conosciamo, tanto bene gli vogliamo. Tanto meno ce l’ho con il Messina Street Food Fest, che si è rivelato un vero successo anche durante l’apertura a pranzo, sia nel food village, che nella tendostruttura che ospita gli show cooking del Messina Street Fish. Tra le casette (?), a gustare le specialità proposte, anche il Vescovo Ausiliare di Messina Mons. Cesare Di Pietro. Come si fa a rimproverare la spensieratezza e lo spirito da vacanza della bella Messina?
Ce l’ho con l’eccesso di clamore e di stupore che una nostra riflessione sulla sicurezza alimentare ha suscitato al punto che gli organizzatori della manifestazione hanno speso quattro righe – sottolineo quattro righe – di comunicato per chiarire che …“il pubblico ha potuto partecipare all’evento in assoluta sicurezza sotto tutti gli aspetti. In primis la sicurezza alimentare. Proprio ieri un controllo da parte dell’Asp – Servizio Veterinario su tutte le 40 casette food, ha confermato l’assoluta regolarità della manifestazione sotto il profilo igienico sanitario”.
Non avevo alcun dubbio sul controllo e sull’esito dello stesso: l’avevo messo in preventivo e prima di scrivere la riflessione avevo persino predetto a qualche amico, più di uno, che una volta pubblicato l’articolo ci sarebbe stata la visita di cortesia dell’Asp. Come sono belli, come sono bravi. Hai visto, sembrano veri?
Non ce l’ho con l’Asp, ma con lo stile di questa città che preferisce non sapere: negare – negare – negare, sempre e comunque, sembra essere il motto dei buoni e solerti professionisti che amano le cose semplici. Con quel loro stile sciatto e riduttivo, ammiccante e rassicurante. Irto di tanti, di troppi puntini sospensivi. Imbarazzati, imbarazzanti. Più che sospensivi, allusivi. Volevano dire: ci intendiamo, vero? Sappiamo quel che diciamo, fra noi. Ci siamo capiti. Uno stile continuamente sdrammatizzante che rivelava – come sempre, com’è fatale – anche una linea politica. Sia pure quella “politica da salotto” che sta dietro ogni decisione istituzionale. Avete notato come parlano, anzi no: come interagiscono con gli altri personaggi? Avete presente come raccontano le cadute e le ascese di questo o quel politico? Cambiano i cognomi ma il succo è sempre lo stesso: con questo sindaco, onorevole, senatore, imprenditore finisce un’epoca… sì finisce una farsa e ne comincia un’altra. Questa è la nuova Messina (virtuale) che avanza. Calma, per favore. Vediamo un po’.
Riepilogando per coloro che hanno difficoltà a comprendere la lingua italiana: non ce l’ho con lo Street food, non ce l’ho con Alberto Palella, non ce l’ho il Messina Street Food Fest. Ce l’ho con quell’euforia che avanza sol perché hanno incassato dei gettoni, eccetera eccetera, che diventa fastidiosa quando si fa eccessiva. E pretestuosa. Accade un po’ troppo spesso, in questa città. Dev’essere una cosa vecchia. Una coda di quella “mania del nuovo” di cui si sente tanto parlare all’inizio di ogni campagna elettorale, di ogni arrivo istituzionale, di ogni nuova ascesa nelle stanze del potere. Calmatevi creduloni: a Messina tutto si arrangia, non si aggiusta. E arrangia oggi, arrangia domani, vedete un po’ dove siamo arrivati.
E così per tirare a campare si finge di trovare, di credere alle favole, persino alla verginità di uomini e donne. Si finge di vivere in un paradiso solo perché abbiamo il mare, la pizza, gli show cooking e la mezza con panna. E noi tutti a comprare. Per questo non ci piace tutta questa gioia, questa euforia mentre il commercio cittadino è alla canna del gas tra bollette energetiche, tari, fisco e controlli sulla sicurezza alimentare. Su questo riflettiamo, di questo ci lamentiamo.